Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5055 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. I, 24/02/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 24/02/2021), n.5055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26434/2016 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in Roma, Viale del

Vignola n. 73, presso lo studio dell’avvocato Sassani Bruno Nicola,

rappresentato e difeso dagli avvocati Cecchella Claudio, Narracci

Vito, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.I.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Trionfale n. 5697, presso lo studio dell’avvocato Ioppoli Francesco,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ioppoli Carlo,

giusta procura a margine del controricorso;

-controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il

31/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 9 dicembre 2014 il Tribunale di Bari, pronunciando sul ricorso proposto L. n. 898 del 1970, ex art. 9 da V.I.M. nei confronti di C.G., rigettava le domande formulate dall’ex moglie, aventi ad oggetto l’attribuzione dell’assegno divorzile, l’aumento del contributo paterno per il mantenimento dei figli minori e il pagamento delle spese condominiali relative alla casa familiare, e rigettava le domande riconvenzionali proposte dall’ex marito, aventi ad oggetto la riduzione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli e la revoca dell’assegnazione della casa coniugale all’ex moglie.

2. Con decreto n. 832/2016 depositato l’8-7-2016 la Corte d’appello di Bari ha parzialmente accolto il reclamo principale proposto da V.I.M. avverso il citato decreto del Tribunale di Bari, disponendo, per l’effetto, in favore della reclamante e a carico dell’ex marito la corresponsione dell’assegno divorzile dell’importo mensile di Euro 600, oltre rivalutazione annuale Istat con decorrenza dalla data della domanda, nonchè l’onere di contribuzione alle spese straordinarie per i figli nella misura del 70%, da corrispondersi alla reclamante. La Corte d’appello, per quanto ancora di interesse, dopo aver esaminato in dettaglio le situazioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi, ha ritenuto, all’esito della comparazione, che: (i) fosse risultato uno squilibrio che non sussisteva all’epoca della separazione e del divorzio, per essere sopravvenuto un considerevole decremento del reddito dell’ex moglie, a causa della sensibile riduzione, negli anni successivi al (OMISSIS), degli introiti derivanti dalla sua attività professionale di avvocato, riduzione ritenuta effettiva, e non artatamente rappresentata; (ii) la complessiva capacità reddituale ed economico-patrimoniale del C. fosse oggettivamente più elevata e, in ragione dell’accertato sopravvenuto squilibrio, fosse attribuibile all’ex moglie l’assegno divorzile nell’importo di Euro 600, ritenuto congruo in quanto il pregresso tenore di vita conseguiva in buona parte alla superiore capacità reddituale, in allora, della reclamante, essendo, peraltro, la conservazione del precedente tenore di vita da parte del beneficiario dell’assegno un obiettivo solo tendenziale.

3. Avverso questo decreto propone ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. C.G., affidato a otto motivi, nei confronti di V.I.M., che resiste con controricorso.

4. All’esito dell’accoglimento dell’istanza di prelievo di data 15.6.2020 presentata dal ricorrente, il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia: (i) con i motivi primo e secondo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), in particolare per avere la Corte d’appello omesso la pronuncia in ordine alla domanda della V. di esonero dal pagamento delle spese condominiali, nonchè per avere i giudici d’appello omesso di pronunciare sull’eccezione di inammissibilità per difetto di specificità dei motivi di reclamo aventi ad oggetto le domande della V. di esonero dal pagamento delle spese condominiali per la casa familiare e dal pagamento delle spese straordinarie; (ii) con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9 e la violazione del principio di “auto-responsabilità” degli ex coniugi, per avere la Corte di merito riconosciuto all’ex moglie il diritto all’assegno divorzile, che, invece, spetta in relazione al contributo personale ed economico dato alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascun coniuge e di quello comune, anche in rapporto alla durata del matrimonio, essendo detto assegno destinato ad evitare al coniuge beneficiario un deterioramento del tenore di vita causato dallo scioglimento del vincolo matrimoniale, nella specie intervenuto più di venti anni prima, e ciò in base a quanto disposto dall’art. 12 CEDU e dall’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., nonchè in base alla giurisprudenza di questa Corte, che richiama, considerato che all’epoca del divorzio ((OMISSIS)) l’ex moglie aveva (OMISSIS) anni e la stessa, negli anni successivi al divorzio, aveva guadagnato con costanza e stabilità importi notevolmente superiori a quelli dell’ex marito; (iii) con il quarto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 2909 c.c. per avere la Corte territoriale valutato il miglioramento delle condizioni reddituali e patrimoniali dell’ex marito in contrasto con il giudicato formatosi per effetto del decreto del 21.04.2009 della medesima Corte di appello, con il quale era stato accertato che non vi era stato alcun miglioramento delle capacità reddituali del ricorrente per effetto della successione ereditaria apertasi nel (OMISSIS) a seguito del decesso di suo padre; (iv) con il quinto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6, per avere la Corte territoriale riconosciuto il diritto dell’ex moglie all’assegno divorzile, pur dando atto che il reddito del ricorrente era rimasto invariato e che il suo patrimonio immobiliare era improduttivo di redditi, omettendo di considerare che l’ex moglie occupa da sempre un prestigioso appartamento, già residenza familiare, di proprietà del ricorrente, assegnatole quale affidataria dei figli minori; (v) con il sesto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa valutazione, al momento della determinazione del quantum dell’assegno, delle sopravvenute esigenze economiche dell’obbligato, conseguenti alla costituzione di un nuovo nucleo familiare, comportante una variazione degli assetti economici di cui era necessario tenere conto, come da giurisprudenza di questa Corte che richiama; (vi) con il settimo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte territoriale omesso di valutare un fatto decisivo, nell’esame concernente la disponibilità da parte dell’ex moglie di mezzi adeguati, ossia che la drastica riduzione del volume degli affari e dei redditi della stessa era imputabile alla negligenza della beneficiaria; (vii) con l’ottavo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per avere la Corte territoriale omesso la motivazione su un fatto decisivo, ossia sull’imputabilità a negligenza della V. della riduzione dei suoi livelli di reddito rispetto a quelli conseguiti nei periodi pregressi, atteso che non è possibile trarre la ratio decidendi, sul punto, in base alle frasi apodittiche e generiche della motivazione del decreto impugnato, riferite alla notoria crisi del settore previdenziale ed a quella che ha interessato in generale l’avvocatura.

2. In via pregiudiziale devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate, sotto molteplici profili, dalla controricorrente. In particolare, non è invocabile, nella specie, il disposto dell’art. 360 bis c.p.c., dato che, come di seguito più approfonditamente si dirà, l’orientamento richiamato dalla Corte di merito in ordine ai criteri determinativi dell’assegno divorzile è difforme da quello più recente di questa Corte e dall’innovativo indirizzo di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018. Neppure è ravvisabile la denunciata assenza di critica vincolata in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il ricorrente, nella rubrica e nell’illustrazione di ciascun motivo, ha indicato la categoria del vizio denunciato, le norme che si assumono violate e le ragioni di censura correlate al percorso argomentativo di cui al decreto impugnato. Quanto alle doglianze concernenti il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (motivi sei e sette), il paradigma legale risulta rispettato, considerato che, nell’illustrazione, è denunciato l’omesso esame di fatti che il ricorrente assume essere decisivi (sesto motivo: omesso esame degli oneri di contribuzione che il ricorrente sostiene per la sua nuova famiglia; settimo motivo: mancato esame della dedotta negligenza dell’avvocato V.). Neppure ricorre il profilo di inammissibilità del primo motivo eccepito dalla controricorrente, ossia il difetto di interesse ad impugnare del C. per essere la statuizione oggetto di censura allo stesso favorevole, considerato che nel ricorso è, invece e per l’appunto, dedotta l’incertezza o ambiguità del corrispondente decisum perchè non menzionato nel dispositivo del decreto impugnato.

3. Passando all’esame dei motivi, il primo ed il secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati. 3.1. Con riguardo alle domande della V. di esonero dal pagamento delle spese condominiali per la casa familiare e dal pagamento delle spese straordinarie, non ricorre il denunziato vizio di omessa pronuncia sul difetto di specificità dei corrispondenti motivi di reclamo (secondo motivo di ricorso) e sul rigetto per infondatezza della prima pretesa (esonero spese condominiali – primo motivo di ricorso).

Con riguardo alla prima censura, il rigetto dell’eccezione di inammissibilità è da ritenersi implicito, avendo la Corte d’appello valutato nel merito i motivi di reclamo (cfr. Cass. n. 15255/2019 e Cass. n. 5351/2007). Quanto alla seconda, il rigetto per infondatezza della pretesa della V. di cui trattasi è stato espressamente statuito dalla Corte di merito nella motivazione del decreto impugnato (pag.11) e nel dispositivo è enunciato l’accoglimento del reclamo della V. solo per quanto di ragione, sicchè, dovendosi interpretare congiuntamente motivazione e dispositivo, sono chiaramente da intendersi rigettate le pretese non menzionate nel dispositivo di parziale accoglimento, che si riferisce solo all’assegno divorzile ed all’onere di contribuzione alle spese straordinarie per i figli.

4. E’ infondato anche il quarto motivo, da esaminare prioritariamente perchè avente ad oggetto il vizio processuale di nullità del provvedimento impugnato per violazione del giudicato.

4.1. Il ricorrente denuncia il contrasto con il giudicato formatosi per effetto del decreto del 21.04.2009 della Corte di appello di Bari, con il quale era stata accertata l’assenza di miglioramento delle capacità reddituali del ricorrente a seguito della successione ereditaria apertasi nel (OMISSIS) a seguito del decesso del padre e dell’alienazione di beni immobili per pagare le imposte di successione, avvenuta nel (OMISSIS).

4.2 Occorre premettere che con il decreto oggetto della presente impugnazione la Corte di merito ha preso in considerazione il reddito del C. a partire dall’anno (OMISSIS) (cfr. pag.n. 8 del decreto impugnato) e ha proceduto alla comparazione attualizzata delle complessive situazioni economico-patrimoniali degli ex coniugi. In quest’ottica, nel rivalutare il patrimonio, anche immobiliare, del ricorrente, la Corte di merito ha esaminato tutti i cespiti e proventi delle parti in essere al momento della decisione, indipendentemente dall’epoca di acquisto, anche per successione ereditaria, degli stessi.

4.3. Ciò posto, è priva di fondamento la doglianza inerente alla violazione dell’art. 2909 c.c., da ritenersi ammissibile, contrariamente a quanto eccepito dalla V., per avere il ricorrente sufficientemente illustrato il decisum (cfr. anche pag.n. 3 ricorso) e le ragioni di censura, nonchè prodotto in allegato al ricorso, sub doc. 4/4, il decreto del 21-4-2009 della Corte d’appello di Bari.

Per costante indirizzo di questa Corte, il giudicato di cui al citato decreto, neppure riguardante l’assegno divorzile, in allora non richiesto dalla V., è rebus sic stantibus (cfr. tra le tante Cass.n. 17618/2013), stante la finalità tipica del giudizio di revisione L. n. 898 del 1970, ex art. 9 che è proprio quella di incidere direttamente ed immediatamente sulle precedenti statuizioni inter partes di ordine economico e di determinarne la modifica, ove sussistano “giustificati motivi” sopravvenuti.

L’accertamento fattuale effettuato dai giudici di merito con il decreto oggetto della presente impugnazione ha riguardato l’incidenza di circostanze nuove e sopravvenute sulla comparazione attualizzata dei patrimoni degli ex coniugi. Dunque, in tale circoscritto e specifico contesto, caratterizzato da diversità fattuale, oggettiva e funzionale, rispetto a quello precedente esaminato dalla stessa Corte territoriale nel 2009, peraltro, come si è detto, per decidere solo in ordine all’ammontare del contributo di mantenimento per i figli (cfr. pag.n. 3 ricorso), è stata effettuata la delibazione di cespiti e proventi rientranti nella sfera economico-patrimoniale di ciascun ex coniuge all’epoca della decisione di merito ora impugnata, sicchè non è ravvisabile la preclusione da giudicato nei termini denunciati.

5. Il terzo motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.

5.1. Occorre premettere, in fatto, che le parti hanno contratto nozze nel (OMISSIS), che la separazione coniugale è intervenuta nel (OMISSIS) (cfr. pag.16 ricorso), che nè in sede di separazione personale, nè in sede in divorzio, pronunciato nel (OMISSIS), è stata avanzata dalla V. istanza di assegno, domanda che è stata proposta, per la prima volta, nel corso del (OMISSIS) con l’istaurazione del presente procedimento L. n. 898 del 1970, ex art. 9.

5.2. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità (Cfr. Cass.n. 108/2014; Cass.n. 25327/2017), l’assegno divorzile non richiesto in sede di divorzio può essere richiesto successivamente, con il procedimento ex art. 9 cit.. Qualora, come nella specie, venga delibato per la prima volta il diritto dell’ex coniuge alla spettanza dell’assegno divorzile, l’indagine dovrà essere orientata valutando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del suddetto assegno e facendo applicazione degli innovativi principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 18287/2018), pur con gli adattamenti che si andranno ad illustrare e che si rendono necessari in relazione ad alcune peculiarità tipiche del giudizio di revisione.

La giurisprudenza più recente di questa Corte ha stabilito che il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento del prerequisito dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. In particolare, si impone una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente l’assegno divorzile alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. Sez. U., n. 18287/2018; tra le tante successive conformi Cass.n. 1882/2019).

5.3. Alla stregua di tale innovativo indirizzo, che, come si è detto, deve orientare l’indagine anche nel caso in esame, in cui viene delibato per la prima volta il diritto della V. alla spettanza dell’assegno divorzile, l’accertamento non può più essere compiuto con riguardo al tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio o a quello che, sulle basi poste durante il rapporto di coniugio, si sarebbe avuto ove il matrimonio fosse proseguito, bensì facendo applicazione dei principi e criteri suesposti, ma con le precisazioni che seguono.

5.4. Si è detto che, in sede di giudizio divorzile, la sproporzione economica di non modesta entità si configura come prerequisito fattuale e non è più il fattore primario per l’attribuzione dell’assegno divorzile (cfr. Cass.n. 32398/2019). La rilevanza dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente va accertata considerando che l’assegno è finalizzato a garantire un livello reddituale parametrato alle pregresse dinamiche familiari ed è perciò necessariamente collegato, secondo la composita declinazione delle sue tre componenti – assistenziale, perequativa e compensativa -, alla pregressa storia coniugale e familiare, senza che sia consentito travalicare nell’indebita locupletazione ai danni dell’altro coniuge.

L’accertamento del prerequisito fattuale nei termini precisati si configura con connotazioni peculiari nel giudizio di revisione, ove la disparità economica sia allegata quale fatto sopravvenuto, come nella specie, ossia non sussistente all’epoca dello scioglimento del vincolo matrimoniale. In tal caso, l’accertamento del nesso causale tra la sproporzione reddituale di non modesta entità e le dinamiche familiari di rilevanza presenta profili di particolare delicatezza.

La sopravvenienza del suddetto fatto nuovo a distanza di tempo dalla definitiva cessazione del rapporto matrimoniale potrà, infatti, rendere non agevole l’individuazione della componente perequativa-compensativa, ossia della correlazione tra l’inadeguatezza sopravvenuta dei mezzi del richiedente e il ruolo endofamiliare da egli svolto e i sacrifici professionali conseguitine, e ciò a seconda delle circostanze del caso concreto, in relazione, ad esempio, alle ragioni della nuova situazione economica dell’ex coniuge istante ed alla sua specifica professionalità, nonchè alla durata del lasso di tempo trascorso dalla cessazione dell’effettiva convivenza matrimoniale e dal divorzio, avuto anche riguardo all’assetto patrimoniale in allora stabilito tra le parti.

Questa Corte ha già affermato, in tema di riconoscimento dell’assegno divorzile contestuale alla pronuncia di risoluzione del vincolo matrimoniale, che può attribuirsi alla funzione assistenziale una rilevanza prevalente, a determinate condizioni (cfr. Cass. n. 18681/2020; Cass. n. 24934/2019; Cass. n. 10084/2019), in base al principio solidaristico di derivazione costituzionale che fonda il diritto all’assegno di divorzio anche secondo il nuovo orientamento interpretativo, così valorizzando la funzione sociale che l’assegno divorzile assolve, nei casi in cui esso sia destinato a supplire alle carenze di strumenti diversi che garantiscano all’ex coniuge debole un’esistenza dignitosa, nell’ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente (così Cass. n. 21926/2019 e Cass. n. 18681/2020).

I medesimi principi non pare al Collegio che possano essere disattesi in sede di giudizio di revisione, non essendo eludibile la fonte da cui promana la finalità solidaristica di cui si è detto.

Ne consegue che, ove non sia possibile accertare o non ricorra la componente perequativa-compensativa del sopravvenuto “depauperamento” dell’ex coniuge istante, si impone il rigoroso accertamento, da demandare necessariamente ai giudici di merito, dei presupposti fondanti, con carattere di prevalenza, la finalità assistenziale, dovendo, tuttavia, nella suddetta ultima ipotesi, parametrarsi la disparità economica ad un’effettiva e concreta non autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente, non più in grado di provvedere al proprio mantenimento, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto da valutare con indici significativi, in modo da poter, altresì, escludere che sia stato irreversibilmente reciso ogni collegamento con la pregressa storia coniugale e familiare. In particolare, la funzione assistenziale tornerà in gioco o potrà tornarvi, anche con connotazione di prevalenza, tutte le volte in cui il giudice di merito accerti che il sopravvenuto, e incolpevole, peggioramento della condizione economica di vita di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l’assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l’ex coniuge, meglio dotato nel patrimonio e capace di fornire una qualche forma di erogazione, abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi, pur se non incidenti, quando il vincolo matrimoniale si è estinto, sull’equilibrio economico tra i coniugi, da parte di quello successivamente impoveritosi e bisognoso di un sostegno alimentare, in senso ampio. Inoltre, poichè la finalità assistenziale assume rilievo preponderante rispetto a quella perequativo-compensativa, che, nelle ipotesi in disamina, avrà valenza residuale, stante l’assetto economico-patrimoniale di equilibrio, concordato o stabilito, in essere tra i coniugi all’epoca della risoluzione del vincolo matrimoniale, la quantificazione dell’assegno divorzile dovrà tendenzialmente effettuarsi sulla base dei criteri di cui all’art. 438 c.c., salvi gli opportuni adattamenti a seconda della maggiore o minore importanza degli apporti ricevuti o goduti dall’ex coniuge onerando.

5.5. Dunque, nel caso di specie, i giudici di merito dovranno ponderare ogni elemento utile ai fini della suddetta indagine, e così accertare se vi sia nesso causale tra la situazione economica in cui attualmente assume di versare la V. e le pregresse dinamiche familiari di rilevanza. Qualora non sia riscontrato o riscontrabile il collegamento tra la sopravvenuta, e incolpevole, inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e il suo pregresso ruolo endofamiliare, l’assegno divorzile, da quantificarsi, ove risulti dovuto, tendenzialmente sulla base dei criteri di cui all’art. 438 c.c. nei termini precisati, potrà essere riconosciuto nella ricorrenza delle seguenti e concorrenti condizioni: a) sussista un’effettiva e concreta non autosufficienza economica dell’istante, che non sia più in grado di provvedere al proprio mantenimento (fatto nuovo avente valore giuridico ai fini dell’accertamento della “crisi” del giudicato – o accordi equiparati – rebus sic stantibus); b) alla nuova situazione del richiedente non possano fornire ausilio strumenti alternativi di tutela, per l’assenza di soggetti a ciò legalmente tenuti o per la mancanza di forme di sostegno pubblico; c) l’ex coniuge onerando sia, all’attualità, in grado di sostenere economicamente l’esborso di cui trattasi ed abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi da parte dell’ex coniuge richiedente.

Ricorre, pertanto, nei termini di cui si è detto, il vizio denunciato.

5.6. Resta da aggiungere che, come di recente pure chiarito da questa Corte (Cass. n. 11178/2019), la cassazione della pronuncia impugnata con rinvio per un vizio di violazione o falsa applicazione di legge che reimposti in virtù di un nuovo orientamento interpretativo i termini giuridici della controversia così da richiedere l’accertamento di fatti, intesi in senso storico e normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice del merito, impone, perchè si possa dispiegare effettivamente il diritto di difesa, che le parti siano rimesse nei poteri di allegazione e prova conseguenti alle esigenze istruttorie conseguenti al nuovo principio di diritto da applicare in sede di giudizio di rinvio.

5.7. In conclusione, il terzo motivo merita accoglimento nel senso precisato, il decreto impugnato va cassato nei limiti del motivo accolto e la causa va rimessa alla Corte di merito che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “L’assegno divorzile, ove richiesto per la prima volta nel giudizio di revisione ai sensi della L. 1 dicembre 1979, n. 898, art. 9 va attribuito e quantificato facendo applicazione degli elementi di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, prima parte, e non del parametro del tenore di vita godibile durante il matrimonio, da valutare secondo il composito criterio assistenziale, compensativo e perequativo, con eventuale prevalenza, a date condizioni, di una delle tre componenti rispetto alle altre. In particolare, la funzione assistenziale potrà assumere nuova e rilevante preponderanza tutte le volte in cui il giudice di merito accerti che il sopravvenuto, e incolpevole, peggioramento della condizione economica di vita di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l’assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l’ex coniuge, meglio dotato nel patrimonio e capace di fornire una qualche forma di erogazione, abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi da parte di quello successivamente impoveritosi e bisognoso di un sostegno alimentare, in senso ampio”.

6. Dall’accoglimento del terzo motivo consegue l’assorbimento dei motivi quinto, sesto, settimo e ottavo.

7. Alla stregua delle considerazioni che precedono, merita accoglimento, nei limiti precisati, il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo, il secondo e il quarto e dichiarati assorbiti gli altri, con la cassazione del decreto impugnato nei limiti del motivo accolto e rinvio della causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

PQM

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo, il secondo e il quarto e dichiarati assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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