Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5053 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 25/02/2020), n.5053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22866-2014 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,

presso lo studio dell’Avvocato GERARDO VESCI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli Avvocati MARCO BURATTI, PAOLO PUGLIESE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 114/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 24/03/2014 R.G.N. 30/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Genova, con la pronuncia n. 636 del 2013, ha accolto, limitatamente alla prescrizione maturata per gli anni 2006 e 1007, l’opposizione a due avvisi di addebito (n. (OMISSIS) per Euro 13.906,39 – relativo a ratei contributivi tra il gennaio 2006 ed il giugno 2011 – e n. (OMISSIS) per Euro 876,42, inerente la contribuzione del periodo gennaio-marzo 2012), notificati a P.L., per il recupero di contribuzione riguardante la Gestione Commercianti e con riferimento alla posizione del suddetto P. di amministratore presso la Ammi sas; nel resto il Tribunale ha ritenuto, invece, infondata l’azione di accertamento negativo dispiegata.

2. La Corte di appello, sull’impugnazione proposta dall’originario opponente, con la sentenza n. 114 del 2014, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, ha dichiarato integralmente non dovute le somme di cui agli avvisi di addebito impugnati precisando, in punto di fatto, la incontestabilità della circostanza relativa al fatto che la società da anni era rimasta attiva per la sola gestione di due partecipazioni in atre società (Coffee Corner sas e Cilea srl) e, in punto di diritto, rilevando che l’iscrizione alla Gestione Commercianti presuppone il concreto svolgimento di attività commerciale nel senso di inerire la attività alla circolazione di beni o alla prestazione di servizi mentre, nel caso in esame, la gestione di partecipazione espletata dalla società costituiva attività di mera amministrazione finanziaria del proprio patrimonio (da parte della Ammi sas) in relazione alla quale l’INPS non aveva dato prova contraria.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l’INPS affidato ad un motivo cui ha resistito P.L. con controricorso illustrato con memoria.

4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo l’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1; della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1 così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203 e ss, della stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2313,2318 e 2697 c.c., in relazione all’art. art. 360 c.p.c., n. 3. L’INPS contesta quanto affermato dalla Corte di merito in ordine al fatto che l’attività del P. fosse esclusa da quelle per le quali era prevista l’iscrizione alla Gestione Commercianti, da momento che gestiva unicamente la partecipazione in altre società. Sostiene, da un lato, che non erano state allegate e provate circostanze idonee a superare la presunzione normativa che la società, non costituita in forma semplice, esercitasse attività imprenditoriale; dall’altro, rileva che l’oggetto sociale della società consisteva nella compravendita di immobili e ciò avvalorava la necessità dell’iscrizione del controricorrente nella Gestione Commercianti sottolineando, altresì, che non era stata fornita alcuna prova che il contratto societario fosse diverso da quanto in realtà voluto dai soci.

2. Il ricorso non è fondato.

3. L’orientamento di legittimità, che oramai può considerarsi consolidato, è nel senso di ritenere che “in tema di iscrizione alla gestione commercianti, i requisiti congiunti di abitualità e prevalenza dell’attività, di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203 sono da riferire all’attività lavorativa espletata dal soggetto in seno all’impresa al netto dell’attività eventualmente esercitata in quanto amministratore, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali), valorizzandosi, in tal modo, l’elemento del lavoro personale in coerenza con la ratio della disposizione normativa (per tutte Cass. n. 19273 del 2018)”.

4. Inoltre, è stato precisato che l’onere della prova grava sull’ente che esige i contributi (Cass. n. 3835 del 2016; Cass. n. 5210 del 2017) ed esso può dirsi assolto attraverso la prova di un effettivo svolgimento di una attività di lavoro prevalente ed abituale all’interno della società, rispetto alla quale la dichiarazione del contribuente nella compilazione del modello unico può svolgere una funzione probatoria a condizione che la stessa offra gli elementi di fatto da cui sia desumibile la sussistenza effettiva dell’attività lavorativa, riguardando altrimenti la citata annotazione soltanto le pretese impositive che si fondino sui dati allegati dall’obbligato (Cass. n. 8611 del 2019; Cass. n. 19467 del 2018).

5. Quanto, poi, ai requisiti congiunti di abitualità e di prevalenza dell’attività di socio di società, essi sono da riferire all’attività lavorativa espletata dal soggetto considerato in seno all’impresa che costituisce l’oggetto della società, a prescindere dall’attività eventualmente esercitata in quanto amministratore, per la quale semmai ricorre l’obbligo dell’iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, in modo che sia assicurato alla gestione commercianti il socio di società che si dedica abitualmente e prevalentemente al lavoro in azienda, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiale e personali) dell’impresa (cfr. Cass. 17.7.2017 n. 17639).

6. La sentenza impugnata – con un accertamento in fatto che sfugge ai rilievi di legittimità perchè adeguatamente motivato – ha rilevato che la società da anni era rimasta attiva per la sola gestione di due partecipazioni in altre società (da non considerarsi, quindi, impresa in senso commerciale, ai fini previdenziali, ai sensi della L. n. 88 del 1989, art. 49, lett. d)), che era pacifico che il P. svolgesse attività di amministratore e che l’attività di compravendita di immobili, svolta dalla società, risaliva ad un ormai lontano passato.

7. Gli indici fattuali indicati dall’Inps per desumere lo svolgimento di una attività di lavoro – ed essenzialmente consistenti nella qualità del soggetto quale amministratore e dell’oggetto sociale – sono insufficienti a fornire la prova richiesta, ossia il coinvolgimento diretto nel lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

8. Tali prove sono richieste anche nel caso di società in accomandita semplice, non essendo la sua posizione in nulla differente dal socio della società in nome collettivo (cfr. da ultimo Cass. 24.5.2018 n. 12985).

9. Non essendo, pertanto, stato allegato nè provato in concreto lo svolgimento di compiti, da parte del P., che esulavano quelli propri dell’amministratore, tali da consentire la verifica, anche in via presuntiva, della sussistenza dei requisiti di abitualità e di prevalenza, come sopra indicati, il ricorso dell’Inps deve essere rigettato.

10. al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

11. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228 deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre da dispositivo.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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