Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5050 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 25/02/2020), n.5050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6412-2014 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, CARLA

D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO.

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELL’OROLOGIO 7, presso lo studio dell’Avvocato STEFANIA PAZZAGLIA,

rappresentato e difeso dall’Avvocato ANTONIO BAGIANTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 150/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 03/09/2013 R.G.N. 428/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Perugia ha accolto l’opposizione proposta da C.G. avverso la cartella esattoriale n. (OMISSIS) per l’omesso pagamento dei contributi dovuti alla Gestione Commercianti in conseguenza della sua qualità di socio amministratore della Costa srl, dichiarando non dovute le relative somme.

2. Proposta impugnazione dall’INPS, la Corte di appello di Perugia, con la sentenza n. 150 del 2013, ha rigettato il gravame precisando che non sussistevano nella fattispecie i presupposti per la doppia iscrizione nella “Gestione Commercianti” ed in quella “separata” (alla quale il C. era già iscritto quale amministratore di società) in quanto non erano stati dimostrati dall’INPS i fatti costitutivi del suo preteso diritto, avendo erroneamente ritenuto che il semplice svolgimento dell’attività di socio comportasse di per sè l’obbligo di iscrizione alla gestione Commercianti in aggiunta a quello dell’iscrizione alla gestione separata derivante dall’espletamento delle funzioni amministrative.

3. L’INPS ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado affidato ad un unico motivo cui ha resistito con controricorso C.G., illustrato con memoria.

4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo l’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208 così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11 conv. in L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). L’INPS contesta quanto affermato dalla Corte di merito circa la mancata dimostrazione del requisito di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, lett. c) in capo al C., deducendo, da un lato, che i giudici di seconde cure avevano fatto riferimento ad un concetto di “prevalenza”, da intendersi “sugli altri fattori di produzione”, ormai superato dalla giurisprudenza di legittimità e, dall’altro, che il concetto di “personale partecipazione al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza”, da individuarsi in tutte quelle prestazioni di lavoro relative alle attività connesse grazie alle quali il servizio veniva effettivamente reso, consentiva di ritenere che l’attività svolta dal C., come accertata, sostanziasse l’esplicazione di vere e proprie prestazioni d’opera sia pure, in parte, di carattere direttivo non meramente esecutive e, quindi, tali da giustificare l’iscrizione anche la gestione Commercianti.

2. Il motivo non è meritevole di accoglimento, sebbene la gravata sentenza debba essere precisata, sotto il profilo motivazionale, con le argomentazioni che seguono.

3. L’orientamento di legittimità, che oramai può considerarsi consolidato, è nel senso di ritenere che “in tema di iscrizione alla gestione commercianti, i requisiti congiunti di abitualità e prevalenza dell’attività, di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203 sono da riferire all’attività lavorativa espletata dal soggetto in seno all’impresa al netto dell’attività eventualmente esercitata in quanto amministratore, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali), valorizzandosi, in tal modo, l’elemento del lavoro personale in coerenza con la ratio della disposizione normativa (per tutte Cass. n. 19273 del 2018)”.

4. Ebbene, la sentenza impugnata – con un accertamento in fatto che sfugge ai rilievi di legittimità perchè adeguatamente motivato – ha rilevato che l’Inps aveva omesso di dedurre i fatti costitutivi del suo preteso diritto, avendo ritenuto che il semplice svolgimento dell’attività di socio comportasse di per sè l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, in aggiunta all’obbligo di iscrizione alla gestione separata, derivante dall’espletamento delle funzioni amministrative; nè, secondo la Corte territoriale, era invocabile il principio di non contestazione non avendo l’INPS dedicato alcun cenno nella memoria di costituzione a tale aspetto.

5. Non essendo, pertanto, stato allegato nè provato in concreto lo svolgimento di compiti, da parte del C., che esulavano quelli propri dell’amministratore, tali da consentire la verifica, anche in via presuntiva, della sussistenza dei requisiti di abitualità e di prevalenza, come sopra indicati, il ricorso dell’Inps deve essere rigettato.

6. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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