Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5049 del 05/03/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 5049 Anno 2018
Presidente: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI
Relatore: DONGIACOMO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 18187-2013 proposto da:
D’ANNUNZIO DOMENICO e CASTELLUCCI DINA, elettivamente
domiciliati in ROMA, via degli Scipioni 8, presso lo studio
dell’Avvocato FRANCESCO CRISCI, che li rappresenta e difende
per procura speciale a margine del ricorso
– ricorrente contro
FLUMINI FULVIO, elettivamente domiciliato in ROMA, viale
Mazzini 119, presso lo studio dell’Avvocato ALESSANDRO
CARRARA e rappresentati e difesi dagli Avvocati LUCIANO
BIROCCO e RITA CICIANI per procura speciale a margine del
controricorso
– controricorrente avverso la sentenza n. 111/2013 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA, depositata il 18/2/2013;

Data pubblicazione: 05/03/2018

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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 10/1/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
DONGIACOMO;
FATTI DI CAUSA
Il tribunale di Camerino, con sentenza de114/3/2007, su

D’Annunzio e Dina Castelluccio a ripristinare lo stato dei luoghi,
previa eleminazione di una sopraelevazione di un edificio, in
spregio alle distanze e riduzione di una veduta all’ampiezza
originale.
Domenico D’Annunzio e Dina Castelluccio hanno proposto
appello.
L’appellato si è costituito ed ha chiesto il rigetto
dell’impugnazione.
La corte d’appello di Ancona, con sentenza depositata il
16/2/2013, ha rigettato l’appello e confermato la sentenza
impugnata.
La corte, in particolare, ha ritenuto l’infondatezza del
primo motivo d’appello, con il quale gli appellanti hanno
dedotto la nullità della sentenza, pronunciata ai sensi dell’art.
281 sexies c.p.c., senza richiesta delle parti, in assenza di
scritti difensivi e senza riportare nella sentenza le conclusioni
delle parti, rilevando che:

“1) la decisione a seguito di

trattazione orale ai sensi dell’art. 281 sexies prescinde
totalmente dalle richiesta delle parti (che, semmai, possono
chiedere che la discussione avvenga – come è avvenuto – in
una udienza successiva a quella di precisazione delle
conclusioni); 2) il giudice di prime cure, all’udienza di
precisazione delle conclusioni del 12.12.2006 ha concesso
termine per note e repliche; 3) per la discusisone è sufficiente
che il giudice abbia messo le parti nella condizioni di effettuarla
come avvenuto all’udienza del 13.03.2007; mancata
Ric. 2013 n. 18187 Sez. 2 CC 10 gennaio 2018

domanda di Fulvio Flumini, ha condannato Domenico

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indicazione delle conclusioni delle parti in sentenza costituisce
una semplice irregolarità allorquando il giudice abbia
comunque risposto a tutte le domande delle parti …,
circostanza non posta in dubbio dagli appellanti”.
La corte ha, poi, ritenuto l’infondatezza del secondo

tribunale non abbia considerato che la sopraelevazione era
consentita dal piano di recupero della l.r. Marche 4.9.1979, da
considerare in deroga rispetto alla normativa codicistica, e che
le disposizioni contenute nel regolamento edilizio del Comune
di Fiuminata erano integrative del codice civile, rilevando, sul
punto, che “la normativa regionale in parola riguarda gli edifici
che presentano evidenti caratteristiche di non completezza,
circostanza che in difetto di allegazione non consente di
ritenere applicabile al caso in questione la disciplina cennata
neanche sotto il profilo del regolamento comunale assunto a
seguito della medesima”.
La corte, inoltre, ha ritenuto infondato il terzo motivo, con
il quale gli appellanti si sono doluti che il giudice di primo grado
abbia ritenuto la preesistenza della finestra del Flumini senza
avvedersi che il fabbricato degli appellanti era stato costruito
prima di quello dell’appellato e che questa finestra compariva
soltanto nel progetto presentato nel settembre del 2003,
posteriore a quello degli appellanti, rilevando che

“la

preesistenza della veduta del Flumini alla sopraelevazione degli
appellanti è ammessa dai medesimi che, nella comparsa di
risposta di primo grado, la prospettano pacificamente anche se
di questa affermano che si tratti di una luce”: solo che, a fronte
delle affermazioni del tribunale in ordine alla natura di veduta
oblliqua ed in difetto di qualsivoglia censura sul punto in sede
di appello, ha aggiunto la corte,

“le sopraelevazioni

costituiscono nuove costruzioni e devono esse stesse
Ric. 2013 n. 18187 Sez. 2 CC 10 gennaio 2018

motivo d’appello, con il quale gli appellanti si sono doluti che il

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mantenere la distanza legale prevista dal codice, senza che la
costruzione iniziale possa – sotto tale profilo – comportare
alcuna deroga per quella nuova”.
Respinta, poi, la quarta censura, con la quale gli appellanti
si sono doluti del fatto che il regolamento comunale prevede

motivi già evidenziati con riferimento alla secondoa censura”,
la corte ha respinto anche il quinto motivo, con il quale gli
appellanti hanno dedotto che il giudice di prime cure non aveva
considerato l’ipotesi della impraticabilità della demolizione,
chiedendone l’accertamento mediante consulenza tecnica di
ufficio, rilevando che

“la tecnica impraticabilità della

demolizione (circostanza che dovrebbe comportare, a detta
degli appellanti, il rigetto della domanda principale di
demolizione e l’accoglimento di quella subordinata di
risarcimento dei danni) non è stata tempestivamente allegata
dagli allora convenuti nel corso del primo grado, sicché appare
precluso esaminarla in questa sede ed ammettere una CTU che
risulterebbe, per altro verso, meramente esplorativa. In ogni
caso – ha aggiunto la corte – la natura stessa dell’opera
(trattasi di sopraelevazione) esclude tale impraticabilità in
quanto si tratta semplicemente di intervenure in modo
inverso”.
La corte, infine, ha ritenuto infondato il sesto ed ultimo
motivo, con il quale gli appellanti hanno censurato l’affermata
variazione da luce a veduta per l’ampliamento alla stessa
arrecato poiché tale ampliamento non giustificherebbe il
mutamento delle connotazioni dell’apertura, sul rilievo che il
giudice di primo grado, premesso che l’apertura iniziale non
rispodeva ai requisiti dell’art. 901 c.c., motiva la propria
decisione affermando che la veduta avrebbe, con
diretta,
d•
l’ampliamento assunto le caratteristiche
Luneduta
D
–Ric. 2013 n. 18187 Sez. 2 CC 10 gennaio 2018

una espressa eccezione ale disposizioni del codice civile, “per i

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con l’inosservanza della distanza di cui all’art. 905 c.c., sicché,
in definitiva, la doglianza non coglie l’effettivo passaggio logico
della sentenza, la quale non afferma che una luce si sarebbe
trasformata in veduta ma semplicemente che la veduta, dopo
l’ampliamento, sarebbe divenuta diretta.

spedito per la notifica il 26.27/7/2013 e depositato il
31/7/2013, hanno chiesto, per tre motivi, la cassazione della
sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.
Ha resistito Fulvio Flumini, con controricorso spedito per la
notifica il 15/10/2013 e depositato in data 30/10/2013.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, intitolato “nullità della sentenza o
del procedimento – violazione e falsa applicazione dell’art. 281
sexies in relazione all’art. 360 nn 3 e 4 c.p.c.”,

i ricorrenti

hanno dedotto che il giudice di prime cure, dopo aver invitato
le parti a concludere e disposto lo scambio delle comparse e
delle successive note di replica ai sensi dell’art. 190 c.p.c., ha
pronunciato la sentenza ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la
quale, però, prevede la decisione a seguito della trattazione
orale, omettendo di considerare che a tale forma di trattazione
si può pervenire unicamente in presenza di richiesta delle parti,
che non vi è stata, ed in assenza di scambiio di scritti difensivi,
determinando, così, la nullità della sentenza.
2.11 motivo è inammissibile. I ricorrenti, infatti, si limitano a
censurare la sentenza del tribunale, omettondo qualsivoglia
doglianza nei confronti della sentenza resa dalla corte
d’appello. Ed è, invece, noto che il ricorso per cassazione deve,
a pena di inammissibilità, essere articolato su motivi dotati dei
caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità
alla decisione impugnata (Cass. n. 22499 del 2006, che ha
dichiarato l’inammissibilità del motivo in un caso in cui il
Ric. 2013 n. 18187 Sez. 2 CC 10 gennaio 2018

Domenico D’Annunzio e Dina Castelluccio, con ricorso

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ricorrente non aveva indicato le affermazioni in diritto
contenute nella sentenza impugnata e non aveva formulato
censure specifiche contro di esse, essendosi limitato a
richiamare la motivazione della sentenza di primo grado; conf.
Cass. n. 15952 del 2007).

applicazione dell’art. 873 cc in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
– omessa e/o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 cpc n° 5″, i
ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in
cui la corte d’appello si è limitata ad esaminare la questione
attinente alla preesistenza della sopraelevazione e della veduta
realizzata dal Flumini rispetto a quella dei D’Annunzio e
Castelluccio, ritenendo che “la preesistenza della veduta del
Flumini alla sopraelevazione degli appellanti è ammessa dai
medesimi che, nella comparsa di risposta di primo grado, la
prospettano pacificamente anche se di questa affermano che si
tratti di una luce”, ed ha, in tal modo, omesso di esaminare la
necessaria e prodromica questione relativa all’accertamento
della preesistenza del fabbricato dei coniugi D’Annunzio e
Castellucci rispetto a quello del Flumini, con la conseguente
applicazione, in ordine alle opere realizzate da quest’ultimo
rispetto successivamente al preesistente manufatto dei coniugi
D’Annunzio e Castellucci, dell’ordinaria disciplina codicistica in
materia di rispetto delle distanze dai confini. Ne consegue hanno concluso i ricorrenti – che ogni successiva richiesta e
pretesa avanzata dal Flumini sulla base dei detti presupposti
non è meritevole di accoglimento.
4. Il motivo è infondato. In caso di sopraelevazione, che a

tutti gli effetti deve essere considerata nuova costruzione, il
preveniente, alla pari del prevenuto, è obbligato al rispetto
della disciplina delle distanze legali, in quanto I nzione è
Ric.

2013 n. 18187 Sez. 2 CC 10 gennaio 2018

3.Con il secondo motivo, intitolato “violazione e/o errata

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un diritto riconosciuto al primo che edifica e si esaurisce con la
realizzazione della costruzione medesima, quando questa abbia
le caratteristiche proprie di un’opera edilizia, ultimata dal punto
di vista strutturale e funzionale. Ne consegue che, una volta
che di fatto si trovino ad esistere due costruzioni su fondi

modifica l’assetto dei rapporti tra i rispettivi proprietari, nel
senso che ciascuno dei due frontisti può sopraelevare in regime
di libertà dei lotti, nel rispetto reciproco della normativa che
disciplina le distanze legali (Cass. n. 7456 del 1992, per la
quale, in materia di distanze legali fra costruzioni, il diritto di
prevenzione riconosciuto a chi per primo edifica si esaurisce
con il completamento, dal punto di vista strutturale e
funzionale, della costruzione e non può, quindi, giovare
automaticamente per la successiva sopraelevazione, che a tutti
gli effetti deve essere considerata come nuova costruzione e
che può essere conseguentemente eseguita solo con il rispetto
della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti
sul fondo confinante.; conf. Cass. n. 5197 del 1999; Cass. n.
6926 del 2001). Nel caso di specie, pur a voler ammettere che
il fabbricato dei coniugi D’Annunzio e Castellucci sia
preesistente rispetto a quello del Flunnini, resta, dunque, il
fatto che la sopraelevazione dagli stessi eseguita, quale nuova
costruzioni, poteva essere eseguita solo con il rispetto della
normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul
fondo confinante, a nulla rilavando che a tale dovere fosse
tenuto anche il Flumini, rispetto alla opere dallo stesso
realizzate, ove non sia stato fatto valere in giudizio.
5. Con il terzo motivo, intitolato

“violazione e/o falsa

applicazione degli artt. 900-905-907 c.c. con riferimento alla
qualificazione della luce in reazione all’art. 360 c.p.c. n. 3
nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il gjqdizio che
Ric. 2013 n. 18187 Sez. 2 CC 10 gennaio 2018

finitimi, la prevenzione cessa di operare e, correlativamente si

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è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art.
360 c.p.c. n. 5”, i ricorrenti hanno censurato la sentenza
impugnata nella parte in cui la corte d’appello, limitandosi a
richiamare le affermazioni del giudice di primo grado, ha
ritenuto che gli stessi non avessero sollevato censure in ordine

sull’edificio del Flumini, omettendo, in tal modo, di tener conto
del fatto che, al contrario, i coniugi D’Annunzio e Castellucci,
nel corso del giudizio di primo grado e nell’atto di appello,
avevano eccepito che tale apertura, per dimensioni e
caratteristiche strutturali, era da considerarsi una luce e non
una veduta, la quale, a norma dell’art. 900 c.c., consente, a
differenza della luce, di affacciarsi e guardare di fronte,
obliquamente o lateralemente, laddove, nella specie, le sue
caratteristiche rendono impossibile, per un uomo di media
altezza, un affaccio comodo e non pericoloso, tanto più che,
trattandosi di un ex fienile, l’apertura serviva unicamente ad
immagazzinare il fieno e non al passaggio delle persone.
6.11 motivo è infondato. I ricorrenti, infatti, non hanno
trascritto, nel ricorso, il motivo d’appello nel quale avrebbero,
come sostengono, censurato la sentenza del tribunale in ordine
alla asserita natura di veduta obliqua dell’apertura posta
sull’edificio del Flumini. Ed è, invece, noto come sia
inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il
ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata
pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di
gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro
integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare
che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la
fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame
dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. n. 17049 del 2015).
7.11 ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
P.c. 2013 n. 18187 Sez. 2 CC 10 gennaio 2018

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alla asserita natura di veduta obliqua dell’apertura posta

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8.Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate
in dispositivo.
9.La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per
l’applicabilità dell’art. 13, comma

1-quater,

del d.P.R. n.

115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n.

P.Q.M.

la Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna i
ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese di lite che
liquida in C. 3.200,00, di cui C. 200,00 per esborsi, oltre
accessori e SG nella misura del 15%; dà atto della sussistenza
dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater,
del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma
17, della I. n. 228/2012.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della

228/2012.

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