Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5048 del 05/03/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 5048 Anno 2018
Presidente: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI
Relatore: CORRENTI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso 6161-2014 proposto da:
BOTTON

ANTONELLA,

BOTTON

ADRIANA,

elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA MARIA SAVERIA SANZI 21, presso
lo

studio

dell’avvocato

rappresenta t,e

e

MARIA

dife

NATALIA

1’avvocato

PANETTA,
ANTONELLA

PIETROBON;
– ricorrenti contro

2018
24
DrZ_

GIBELLATO

SILVANO,

CENTENARO MARIA,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo
studio dell’avvocato MICHELA REGGIO D’ACI, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato VLADIMIRO
PEGORARO;
– controricorrentí –

(

Data pubblicazione: 05/03/2018

avverso la sentenza n. 245/2013 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 07/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 10/01/2018 dal Consigliere VINCENZO

CORRENTI.

FATTO
Con sentenza n. 222/05 il Tribunale di Padova, sezione di Cittadella,
respingeva le domande di Botton Antonella ed Adrian contro Gibellato
Silvano e Centenaro Maria per l’estinzione del diritto di servitù di
passaggio pedonale e carraio di cui all’atto di divisione 31.12.1981 rep.

CC.

La Corte di appello di Venezia, con sentenza 7.2.2013, respingeva il
gravame delle Botton e confermava integralmente la sentenza di primo
grado sul presupposto che l’atto di divisione prevedeva una servitù
perpetua di passaggio pedonale e carraio senza riferimenti ad una
situazione di interclusione

né l’interpretazione di successivi atti

conduceva a risultati diversi.
Ricorrono le Botton

con quattro motivi, illustrati da memoria fuori

termine, resistono le controparti, che hanno anche presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso, premessa 1) l’ammissibilità del ricorso con richiami
giurisprudenziali e dottrinali sulla circostanza che una servitù costituita
per contratto non cessa di essere coattiva, denunzia 2) nullità della
sentenza per vizi di costituzione del giudice perché la minuta è stata
depositata il 21.11.2012 e la decisione del collegio risulta assunta il
26.11.2012; 3) violazione degli artt. 1054 e 1055 cc col richiamo a
quanto dedotto sull’ammissibilità del ricorso; 4) vizi di motivazione in
relazione alla ctu ed alla dedotta interclusione.
Ciò premesso, si osserva:

62474 per cessazione dello stato di interclusione dei fondi ex art. 1055

q\

La sentenza, come dedotto, ha confermato la sentenza di primo grado sul
presupposto che l’atto di divisione non faceva riferimento ad uno stato di
interclusione e trattavasi di costituzione volontaria.
Quanto al motivo indicato al punto 2), il riferimento nella intestazione
della sentenza ad una minuta depositata il 21.11.2012, non può non

camera di consiglio del 26.11 2012 con firma del Presidente Gorjan, del
relatore Tosatti e dell’estensore Zoso, depositata in cancelleria il
7.2.2013.
Quanto ai restanti motivi, le censure sono inidonee alla riforma della
sentenza che ha escluso il riferimento nell’atto di divisione alla
interclusione e la servitù in parola risultava ribadita anche in atti
successivi.
Questa ratio decidendi non risulta congruamente censurata
dovendosi contestare l’attività ermeneutica posta in essere dalla sentenza.
L’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà storica
ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico
accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito,
censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali
d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 ss. CC, oltre che per vizi
di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una
violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione
deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione
mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai
principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e
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valutarsi come un errore materiale ) risultando una decisione assunta nella

con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni
legali assuntivannente violati o questi abbia applicati sulla base di
argomentazioni illogiche od insufficienti.
Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso sotto
tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea – anche

critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come
nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una
difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della
sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano
semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito
in sede di legittimità (e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n.
13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753).
Né può utilmente invocarsi la mancata considerazione del
comportamento delle parti.
Ad

ulteriore

specificazione

del

posto

principio

generale

d’ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha,
inoltre, attribuito, nell’ambito della stessa prima categoria, assorbente
rilevanza al criterio indicato nel primo comma dell’art. 1362 CC eventualmente integrato da quello posto dal successivo art. 1363 CC per il
caso di concorrenza d’una pluralità di clausole nella determinazione del
pattuito – onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso
letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente
confrontato con la ratio complessiva d’una pluralità di clausole, idoneo a
rivelare con chiarezza ed univocità la comune volontà degli stessi,
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ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera

cosicché non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale
del negozio e l’intento effettivo dei contraenti – ciò che è stato fatto nella
specie dalla corte territoriale, con considerazioni sintetiche ma esaustive detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia
fatto ricorso al criterio sussidiario del secondo comma dell’art. 1362 CC,

successivo alla stipulazione (Cass. 4.8.00 n. 10250, 18.7.00 n. 9438,
19.5.00 n. 6482, 11.8.99 n. 8590, 23.11.98 n. 11878, 23.2.98 n. 1940,
26.6.97 n. 5715, 16.6.97 n. 5389); non senza considerare, altresì, come
detto comportamento, ove trattisi d’interpretare, come nella specie, atti
soggetti alla forma scritta ad substantiam, non possa, in ogni caso,
evidenziare una formazione del consenso al di fuori dell’atto scritto
medesimo (Cass. 20.6.00 n. 7416, 21.6.99 n. 6214, 20.6.95 n. 6201,
11.4.92 n. 4474).
La Corte territoriale ha trovato conferma della volontà delle parti
anche dalla considerazione degli atti successivi ed ha tenuto conto della
presunzione iuris tantum sottesa all’art. 1054 cc.
Per il disposto di tale norma i la quale riconosce al proprietario del
fondo rimasto intercluso a seguito di alienazione o divisione di ottenere
coattivamente dall’altro contente il passaggio senza corrispondere
alcuna indennità, deve presumersi che la servitù costituita con lo stesso
atto di alienazione o divisione o anche con atto successivo che
all’interclusione sia oggettivamente preordinato,abbia natura coattiva / con
conseguente applicabilità alla medesima, in caso di cessazione
dell’interclusione, della causa estintiva di cui all’art. 1055, salvo che dal
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che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti

medesimo negozio non emerga in concreto ed inequivocabilmente l’intento
delle parti di assoggettarsi al regime delle servitù volontarie ( Cass.
2922/2014).
Nella specie,la sentenza ha ritenuto tale presunzione superata in
concreto dalla volontà espressa dalle parti.

sul passaggio coattivo, non si applica alle servitù volontarie.
In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna
alle spese.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese
liquidate in euro 3200 di cui 200 per spese vive oltre spese forfettarie nel
15% dando atto dell’esistenza dei presupposti ed dpr 115/2002 per il
versamento dell’ulteriore contributo unificato.
Roma 10 gennaio 2018.

G iudizierio
NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

05 MAR. 2018

Né giova il richiamo all’art. 1055 cc che, inserito nella sezione IV

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