Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5045 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.28/02/2017),  n. 5045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI MARIA MARGHERITA – Presidente –

Dott. SCODITTI ENRICO – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI CHIARA – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA ANTONIETTA – Consigliere –

Dott. MOSCARINI ANNA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15709-2015 proposto da:

R.M. quale rappresentante della 74cento srl, nonchè in

proprio elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MINNITI 75, presso lo

studio dell’avvocato ALESSANDRO SIMONETTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MICHELE IMPERIO giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

SJS REAL ESTATE SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

Dott. L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.

CRISPI 36, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO LOMBARDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO PRETE giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.V., M.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 383/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. di

TARANTO, depositata il 17/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. In data 11 aprile 2011 S.J.S. Real Estate S.r.l., quale locatrice in forza di un contratto locatizio del 9 luglio 2007 avente ad oggetto un immobile ad uso non abitativo sito in Taranto, intimava sfratto per morosità alla conduttrice 74Cento S.r.l., che dinanzi all’adito Tribunale di Taranto si opponeva e riconvenzionalmente chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento della locatrice e la condanna di quest’ultima a restituirle i canoni e al rimborso di spese sostenute per migliorie. Con sentenza del 27 settembre 2012 il Tribunale di Taranto dichiarava risolto il contratto per inadempimento della conduttrice, di cui rigettava l’opposizione e le domande riconvenzionali. Proponeva pertanto appello la 74Cento S.r.l., chiedendo l’integrale riforma della pronuncia. Con sentenza del 24 settembre-17 novembre 2014 la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha dichiarato inammissibile tale appello, ritenendo che colui che si era costituito come legale rappresentante della 74Cento S.r.l., società, R.M., non lo fosse e quindi che non avesse legittimazione processuale, condannando pertanto R.M. a rifondere le spese di causa alla S.J.S. Real Estate S.r.l..

2. Ha presentato ricorso R.M., “quale rappresentante della 74Cento s.r.l., nonchè in proprio”, sulla base di tre motivi, da cui si difende con controricorso S.J.S. Real Estate S.r.l..

2.1 Il primo motivo denuncia “violazione delle norme processuali e di diritto sulla inammissibilità dell’appello, artt. 348-350 c.p.c.”, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “in contrasto con i principi di diritto sanciti per orientamento costante della Suprema Corte anche negli artt. 100 e 101 c.p.c.”.

La corte territoriale avrebbe “indebitamente attribuito” all’appellata una eccezione preliminare di difetto di legittimazione processuale dell’appellante nella persona di R.M., eccezione che non sarebbe mai stata sollevata in primo grado e neppure nell’atto di costituzione in appello, “ma, ove mai esistente, accennata solo tardivamente “in limine litis””. Nella comparsa di costituzione in appello l’appellata avrebbe sollevato soltanto una eccezione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 434 c.p.c. (a pagina 4 della comparsa) e poi (a pagina 9) eccezione d’inammissibilità dell’appello ex art. 345 c.p.c.. L’appellata, a pagina 10,punto 3, della comparsa di costituzione, avrebbe esaminato l’appello eccependone l’infondatezza. Solo a pagina 14 “dichiarava arbitrariamente controparte di reiterare un’eccezione di difetto di rappresentanza della 74Cento S.r.l. da parte di R.M. e dichiarava di averla sollevata in primo grado, cosa per niente rispondente al vero”. Sempre nella pagina 14 l’appellata avrebbe poi sostenuto la sua “fantomatica eccezione” traendola “dal fatto che non vi fosse alcun atto societario che legittimasse tale persona a contraddire nella sua asserita qualità di organo amministrativo”. Peraltro nella parte finale della stessa pagina 14 della comparsa di costituzione dell’appellata sarebbe stata presente la seguente frase: “si soggiunga che tutte le parti si sono regolarmente costituite in giudizio, assicurando la pienezza del contraddittorio nel giudizio di primo grado”. Dinanzi a siffatta ammissione dell’appellata sulla regolare costituzione del contraddittorio, il ricorrente eccepirebbe “ad abundantiam” che sulla regolare costituzione di questo si sarebbe formato il giudicato perchè la sentenza di primo grado (a pagina 2, punto 3) afferma che il contraddittorio tra le parti si è ritualmente instaurato: e così ne sarebbe sortito giudicato interno. Inoltre la legittimazione a impugnare determinata dalla qualità di parte nel precedente grado riguarderebbe i soggetti che furono parti nel grado primo, indipendentemente dalla effettiva titolarità del rapporto giuridico sostanziale. L’appello sarebbe stato inammissibile soltanto in difetto di interesse ad agire, di cui è manifestazione l’interesse ad impugnare, ai sensi degli artt. 100-101 c.p.c.: di qui l’errore del giudice d’appello.

2.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 112 c.p.c. e delle norme relative alla corrispondenza tra chiesto il pronunciato, con vizio di ultrapetizione. Ribadisce infatti il ricorrente che sarebbe intervenuto il giudicato interno, per cui sarebbe stato precluso al giudice d’appello dare valore ad una eccezione mai sollevata e tanto meno pronunciarsi d’ufficio “sulla inesistente eccezione”. Avrebbe dovuto la controparte del ricorrente sollevare l’eccezione e fornire la relativa prova nel primo grado: e ciò non sarebbe avvenuto. D’altronde il potere rappresentativo è presunto per legge e il giudice non dovrebbe verificarlo d’ufficio. Inoltre l’appellata, facendo acquiescenza alla sentenza di primo grado, avrebbe indirizzato il 25 novembre 2011 l’atto di precetto proprio a R.M.. La persona fisica di cui si contesta la qualità di organo della persona giuridica nel dare mandato al difensore non avrebbe poi l’onere di provare la sua qualità, sulla quale dovrebbe fornire la prova negativa la parte che la eccepisce. Inoltre la procura ad litem sarebbe stata regolarmente conferita da R.M. nella sua qualità, “rafforzata” dalla sottoscrizione anche di G.V., proprietaria di tutte le quote sociali.

2.3 il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in quanto sulla questione rilevata d’ufficio il giudice d’appello avrebbe dovuto consentire il contraddittorio delle parti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è fondato.

Va premesso che l’eccezione di nullità della procura speciale presento n calce al ricorso avanzata dalla controricorrente non è fondata, dovendosi logicamente contestualizzare la procura suddetta con l’incipit del ricorso stesso, ove si dichiara che viene proposto nell’interesse di R.M. sia in proprio sia come legale rappresentante della 74Cento S.r.l.: pertanto, benchè nella procura ciò non sia esternato expressis verbis, la procura è stata rilasciata da R.M. in entrambe le qualità; ed è d’altronde comprensibile la sua costituzione in proprio visto che la corte territoriale lo ha condannato in proprio a rifondere le spese del grado d’appello alla S.J.S. Real Estate S.r.l..

E’ il caso di vagliare congiuntamente, visto il loro connesso contenuto come appena esposto, i primi due motivi del ricorso. Pur se le argomentazioni – si è visto – in parte non sono pertinenti, può dirsi comunque chiaro quale sia l’oggetto della doglianza, ontologicamente di diritto, che in essi è stata proposta: o sotto il profilo dell’ultrapetizione, o sotto il profilo della violazione di un giudicato interno già creatosi, erroneamente il giudice di secondo grado avrebbe dichiarato il difetto di legittimazione processuale di R.M. quale legale rappresentante di 74Cento S.r.l., il cui appello pertanto è stato qualificato inammissibile.

Dirimente è lo specifico richiamo – effettuato nel ricorso nelle pagine 3 e 9 – a quanto si riscontra nella motivazione della sentenza del Tribunale laddove afferma che “il contraddittorio si è ritualmente instaurato”, rilevando che infatti “per l’ipotesi di cessione del contratto di locazione, come il cedente è responsabile nei confronti del locatore ceduto per le obbligazioni del cessionario, così quest’ultimo è responsabile nei confronti del locatore ceduto per le obbligazioni a carico del conduttore cedente e da questi non adempiute, quale effetto naturale della cessione del contratto che è la successione unitaria del cessionario nella complessiva posizione che il cedente assume nel rapporto originato dal contratto. I rapporti economici tra parte eccedente e parte cessionaria non riguardano la locatrice…”. In questo passo, evidentemente, il Tribunale accerta la corretta conformazione del contraddittorio sostanziale, giungendo ad un risultato positivo in tal senso: il che significa che pregiudizialmente aveva riconosciuto anche la correttezza della conformazione del contraddittorio processuale, id est aveva già riconosciuto R.M. come legittimato a rappresentare nel giudizio la società conduttrice. Se, dunque, la locatrice avesse effettivamente eccepito in primo grado il difetto di legittimazione processuale di R.M., in ordine alla identificazione della sua controparte nella sentenza del Tribunale la locatrice è rimasta soccombente. Avrebbe dovuto, allora, se intendeva ancora coltivare tale mezzo di difesa, proporre appello incidentale, cosa che indubbiamente, invece, non ha fatto. Si è quindi formato, come adduce il ricorrente, giudicato interno in ordine alla legittimazione processuale di R.M., giudicato che erroneamente ha violato la corte territoriale (v. da ultimo Cass. sez. 1, 13 maggio 2016 n.9889: “Soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa”; conforme Cass. sez. 3, 14 marzo 2013 n.6550). Ne consegue che illegittimamente il giudice d’appello ha dichiarato inammissibile il gravame, che avrebbe dovuto invece – salva la presenza di eventuali ulteriori ragioni di inammissibilità – vagliare nel merito (indiscutibile qui è l’interesse del ricorrente, dato che con l’appello aveva devoluto integralmente la sua prospettazione di primo grado). Pertanto, in accoglimento dei primi due motivi – rispetto ai quali il terzo è poi intrinsecamente subordinato – la sentenza deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese del presente grado, alla Corte d’appello di Lecce.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese processuali alla Corte d’appello di Lecce.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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