Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5043 del 01/03/2011

Cassazione civile sez. II, 01/03/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 01/03/2011), n.5043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.G. (c.f. (OMISSIS)) rappresentato e

difeso dall’avv. Berardi Nicola del Foro di Campobasso ed

elettivamente domiciliato in Roma, via Silvio Benco n. 81 presso il

sig. Di Donato Giuseppe:

– ricorrente –

contro

C.C. (c.f. (OMISSIS)) rappresentato e

difeso dall’avv. Vena Andrea ed elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’avv. Coletti Filippo in Roma, piazza Martiri di Belfiore

n. 2, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè di:

M.M. (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e

difesa dall’avv. Morgese Mariano ed elettivamente domiciliata presso

lo studio dell’avv. Antonelli Camposarcuno Paolo in Roma, via

Crescenzio n. 62, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Campobasso n. 20/05

pubblicata l’8/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2011 dal consigliere Dott. BIANCHINI Bruno;

udito l’avv. Berardi Nicola, difensore del ricorrente, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’avv. Pierfilippo Coletti, con delega dell’avv. Vena Andrea,

per il controricorrente C., che ha concluso per il rigetto

del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.G. citò innanzi al Tribunale di Campobasso i coniugi C.C. e M.M., assumendo che gli stessi non avrebbero adempiuto alle obbligazioni nascenti da un contratto preliminare del 27 aprile 1989, consistite nel pagamento del residuo prezzo (originariamente stabilito in L. 146 milioni) e nel versamento, ad esso attore – che era anche costruttore dell’intero stabile – delle rate di mutuo nel frattempo acceso dall’esponente; chiese che, risolto tale negozio, i predetti fossero condannati a restituire l’immobile, nel frattempo occupato dalla M., ed a risarcirgli i conseguenti danni.

Il C., nel costituirsi negò gli inadempimenti esposti affermando di aver versato in totale L. 120 milioni e sostenne che la mancata stipula del definitivo fosse da attribuirsi alla renitenza del P. a presentarsi innanzi al notaio, pur se sollecitato con missiva del giugno 1982; chiese, in subordine all’accoglimento della domanda avversaria, che il P. fosse condannato a restituire il prezzo pagato. La M. non si costituì.

L’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 559/2002, respinse entrambe le domande, ritenendo, da un lato, che fosse stato dimostrato l’adempimento del promittente venditore, avendo costui consegnato il bene; dall’altro che l’inadempimento del promissario acquirente non fosse stato grave ai sensi dell’art. 1455 c.c., avendo pagato oltre due terzi del prezzo pattuito – 106 milioni su 146 – ed avendo manifestato la propria disponibilità a procedere alla stipula.

La Corte d’appello di Campobasso, adita dal P., nel contraddittorio del C. – che insistette nelle domande in precedenza proposte – e della M. – che eccepì la propria carenza di legittimazione passiva, non essendo stata parte del contratto preliminare – pronunziando sentenza n. 20/2005, respinse l’impugnazione del P. ed accolse quello, che qualificò come gravame incidentale del C., ritenendo sussistente un inadempimento del promittente venditore in relazione alla mancata stipula del preliminare; dichiarò pertanto risolto tale contratto e condannò il P. a restituire al solo C. – avendo accolto l’eccezione di carenza di legittimazione della M. – la somma di Euro 57.491,00 oltre interessi e spese.

Contro tale decisione ha proposto ricorso il P., sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, cui hanno resistito, con separati controricorsi, le altre parti, depositando il C. a sua volta memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Va preliminarmente scrutinata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa dei contro ricorrenti, a cagione del fatto che la delega estesa a margine del ricorso (del seguente tenore: “Nomino a rappresentarmi e difendermi nel giudizio di cui a lato e con facoltà di proporre o resistere in appello, l’avv. Nicola Berardi conferendogli ogni più ampia facoltà di legge, con elezione di domicilio in Roma, alla via Sitino Benco 81, presso il sig D. D.G.”) non farebbe riferimento al giudizio di cassazione e, anzi, neppure consentirebbe di ritenere che fosse rilasciata dopo la sentenza gravata.

2 – L’eccezione è infondata.

Il Collegio invero intende dare continuità al principio, da tempo enunciato da questa Corte (cfr Sez. Un 11178/1995; conf. Cass 1479/2008; S.U. n. 10691/2002, Cass. 11018/2000; Cass. 8747/1993) secondo il quale, nell’ipotesi in cui la procura non espliciti in modo chiaro ed univoco la volontà di proporre ricorso per cassazione, l’incertezza in ordine all’effettiva volontà del conferente non può tradursi in una pronuncia di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale, dovendosi interpretare l’atto secondo il principio di conservazione di cui all’art. 1367 c.c., (principio richiamato, a proposito degli atti processuali, dall’art. 159 c.p.c.) e perciò attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di procura di produrre i suoi effetti;

nessuna incertezza è invece configurabile nel caso in cui, pur essendosi fatto ricorso ad espressioni genenche (ad esempio per l’uso di timbri predisposti per altre evenienze), la procura sia stata apposta a margine del ricorso già redatto, atteso che tale circostanza esclude in radice ogni dubbio circa la volontà della parte di proporre il suddetto ricorso, quale che sia il tenore dei termini usati sulla redazione della procura.

3 – Con il primo motivo il P. lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 342 e 346 c.p.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., vizio, carenza e/o insufficienza e/o illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” censurando la decisione della Corte distrettuale di ritenere che il C. avesse proposto un appello incidentale, mentre in realtà lo stesso si sarebbe limitato a rinviare ai propri atti difensivi del precedente grado di giudizio, insistendo nelle domande ed eccezioni colà formulate, senza dunque muovere critiche alla decisione di prime cure che, invece, aveva ritenuto insussistente l’inadempimento di esso ricorrente.

4 – Con ulteriore articolazione dello stesso motivo il P. assume che la Corte d’Appello sarebbe incorsa in un vizio di ultra c/o extrapetizione anche nella parte in cui dichiarò l’esistenza di un inadempimento di esso esponente, pur in assenza di qualsiasi domanda da parte delle controparti.

5 – La doglianza è fondata.

5/a – Dalla lettura della narrativa di fatto della sentenza impugnata – nonchè dalla diretta delibazione della comparsa di risposta del C., cui la Corte è legittimata, essendosi fatto valere, al di là dei non conferenti richiami all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, un vitium in procedendo che abilita all’esame diretto degli atti- emerge che l’appellato C. si era limitato a resistere all’appello del P.: l’espresso rigetto, da parte del Tribunale, della domanda di restituzione di quanto pagato dal promissario acquirente, sul presupposto dell’adempimento del promittente venditore, aveva fatto sorgere nell’allora appellato l’interesse a proporre un appello incidentale nel quale però, in luogo dello stereotipo rinvio alle domande e difese svolte in prime cure, il C. avrebbe dovuto esporre un’argomentata critica – completamente omessa – avverso il ragionamento del Tribunale.

5/b – Non avendo il ( C. strutturato il proprio atto difensivo innanzi alla (Corte territoriale, secondo lo schema legale di cui all’art. 343 c.p.c., erroneamente il giudice di merito ha ritenuto la sussistenza di un appello incidentale e, di conseguenza, ha deciso ultra petita nell’accoglierlo.

5/c – L’inidoneità dell’atto a poter essere qualificato come appello incidentale, forma oggetto di una delibazione logicamente preliminare rispetto alla verifica della tempestività del suo deposito – nella fattispecie non rispettata- e pertanto rimane assorbita la censura, pure contenuta nel ricorso, di inammissibilità di tale impugnazione incidentale per tardività.

6 – L’accoglimento del motivo che precede, portando alla cassazione del capo di decisione che aveva accertato l’inadempimento del P. e l’adempimento del C., comporta la necessità logica di esaminare il quarto motivo del ricorso, relativo all’esistenza di un inadempimento della medesima parte controricorrente quale causa della restituzione dell’immobile e del risarcimento del danno (temi affrontati nel secondo e terzo motivo).

7 – Deduce sul punto il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale – violando o disapplicando l’art. 2697 c.c.- avrebbe ritenuto l’esistenza di un ingiustificato rifiuto da parte di esso esponente a stipulare l’atto di vendita.

7/a – Tale doglianza deve ritenersi assorbita dal riscontrato vizio di ultrapetizione in cui è incorsa la Corte distrettuale, così che non può più essere messa in discussione l’esistenza di un inadempimento del P..

7/b – Si duole poi lo stesso ricorrente del fatto che il giudice dell’appello abbia ritenuto adempiente il C. all’obbligo di versare ad esso esponente le rate del mutuo che aveva stipulato per l’immobile oggetto di accordo preliminare, nonostante la presenza in atti delle ricevute di versamento del Credito fondiario ed Industriale da cui sarebbero risultate l’identità del mutuatario – il P. appunto- le somme oggetto di mutuo, la durata in anni del mutuo ed il numero di rate previste.

7/c – Il motivo è inammissibile in quanto l’omessa trascrizione nel ricorso del contratto di mutuo originario (del quale non è dato di sapere se interessasse tutto il fabbricato costruito dal P. o solo l’appartamento oggetto di preliminare) come pure delle ricevute che, secondo l’assunto, avrebbero dovuto dimostrare il pagamento da parte del P. e il connesso inadempimento del C. nel fornire la provvista, viola il principio di autosufficienza del ricorso medesimo (con riferimento all’art. 366 c.p.c., n. 4, in quanto, ratione temporis, all’epoca ancora non era stata modificata la norma in questione con l’aggiunta del n. 6).

7/d – Del pari inammissibile è la censura di non corretta interpretazione del preliminare quanto a tempi e misura del corrispettivo (comprensivo o meno di IVA): ciò sia perchè il detto contratto non è stato riprodotto al fine di render possibile lo scrutinio di congruità nell’interpretazione richiesto alla Corte, sia anche perchè la censura non era diretta alla dimostrazione della violazione delle norme sull’ermeneutica negoziale, così che per mezzo della stessa, surrettiziamente si sarebbe inteso introdurre un terzo grado di merito sul punto.

8 – La constatata erroneità della pronunzia della Corte di Appello nel ritenere il controricorrente parte adempiente, determina l’assorbimento del secondo motivo con il quale il ricorrente fa valere la violazione della norma codicistica in materia di restituzioni derivanti dalla pronunzia di risoluzione, in cui sarebbe incorsa la Corte distrettuale nel negare la retrocessione dell’immobile al deducente P. nei confronti del C.; del pari, il mancato riscontro – per le ragioni innanzi esposte- della domanda di risoluzione del P. assorbe la censura in esame anche in ordine alla denegata condanna al pagamento di somma pari ai canoni di locazione – quale manifestazione del diritto restitutorio conseguente alla risoluzione.

9 – Va invece accolto il terzo motivo, con il quale il ricorrente ha fatto valere l’erronea interpretazione della propria domanda di restituzione dell’immobile, assumendo la Corte territoriale che a stessa fosse collegata solo alla pronunzia di risoluzione del preliminare per inadempimento del C. – così da escluderne la M. che di quel contratto non era stata parte- e non piuttosto la carenza nella succitata controricorrente di un valido titolo.

9/a – Invero, dalla lettura della citazione in primo grado – a cui la Corte è anche questa volta legittimata, essendosi prospettata la violazione di norma sul procedimento (art. 345 c.p.c.) – emerge chiaramente che il P. indicò come stipulante il C. ma diede anche atto che l’immobile era passato, dopo l’esecuzione anticipata del preliminare e della separazione personale dalla M., nella disponibilità della moglie del predetto: da ciò se ne ricava che l’attuale ricorrente fece valere due titoli:

nei confronti del promissario acquirente, l’inadempimento del contratto preliminare; nei confronti della M., il proprio diritto dominicale, cui non si sarebbe validamente contrapposto un titolo in capo alla occupante.

9/b – La difettosa percezione dell’oggetto della domanda da parte del giudice del merito comporta la cassazione della sentenza ed il rinvio alla Corte di Appello – che si designa in quella dell’Aquila – per nuovo esame sul punto; il giudice del rinvio regolerà altresì le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte di Cassazione, accoglie per quanto di ragione il primo ed il terzo motivo di ricorso; dichiara inammissibili il secondo ed il quarto motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia per nuovo esame, nei termini di cui in motivazione, alla Corte d’Appello de L’Aquila, la quale provvederà altresì alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2011

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