Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5042 del 16/02/2022
Cassazione civile sez. II, 16/02/2022, (ud. 02/12/2021, dep. 16/02/2022), n.5042
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 148/2017 proposto da:
L.M.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati VITTORIO ANGIOLINI,
LUCA FORMILAN;
– ricorrente –
S.C.V.D.C., elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA PRATI DEGLI STROZZI 30, presso lo studio dell’avvocato DIEGO
ANTONIO MOLFESE, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCESCO MOLFESE;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 3442/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 16/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
02/12/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito l’Avv. VACIRCA SERGIO, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso principale e si riporta alle conclusioni in atti;
udito l’Avv. MALFESE DIEGO ANTONIO, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso e si riporta agli atti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo
e per il rigetto e/o l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso
principale, per il rigetto e/o l’assorbimento del ricorso
incidentale.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La vicenda, per quel che qui rileva, può sintetizzarsi nei termini riportati dalla sentenza n. 10989/2013 di questa Corte:
“Con atto di citazione notificato il 16-3-1990 S.C.V.D.C., premesso di avere acquistato dalla Finartgest s.r.l., in data 18-3-1986, l’intero piano sottotetto di uno stabile sito in (OMISSIS), conveniva dinanzi al Tribunale di Milano L.M.B., assumendo la nullità ed inefficacia dell’atto in data 14-3-1986, con cui la convenuta, apparentemente, aveva acquistato da B.L., rappresentato da C.A., una parte del sottotetto, costituita da n. 7 subalterni e da un terrazzo. L’attrice chiedeva, conseguentemente, la condanna della convenuta a corrisponderle un indennizzo per l’occupazione dei locali di cui sopra dal 1986 fino all’effettivo rilascio. Nel costituirsi, la L. contestava la fondatezza della domanda, assumendo la piena validità dell’atto di compravendita stipulato il 14-3-1986 e trascritto prima che l’attrice addivenisse all’acquisto dedotto in citazione.
A seguito di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza depositata il 4-6-2004 il Tribunale rigettava la domanda. Avverso la predetta decisione proponeva appello l’attrice. Con sentenza depositata il 14-4-2008 la Corte di Appello di Milano rigettava il gravame. La Corte territoriale, in particolare, discostandosi dalle valutazioni espresse dal C.T.U., accertava che il bene trasferito da B.L. alla convenuta con atto di compravendita del 14-3-1986 autenticata dal notaio Le. era costituito dalla porzione colorata in rosa nell’allegata planimetria, composta da n. 7 subalterni e dal terrazzo. Riteneva irrilevanti le deduzioni svolte dall’appellante, secondo cui la procura rilasciata al C. dalla Finartgest in data 16-9-1985 non comprendeva il mandato a vendere i beni che successivamente formarono oggetto del contratto 24-10-1985 C. (Finartgest) – B. e poi di quello B. – L. del 14-3-1986; e ciò in quanto la convenuta aveva acquistato in buona fede e ritenendo a tutti gli effetti che il C. rappresentasse il proprietario dei beni trasferitile. Osservava, comunque, che con la predetta procura l’amministratore della Finartgest aveva incaricato il C. di vendere l’immobile contraddistinto in catasto al mappale (OMISSIS) da (OMISSIS) e, quindi, l’intero sottotetto dello stabile di (OMISSIS). Faceva presente che la medesima indicazione di tutti i 12 subalterni del mappale (OMISSIS) era contenuta sia nell’atto del 24/10/1985 con il quale il B. aveva acquistato dalla Finartgest (rappresentata dal C.), sia nella coeva procura a vendere rilasciata dalla Finartgest al C., allegata all’atto del 14/3/1986. Aggiungeva che nessun effetto poteva avere la revoca della procura, intervenuta il giorno successivo al suo rilascio, sia per i medesimi motivi collegati all’art. 1398 c.c., sia perché tale procura era stata dichiarata “irrevocabile” ai sensi dell’art. 1723 c.c., in quanto rilasciata anche nell’interesse del procuratore.
Affermava, pertanto, che, poiché la convenuta aveva trascritto il proprio acquisto in data anteriore a quello rivendicato dalla S.C., e poiché tale trascrizione aveva avuto ad oggetto un bene reale ed effettivo, l’attrice non aveva diritto ad alcuna indennità per l’utilizzo dell’immobile”.
Per quel che qui è ancora d’utilità occorre ricordare che con la sentenza di cui sopra venivano accolti i primi due motivi del ricorso proposto da S.C.V.D.C.. Fra le medesime parti si era concluso, con la sentenza di questa Corte n. 19044/2010, altro
procedimento nel quale “si contro verteva in ordine
all’interpretazione ed alla portata della procura rilasciata dalla Finartgest al C. il 16-9-1985 e del conseguente atto di compravendita stipulato tra quest’ultimo (in rappresentanza della Finartgest) e B.L. in data 24-10-1985; atto a seguito del quale il B. ha venduto gli immobili acquistati alla L. per quanto interessa nel presente giudizio e ad altri soggetti per quanto oggetto dell’altro giudizio.
Orbene, nel citato procedimento è stato accertato che sia la procura irrevocabile in data 16-9-1985 rilasciata dalla Finartgest s.r.l. al C., sia l’atto di compravendita del 24-10-1985, intercorso tra il C., quale procuratore della Finartgest s.r.l., e B., avevano ad oggetto non già l’intero piano sottotetto dell’immobile sito in (OMISSIS), ma solo una limitata porzione di esso (corrispondente, secondo le indicazioni del C.T.U., a circa 10-11 mq) e, precisamente, quella che nei predetti atti era stata indicata con la lettera A”. Alla sentenza del 2010, concludeva la decisione del 2013, andava assegnata efficacia di giudicato riflesso, del quale occorreva tener conto e perciò la sentenza d’appello veniva cassata con rinvio.
1.1. Riassunto il processo, la Corte d’appello di Milano, quale giudice del rinvio, dichiarata l’inammissibilità della domanda di simulazione proposta da L.M.B., dichiarò “la nullità e l’inefficacia” dell’atto di compravendita del 14/3/1986 e la proprietà del bene in capo a S.C.D.C.V. in forza del contratto di compravendita del 18/6/1986; condannò L.M.B. al rilascio dell’immobile “oggetto dell’atto di compravendita del 14.3.86”; condannò la medesima a pagare alla controparte, a titolo d’indennità per l’occupazione dell’immobile, la somma di Euro 25.882,84; condannò, a sua volta, S.C.D.C.V. a pagare alla L. la somma di Euro 63.906,38, “a titolo di rimborso delle spese sostenute da quest’ultima nell’immobile”; compensate per 1/3 le spese di lite, condannò la S.V. al pagamento dei rimanenti 2/3.
2. L.M.B. ricorre avverso quest’ultima sentenza sulla base di nove motivi.
S.C.V.D.C. resiste con controricorso (ulteriormente illustrato da memoria con allegato), in seno al quale propone ricorso incidentale sulla base di due motivi.
La L. ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale e successiva memoria.
La S.C. ha successivamente depositato la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2207/2007 e la sentenza di Cassazione n. 19044/2010 e, separatamente, l’attestazione di passaggio in giudicato della sentenza del tribunale di Milano n. 10290/2018, già allegata alla memoria.
3. Il Procuratore generale ha depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 36,123 bis e 126 disp. att. c.p.c., Nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Sostiene la ricorrente che nel giudizio di rinvio non era stato possibile acquisire il fascicolo di primo grado, per essere stato questo macerato e la Corte locale, nonostante ciò aveva ugualmente deciso la causa, menomando il diritto di difesa della esponente (nel fascicolo andato distrutto erano contenuti due atti rilevanti: l’ordinanza con la quale il giudice aveva disposto l’integrazione del contraddittorio e gli atti afferenti alla svolta ctu.
1.1. La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
Va osservato che la Corte locale, come riporta la controricorrente, dispose, con ordinanza del 25/2/2016, la ricostituzione del fascicolo, invitando le parti al deposito della copia degli atti in loro possesso e, per contro, non viene specificato in cosa sia consistito il “vulnus” patito dalla ricorrente.
Peraltro, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado non costituisce condizione essenziale per la validità del giudizio d’appello e la mancata acquisizione non può essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione, tranne che si prospetti specificatamente che da detto fascicolo risultano elementi idonei a condurre ad una diversa soluzione, nel qual caso il vizio ipotizzabile non è quello della nullità del procedimento d’appello o della sentenza impugnata, bensì quello del difetto di motivazione (Sez. 3, n. 4492, 21/04/1995, Rv. 491962).
2. A questo punto conviene esaminare il secondo, il quinto e il sesto motivo, accomunati dallo stesso destino e per la medesima ragione.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 102,03 e 107 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in quanto, nonostante che in primo grado fosse stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Finartgest, B.L. e C.A., l’atto d’appello, il ricorso per cassazione e l’atto di riassunzione non erano stati notificati ai predetti chiamati.
2.2. Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1414,1415,1416,1417,1418,1421 e 1422 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Assume la ricorrente che la stessa in sede di precisazione davanti al Giudice del rinvio e con la successiva comparsa conclusionale aveva dedotto la simulazione e, comunque, l’illiceità della causa dell’atto di compravendita del 10/7/1986 e su una tale domanda la Corte di Milano nulla aveva riferito.
2.3. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per non avere il Giudice del rinvio preso in considerazione la richiesta di declaratoria di nullità per violazione della norma evocata a cagione d’interventi abusivi sul manufatto.
2.4. Le tre censure immediatamente sopra riportate ignorano del tutto che la sentenza qui impugnata risulta essere stata emessa in sede di rinvio dopo un precedente pronunciamento di cassazione e pertanto non superano il vaglio d’ammissibilità.
Il giudizio di rinvio a seguito di cassazione è a perimetro chiuso, venendo demandato al giudice di esso la definizione della causa, restando all’ipotesi che qui rileva dell’annullamento per violazione o falsa applicazione di legge, attenendosi al principio di diritto enunciato, esplicitamente o implicitamente, dalla Corte di legittimità, restando, inoltre, definitivamente non più censurabili gli ambiti decisori che trovino soluzione (assorbimento improprio) nella pronuncia di cassazione; conseguendo da ciò che i limiti e l’oggetto del giudizio di rinvio sono fissati esclusivamente dalla sentenza di cassazione, la quale non può essere sindacata o elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile dal giudice del rinvio neanche alla stregua di arresti giurisprudenziali successivi della corte di legittimità (Sez. 2, n. 27343, 29/10/2018, Rv. 651022; conf. Cass. n. 8225/2013).
Le ragioni di una tale conseguenza risiedono, come, peraltro, è ovvio, nella necessità di assicurare l’intangibilità di quelle parti della statuizione di merito non travolte dall’annullamento e, allo stesso tempo, la irrevocabilità della pronuncia di cassazione.
Questa Corte ha condivisamente spiegato che il giudizio di rinvio deve svolgersi entro i limiti segnati dalla sentenza di annullamento e non si può estendere a questioni che, pur non esaminate specificamente, in quanto non poste dalle parti o non rilevate d’ufficio, costituiscono il presupposto logico – giuridico della sentenza stessa, formando oggetto di giudicato implicito ed interno, poiché il loro riesame verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio della loro intangibilità, con la conseguenza che deve escludersi la possibilità per il giudice del rinvio di sindacare la improponibilità della domanda, dipendente da qualunque causa, anche da inosservanza di modalità o di termini, pur essendo la stessa rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del processo (Sez. 6, n. 7656, 04/04/2011, Rv. 617561).
Le tre doglianze si scontrano irrimediabilmente con l’esposto principio.
Inoltre, e più nello specifico, va osservato che la Corte del rinvio, proprio per la novità della pretesa, giudicò inammissibile la domanda di simulazione.
Il vizio di nullità – in tesi conseguente alla mancata rilevazione del difetto di integrità del contraddittorio – della sentenza di legittimità con cui è stata disposta la cassazione con rinvio della decisione impugnata non è deducibile nella fase di rinvio e, quindi, neppure con il ricorso avverso la relativa sentenza, essendo inapplicabile alle sentenze di cassazione il rimedio, apprestato dall’art. 161 c.p.c., della conversione della nullità in mezzo d’impugnazione (Sez. 1, n. 25174 del 28/11/2011, Rv. 620584).
La pretesa nullità per violazione della L. n. 47 del 1985, che già solo per le già ripetute ragioni giammai potrebbe scrutinarsi, si presenta sommamente aspecifica sotto il profilo del difetto di autosufficienza, non essendo dato sapere dove quando la domanda sarebbe stata posta e, a maggior ragione, quale ne sarebbe stato il suo precipuo contenuto.
Peraltro, la controricorrente ha depositato la sentenza, con attestazione d’irrevocabilità, che, in altro giudizio intercorso tra le medesime parti, ebbe a rigettare la domanda di nullità avanzata dalla L., la quale aveva asserito la violazione della predetta legge. E’ appena il caso di soggiungere che un tal deposito non impinge nel divieto di cui all’art. 372 c.p.c., essendo diretto alla dimostrazione di un giudicato esterno (cfr. Sez. 2, n. 1534, 22/1/2018).
5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1388 e 1398 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Si assume che “almeno una porzione di sottotetto sia stato validamente acquistata dalla Sig.ra L. con il rogito del 16 marzo 1986” e ciò era stato dedotto dalla medesima nei vari gradi del giudizio. L’asserto trovava conferma nella ctu, che era stata pienamente recepita dalla sentenza di cassazione, la quale aveva puntualizzato che “sia la procura irrevocabile in data 16.9.1985 rilasciata dalla Finartgest srl al C. sia l’atto di compravendita del 24.10.1985 intercorso fra il C., quale procuratore della Finartgest srl, e il B. avevano ad oggetto non già l’intero sottotetto dell’immobile (…) ma solo una limitata porzione di esso (corrispondente, secondo le indicazioni del CTU, a circa 10-11 mq) e precisamente quella che nei predetti atti era stata indicata con la lettera A”. Ma la Corte del rinvio aveva affermato non potersi accogliere la domanda della esponente “avente ad oggetto la declaratoria di proprietà di una parte dell’immobile di cui all’atto di compravendita de qua, posto che ciò che può essere accertato nel presente giudizio è solo l’inefficacia dell’atto di compravendita del 14.3.1986 tout court e non alcun altro scorporo di porzione”.
Spiega la ricorrente che, anche ad ammettere che debba accogliersi la domanda della S.C., diretta ad affermare l’invalidità del titolo d’acquisto della L., è certo che una tale invalidità non poteva riguardare “tutto l’oggetto della compravendita immobiliare del 16 marzo 1986, ma solamente una sua parte”. Poiché dalla sentenza di cassazione discendeva solo l’invalidità di una parte dell’oggetto della compravendita la condanna al rilascio dell’intero doveva reputarsi ingiusta.
5.1. La doglianza è fondata nei limiti di cui appresso.
Questa Corte, come correttamente riportato dalla ricorrente, ha circoscritto (sulla base degli effetti riflessi del richiamato giudicato) la parte di disposizione posta in essere dal C., eccedendo la procura al medesimo rilasciata dalla Finartgest, nel vendere l’immobile, per conto della rappresentata, al B. e solo per quella parte la successiva vendita dal B. alla L. avrebbe potuto considerarsi invalida.
Ora, se è pur vero che il giudizio di rinvio non poteva prendere in esame la domanda di accertamento della proprietà della parte residua in capo alla L., trattandosi di domanda nuova, la Corte locale, tuttavia, non avrebbe potuto dichiarare “la nullità e l’inefficacia” dell’intero atto d’acquisto del 14/3/1986 della L., non potendo il giudizio d’invalidità riguardare quella parte del piano sottotetto per la quale il C. aveva il potere di disporre per conto della Finartgest (quella parte indicata sub “A” nei titoli).
6. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 832 e 948 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per avere la sentenza impugnata dichiarato la proprietà dell’intero immobile in capo alla controparte, declaratoria non giustificata dalla pronuncia d’inefficacia del contratto stipulato dalla L.. Inoltre, la decisione non teneva conto del fatto che, come spiegato nel precedente motivo, una porzione dell’immobile risultava essere stata legittimamente acquistata dall’esponente.
6.1. La doglianza è fondata nei limiti di cui appresso.
La ricorrente non ha interesse a dolersi della declaratoria di proprietà in favore di S.C.V.D.C. per quella parte dell’immobile in relazione alla quale non può vantare titolo alcuno per le ragioni che si son viste.
Diversamente va detto, riprendendo gli argomenti di cui al terzo motivo, per quella parte dell’immobile legittimamente alienato alla ricorrente e sul quale la controparte non può vantare titolo alcuno.
7. Con il settimo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1148,2033 e 2041 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Afferma la ricorrente che la prima sentenza d’appello aveva rigettato la domanda con la quale la controparte aveva chiesto la condanna all’indennità per l’occupazione dell’immobile da parte della L. e poiché il rigetto non era stato impugnato davanti alla Corte di cassazione, esso era divenuto intangibile.
Inoltre, prosegue la ricorrente, la condanna al pagamento dell’indennità risultava ingiusta a cagione della sua genericità, non essendo dato cogliere si trovasse fondamento nell’art. 2033 o negli artt. 2041,2043 e 1148 c.c..
L’indennità non poteva decorrere dalla dall’inizio della detenzione, bensì dalla domanda; non era stata data prova del danno; avrebbe dovuto far riferimento solo a una parte dell’immobile; infine, la controparte non avrebbe potuto locare l’immobile poiché l’accesso insisteva sulla parte in proprietà esclusiva della ricorrente.
7.1. La doglianza è solo in parte fondata.
Il rigetto della domanda di condanna al pagamento dell’indennizzo, confermata nel primo giudizio d’appello, per l’occupazione senza titolo avanzata dalla S.C., era ovviamente dipendente dal rigetto della domanda principale di costei, volta alla declaratoria d’invalidità del contratto stipulato dalla L. e all’affermazione della titolarità del bene in capo alla medesima; di conseguenza davanti al giudice del rinvio, una volta cassata la pronuncia d’appello che aveva disatteso la domanda principale, non era necessario riproporre espressamente quella subordinata, da intendersi, salvo rinuncia, riproposta, stante che nel giudizio di rinvio le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata e ogni riferimento – da loro fatto – a domande ed eccezioni pregresse e, in genere, alle difese svolte ha l’effetto di richiamare univocamente e integralmente domande, eccezioni e difese assunte e spiegate nel giudizio. Infatti, l’atto di riassunzione e’, di per sé, sufficiente a ricollocare le parti nella posizione che avevano assunto nel giudizio conclusosi con la sentenza annullata e, essendo escluso che – ex art. 125 disp. att. e artt. 392,394 e 414 c.p.c. -, ai fini della validità dell’atto, sia richiesta una specifica indicazione del “petitum”, la domanda originaria si intende riproposta e su questa deve provvedere il giudice di rinvio, indipendentemente dall’assunzione di specifiche conclusioni in tal senso (Sez. 5, n. 14616, 01/10/2003, Rv. 567259; conf., ex multis, Cass. n. 108472005).
Nel merito della pretesa deve osservarsi che la prospettazione di genericità della domanda è priva di fondamento: avendo la S.C. chiesto di essere indennizzata per l’occupazione senza titolo della controparte, spettava al giudice risalire alla disciplina applicabile.
La Corte di merito ha fatto decorrere l’indennizzo dall’inizio della detenzione, senza, tuttavia, dar mostra di avere vagliato la vicenda alla luce dell’art. 1148 c.c.. Sul punto, pertanto, la sentenza deve essere cassata, spettando al giudice del rinvio verificare l’esatta decorrenza sulla base della norma richiamata.
Merita ulteriore censura la sentenza in esame per non avere specificato di aver tenuto conto nel computo dell’indennità della circostanza che per una parte il locale era nel legittimo possesso della L..
Nel resto la doglianza evoca inammissibile riesame di merito.
8. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2033,2036 e 2041 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per avere la sentenza impugnato disposto la restituzione solo di una parte delle spese sostenute dall’esponente per la ristrutturazione dell’immobile.
8.1. La doglianza è inammissibile.
Piuttosto palesemente le critiche, nella sostanza, risultano inammissibilmente dirette al controllo motivazionale, in spregio al contenuto dell’art. 360, c.p.c., vigente n. 5, in quanto, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459).
La Corte d’appello, invero, con giudizio di merito in questa sede insindacabile, ha reputato che solo una parte degli esborsi allegati dalla L. fossero riconducibili alla ristrutturazione dell’immobile di cui si discute; la ricorrente invoca, nella sostanza, un atipico riesame del vaglio di merito, peraltro, sulla base di una prospettazione aspecifica, sotto il profilo del difetto d’autosufficienza.
Infine, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie 8S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831). Fatto storico che la ricorrente confonde con l’apprezzamento delle prove.
9. Con il nono motivo si deduce “violazione o falsa applicazione dei principi generali in materia di soccombenza processuale e delle disposizioni che regolano la rifusione delle spese legali”, nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, dovendosi giudicare ingiusta la condanna alla rifusione dei 2/3 delle spese legali, perché priva di fondamento e sproporzionata (la decisione non teneva conto del fatto che la esponente era risultata vittoriosa in primo e in secondo grado).
9.1. La doglianza resta assorbita dall’epilogo di cassazione con rinvio.
10. Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione degli artt. 1148,1151,1479,936,937,2033-2036, 2041,2697 c.c., sotto due profili.
10.1. Con il primo profilo la ricorrente incidentale lamenta che la Corte di Milano l’ha condannata al pagamento della somma di Euro 63.906,38, nonostante che la controparte non avesse mai specificato la causa petendi della sua pretesa, se, in particolare, si trattasse di risarcimento, indennità o di altro titolo, avendo solo in sede di rinvio fatto riferimento agli artt. 2033,2036,2041 c.c., con la conseguenza che la esponente non aveva potuto contraddire la pretesa, del quale ignorava il fondamento.
Inoltre, la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del fatto che la L. aveva goduto personalmente delle spese eseguite, avendo usufruito dell’immobile per trentuno anni, della vetustà degli interventi, della mancanza di autorizzazione da parte della proprietaria, della differenza tra indennizzo e integrale restituzione. A riguardo di quest’ultimo profilo, evidenzia la ricorrente, che in via di subordine, l’indennizzo non avrebbe potuto esuberare “l’effettivo aumento patrimoniale residuo” e, comunque, ai sensi dell’art. 2041 c.c., l’indennità doveva consistere nella minor somma tra l’arricchimento e la diminuzione patrimoniale.
Andava considerato che veniva in rilievo la disciplina di cui all’art. 936 c.c., regolante la costruzione su suolo altrui.
Infine, si soggiunge che, ai sensi degli artt. 1478 e 1479 c.c., legittimato passivo era il solo B..
10.1.1. L’esposto profilo di censura è fondato nei limiti di cui appresso.
10.1.2. La prospettazione secondo la quale, a cagione della indeterminatezza della domanda, l’esponente non era stata posta in condizione di difendersi, non merita di essere accolta. Da quel che riporta la sentenza di rinvio non par dubbio che la pretesa della L., coltivata sin dal primo grado, volta alla restituzione della somma dalla medesima impiegata per ristrutturare l’immobile, delineava a sufficienza la ragione della domanda, che, in assenza di altro titolo, non può che trovare fondamento nell’art. 2041 c.c.. Ne’ la ricorrente incidentale ha puntualmente allegato in che cosa sia consistito il “vulnus” processuale che avrebbe patito.
10.1.3. Ciò posto, tuttavia, la decisione appare errata per non aver dato mostra di aver fatto applicazione dei criteri legali di cui all’art. 2041 c.c., essendosi la Corte locale limitata a condannare la S.C. a rimborsare quanto speso dalla L.. Per contro, sulla base del precetto normativo richiamato, avrebbe dovuto disporre la liquidazione nella minor somma tra l’arricchimento ricevuto da chi si sia avvantaggiato della prestazione senza causa, e la diminuzione patrimoniale subita da chi ne sia stato impoverito (Sez. L., n. 8752, 26/6/2001, Rv. 547769). Ovviamente, sulla base di quel che si è detto, l’arricchimento della S.C. dovrà essere misurato in relazione a quella parte del locale di sua proprietà.
Alla luce del principio di diritto sopra enunciato restano assorbite le critiche mosse dalla ricorrente incidentale in ordine alla quantificazione del rimborso, il quale, dovrà soggiacere al criterio legale sopra riportato, che impone l’obbligo di corrispondere la minor somma tra lo speso e l’effettivo arricchimento; essendo chiaro che quest’ultimo non può non tener conto dello stato attuale dell’immobile.
Il profilo, con il quale la ricorrente incidentale lamenta, ancora una volta che la Corte di Milano non aveva tenuto conto del fatto che i lavori effettuati dalla controparte avevano oramai consumato, a cagione della loro vetustà, ogni utilità, resta assorbito alla luce di quanto sopra chiarito.
10.1.4. La disciplina di cui agli artt. 936 e 937 c.c., risulta evocata a sproposito, non vertendosi nella fattispecie descritta dalla disciplina invocata.
10.2. La pretesa di veder negare la propria legittimazione passiva, assegnandola al solo B. e’, all’evidenza, priva di giuridico fondamento. Quali che siano i rapporti tra la L. e quest’ultimo e quale che sia la responsabilità del medesimo, quel che qui rileva è che la L., dovendo rilasciare l’immobile in favore della S.C., chiede che costei venga condannata al rimborso di quanto speso per migliorare e ristrutturare il bene.
11. Il secondo motivo, con il quale la ricorrente incidentale deduce violazione dei D.M. n. 127 del 2004, D.M. n. 140 del 2012 e D.M. n. 55 del 2014, in relazione al capo delle spese, resta assorbito dall’epilogo.
12. Per le esposte ragioni e nei limiti di esse la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, rimettendosi al giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
accoglie il terzo, il quarto e il settimo motivo del ricorso principale nei limiti di cui in motivazione; dichiara inammissibili il primo, il secondo, il quinto, il sesto e l’ottavo e dichiara assorbito il nono motivo;
accoglie il primo motivo del ricorso incidentale nei limiti di cui in motivazione e dichiara assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022