Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5038 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 25/02/2020), n.5038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20795-2015 proposto da:

ASSOCIAZIONE POLISPORTIVA VALNATISONE 2 RUALIS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, C.M., entrambi elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

LUCIANO SANDRINI;

– ricorrenti –

contro

P.C., Z.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA

MAZZA RICCI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MICHELA BACCHETTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 110/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 21/05/2015, R. G. N. 277/2013.

Fatto

RILEVATO

1. Z.F. e P.C., insieme ad altri, convenivano in giudizio l’Associazione Polisportiva Valnatisone 2 e C.M., quest’ultimo quale persona che aveva agito per conto dell’ente, esponendo di avere prestato la propria opera, consistita nel gestire corsi di ginnastica e fitness in favore dell’Associazione, sulla base di un rapporto di collaborazione mai formalizzato per iscritto; deducevano di avere concordato con il C. un compenso orario commisurato a vari parametri e che non tutte le prestazioni erano state effettivamente compensate; deducevano, in particolare, che sulla base dei corrispettivi previsti da un tariffario consegnato dal C. nel corso di una riunione lo Z. era rimasto debitore di somme per complessivi Euro 1.400,00; la P. era rimasta debitrice della differenza tra quanto percepito e quanto spettante ai sensi dell’art. 36 Cost., in ragione della natura asseritamente dipendente del rapporto in questione o, in subordine, di somme dovute per l’attività svolta nelle scuole, per l’attività nel campo del fitness e della ginnastica in relazione a vari periodi, nonchè di ulteriori somme a titolo di compenso e rimborso spese per la partecipazione al (OMISSIS);

2. che il giudice di primo grado respingeva la domanda condannando i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite;

3. che, per quel che qui rileva, la Corte di appello di Trieste, in parziale accoglimento dell’appello incidentale dello Z. e della P., ha condannato la Associazione al pagamento in favore del primo della somma di Euro 210,00 ed in favore della seconda della somma di Euro 4.292,08, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; ha compensato nella misura della metà le spese del doppio grado e posto il residuo a carico dell’Associazione e del C., in solido;

3.1. che, il giudice di appello, rilevata la carenza di prova in ordine alle prestazioni asseritamente effettuate in più, nonchè in ordine alla determinazione dei relativi compensi sulla base del “tariffario” invocato dagli originari ricorrenti, ha riconosciuta il diritto di questi alle somme richieste a titolo di saldo in relazione alle prestazioni effettuate dallo Z. e dalla P. nell’entità ammessa dall’Associazione e dal C.; tenuto conto dei dati emergenti dalle tabelle allegate alla relazione peritale, non oggetto di specifica e analitica contestazione, ha, quindi, osservato che la sostanziale corrispondenza fra credito maturato e somme corrisposte nelle annate 2003/2004 portava a concludere, “in via indiziaria”, che le parti avessero adottato la prassi di saldare l’ultimo periodo di ciascuna annata nel corso dell’anno successivo; ciò induceva a ritenere, quanto allo Z., che l’attività svolta nel 5 periodo dell’annata 2003/2004 non era stata compensata; nè tale ricostruzione risultava smentita dal fatto che lo Z., a fronte di un credito relativo al 3 e al 4 periodo dell’annata 2001/2002 (di importo inferiore) avesse ricevuto il maggior importo di Euro 1.375,00; ciò in quanto nessuna parte aveva mai affermato che le prestazioni degli istruttori venissero compensate in anticipo; la maggiore somma risultata corrisposta in più rispetto alle stesse allegazioni e prospettazioni delle parti non poteva che essere imputata a crediti pregressi dello Z.. Quanto alla posizione della P., adottando il criterio più prudenziale di considerare a credito della lavoratrice il minor compenso affermato dall’Associazione e dal C. e di scomputare tutti i pagamenti da questi ultimi allegati in causa, il residuo ancora dovuto risultava pari a Euro 4.292,08, quale differenza fra i compensi maturati nel periodo 2000/2004 ed i pagamenti risultati effettuati;

4. che per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso l’Associazione Polisportiva e C.M. sulla base di quattro motivi dei quali i primi tre relativi alla posizione dello Z. ed il quarto alla posizione della P.; gli intimati hanno resistito con tempestivo controricorso;

4.1. che i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380- bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. Che con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, rappresentato dalla esistenza di un credito e non di un debito a favore dell’Associazione e del C.. La sentenza aveva omesso di esplicitare il saldo dei crediti complessivamente maturati e dei pagamenti effettuati lungo tutta la durata del rapporto Tale omissione concerneva i dati riportati in una delle tre tabelle richiamate nella sentenza impugnata e dalla quale risultava una posizione creditoria e non debitoria in favore del C.;

2. che con il secondo motivo parte ricorrente, deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere officiosamente introdotto in causa e ritenuto provato un controcredito dello Z. mai nemmeno allegato dalle parti. In particolare, si duole che la Corte di merito, ritenuto in via indiziaria che i pagamenti dei compensi relativi al quinto periodo di collaborazione di ogni anno venissero saldati l’anno dopo e che i pagamenti anticipati non andassero comunque imputati al pagamento di quei compensi, aveva affermato che la esistenza di pagamenti sovrabbondanti non poteva che essere imputata a crediti pregressi dello Z., circostanza questa non allegata da alcuna delle parti ed in particolare dallo Z. che non aveva mai dedotto la esistenza di debiti pregressi riferiti all’inizio del rapporto, nel gennaio 2002, rivendicando, al più, maggiori crediti per gli anni successivi;

3. che con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 2727 c.c.; censura la sentenza impugnata per avere ritenuto il mancato pagamento di compensi in favore dello Z. nonostante la provata esistenza di un credito a favore della controparte, “ovvero in base ad una inammissibile presunzione ovvero travisando le risultanze processuali”. Si contesta il ricorso al ragionamento presuntivo per difetto dei relativi presupposti; in particolare, si contesta il ricorso alla doppia presunzione fondato sulla ritenuta, in via indiziaria, modalità di saldo dei crediti relativi all’ultimo periodo di ciascuna annata. Si deduce, inoltre, travisamento dei fatti evidenziando che il consulente tecnico d’ufficio, nella relazione peritale aveva registrato come tutte le parti, sia lo Z. che i resistenti, avessero imputato il pagamento di Euro 800,00 del 9.4.2002 ai compensi del 4 e 5 periodo dell’annata 2001/2002;

4. che con il quarto motivo, relativo alla posizione della P., deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dal pagamento in favore della creditrice, pagamento dalla stessa ammesso, di somme superiori a quelle provate come dovute, oggetto di discussione tra le parti; assume, in particolare, che sarebbero state pretermesse le dichiarazioni confessorie della P. rilevate dal consulente tecnico d’ufficio relative ai maggiori pagamenti ricevuti. In relazione alla posizione della P. la sentenza impugnata aveva premesso che la divergenza fra le parti riguardava non tanto il numero di ore di lavoro ma l’entità dei compensi dovuti e pagati; adottando anche per la P. il criterio prudenziale di considerare a credito della lavoratrice il minor compenso affermato dall’Associazione e dal C. e di scomputare tutti i pagamenti da questi ultimi allegati in causa, il credito residuo risultava pari a Euro 4.292,08. Parte ricorrente deduce, inoltre, violazione dell’art. 115 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere errato il giudice del merito nel riportare in sentenza i dati esposti nella ctu” senza disconoscere di tali dati la fondatezza”.

5. che il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto parte ricorrente non identifica, come prescritto dall’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il fatto storico-fenomenico il cui omesso esame avrebbe viziato la motivazione alla base del riconoscimento in favore dello Z. delle somme liquidate in seconde cure. Tale fatto, in particolare, non potrebbe essere costituito, come si prospetta, dalla esistenza di un saldo in favore della Associazione e del C., saldo risultante dalla tabella riprodotta nella sentenza impugnata a pagina 8. Tale tabella si limita, infatti, a porre a confronto le posizioni delle parti sul numero di ore effettuate, sul dovuto e sul pagato in relazione al periodo 2001/2004 e, quindi, non esprime intrinsecamente alcun accertamento a riguardo. In ogni caso, la esistenza, sulla base delle contrapposte posizioni delle parti, di un pagamento effettuato dal C. in relazione al periodo 2001/2002 per un importo maggiore rispetto al numero di ore dichiarate come effettuate nel medesimo anno dallo Z., è stata espressamente presa in considerazione dalla Corte di merito la quale ha ritenuto che tale pagamento era destinato a soddisfare un credito dello Z. diverso da quello rivendicato nel presente giudizio;

6. che il secondo motivo di ricorso è inammissibile. La deduzione di violazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere lo Z. mai allegato, prima che provato, la esistenza di crediti pregressi nei confronti dell’Associazione e del C., non è sorretta dalla trascrizione degli atti difensivi delle parti tale da evidenziare la violazione (rectius falsa applicazione), della norma in esame. In particolare, non viene dimostrato, mediante la trascrizione degli atti di pertinenza, quali erano state le allegazioni delle parti in relazione alle modalità di pagamento e soprattutto delle relative cadenze temporali, circostanza valorizzata dalla Corte di merito nel riconoscere il residuo credito dello Z.;

7. che il terzo motivo è inammissibile. La sentenza impugnata ha premesso che le prove acquisite non avevano consentito di fare piena luce e completa e definitiva chiarezza sulla consistenza delle (maggiori) prestazioni, asseritamente rese dallo Z. e dalla P., rispetto a quanto ammesso dai convenuti, e sul valore da attribuirsi al tariffario in ordine alla volontà delle parti di adottarlo come parametro di riferimento. Ha, quindi, osservato che tali considerazioni non esaurivano la materia del contendere avendo lo Z. e la P. allegato di non avere comunque ricevuto il saldo delle loro spettanze. Al fine della relativa ricostruzione, come già evidenziato, ha affermato di attenersi al numero delle ore di lavoro ed ai corrispettivi orari di cui avevano dato atto i convenuti in primo grado e verificato che le date dei pagamenti e la sostanziale corrispondenza fra credito maturato e somme corrisposte nelle annate 2002/2003 e 2003/2004 inducevano, in via indiziaria, a ritenere che le parti avessero adottato la prassi di saldare l’ultimo periodo di ciascuna annata nel corso di quella successiva; in base alla richiamata ricostruzione ha escluso che l’attività svolta dallo Z. nel 5 periodo dell’annata 2003/2004 fosse stata pagata, non essendovi prova di versamenti successivi al 5 maggio 2004 “non avendo mai le parti dedotto che vi fossero pagamenti anticipati”. In questa prospettiva ha ritenuto che il pagamento del maggior importo di Euro 1.375,00 rispetto al minor credito rivendicato dal Z. relativo al 3 e 4 periodo dell’annata 2001/2002 non potesse che essere imputato a crediti pregressi dello Z. non avendo nessuna delle parti affermato che le prestazioni erano compensate in anticipo;

7.1. che la deduzione di violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. è inidonea alla valida censura della decisione alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 27000 del 2016), questioni queste ultime neppure formalmente prospettate dalle parti;

7.2. che la deduzione di violazione dell’art. 2727 c.c., prospettata in relazione all’accertamento relativo alla esistenza della prassi secondo la quale i crediti dello Z., maturati in relazione all’ultimo periodo di ciascuna annata, erano saldati nel corso dell’anno successivo, risulta inammissibile avendo questa Corte chiarito che in tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass.. 1234 del 2019, Cass. n. 1216 del 2006);

7.3. che nell’accertamento alla base del decisum non è configurabile alcuna praesumptio de praesumpto, in quanto l’assunto dell’esistenza di un credito residuo in favore dello Z. scaturisce direttamente dal rilevo dell’assenza di prova dell’avvenuto pagamento dei compensi del quinto periodo 2003/2004;

8. che il quarto motivo, che concerne la posizione della P., è inammissibile per la dirimente considerazione che non viene riportato, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il contenuto delle dichiarazioni asseritamente confessorie della P., “rilevate dalla C.T.U. e relative ai maggiori pagamenti ricevuti”, destinate, in tesi, a incrinare l’accertamento del dovuto da parte del giudice di secondo grado. I rilievi formulati all’accertamento contabile del consulente tecnico d’ufficio e le pretese difformità con quanto ritenuto in sentenza sono parimenti inammissibili in difetto di trascrizione delle pertinenti parti della relazione peritale dalle quali evincere in che modo l’ausiliare sia pervenuto alla ricostruzione contabile, nonchè della trascrizione degli atti dai quali risultavano le allegazioni delle parti in ordine alle prestazioni effettuate, ai compensi dovuti, ed i pagamenti destinati alla relativa remunerazione; quanto alla deduzione di violazione dell’art. 115 c.p.c. risulta inammissibile per le ragioni già esplicitate al paragrafo 7.1.;

9. che al rigetto del ricorso segue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite;

10. che sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte degli odierni ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione in favore della parte controricorrente delle spese di lite che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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