Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5037 del 01/03/2011

Cassazione civile sez. II, 01/03/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 01/03/2011), n.5037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16013-2005 proposto da:

DE.MA.LU.MA. (OMISSIS), D.M.F.

(OMISSIS), D.M.A.A. (OMISSIS) il

primo in proprio e gli altri in qualità di eredi e successori

universali di D.M.L. e di P.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 290, presso lo studio

dell’avvocato CARBONE PAOLO, rappresentati e difesi dagli avvocati

ZOMPI’ FRANCESCO, BALENA GIAMPIERO;

– ricorrenti –

contro

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PALOISI 29, presso lo studio dell’avvocato TEMPESTA BRUNO,

rappresentato e difeso dall’avvocato D’AMBROSIO FRANCESCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 691/2004 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 20/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2011 dal Consigliere Dott. MAZZACANE Vincenzo;

udito l’Avvocato ZOMPI’ FRANCESCO difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e della memoria;

udito l’Avvocato D’AMBROSIO FRANCESCO difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 12-10-1993 M.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce D.M. L. ed D.M.A. assumendo che con sentenza del 25-4- 1991 l’attore era stato dichiarato figlio naturale di D.M. O., nato a (OMISSIS) ed ivi deceduto il (OMISSIS); aggiungeva che con testamento olografo del 16-7-1983. D. M.O. aveva istituito suo erede universale il fratello D.M.L. ed aveva legato in nuda proprietà al figlio di costui, D.M.A., la casa sita al primo piano di via (OMISSIS) ed il negozio di via (OMISSIS) con l’usufrutto in favore del padre.

L’attore, rilevato che aveva diritto ai sensi dell’art. 566 c.c. a succedere al padre naturale, chiedeva la revoca delle disposizioni testamentarie suddette effettuate dal “de cuius” a favore del fratello e del nipote, nonchè l’attribuzione in proprietà di tutti i beni relitti da D.M.O., e la condanna di costoro alla restituzione delle somme percette come facenti parte dell’asse ereditario.

I convenuti costituitisi in giudizio chiedevano il rigetto delle domande attrici; premesso di aver accettato l’eredità di D.M. O. e di esserne entrati in possesso alla pubblicazione del menzionato testamento olografo, deducevano che, dopo che il M. aveva iniziato un’azione per il riconoscimento del suo stato di figlio naturale del testatore, essi avevano concluso il 22-5- 1985 una transazione con quest’ultimo in base alla quale costui aveva rinunciato a tutti i diritti di natura patrimoniale (ivi compresi quelli successori) derivanti dal suo preteso stato di figlio naturale, mentre gli esponenti gli avevano versato la somma di L. 130.000.000 impegnandosi a non contrastare l’azione intrapresa ex art. 274 c.c.; pertanto con la suddetta transazione l’attore aveva rinunciato convenzionalmente a diritti patrimoniali disponibili.

Il processo veniva interrotto per la morte di D.M.L. e poi riassunto nei confronti dei suoi eredi.

Il Tribunale adito con sentenza del 28-8-2001 accoglieva la domanda del M. e per l’effetto dichiarava che costui era erede legittimo di D.M.O. e dichiarava revocate di diritto le disposizioni a titolo particolare ed universale fatte in favore di D.M.L. e di D.M.A..

Proposto gravame da parte di De.Ma.Lu. e di D.M. F. quali eredi di D.M.L. e di P.M. e da parte di D.M.A. in proprio e nella suddetta qualità cui resisteva il M. che spiegava appello incidentale la Corte di Appello di Lecce con sentenza del 20-11-2004 ha rigettato l’appello principale ed ha disposto con separata ordinanza per l’ulteriore istruzione in ordine all’appello incidentale.

Per la cassazione di tale sentenza D.M.A., De.Ma.

L. e D.M.F., gli ultimi due nella qualità di eredi di D.M.L. e di P.M., hanno proposto un ricorso basato su di un unico articolato motivo cui il M. ha resistito con controricorso; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente devono essere esaminate due eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c..

Sotto un primo profilo il M. assume che gli attuali ricorrenti in data 18-6-2007 hanno proposto al Presidente del Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Casarano, un ricorso per l’emissione di un decreto di ingiunzione nei confronti dell’esponente relativo al pagamento di Euro 67.139,39 quale capitale iniziale e di Euro 81.583,56 quali interessi legali maturati a titolo di restituzione della somma ricevuta dal M. con la convenzione del 22-5-1985 dichiarata nulla dai giudici di merito; aggiunto che con decreto del 21-6-2007 dichiarato provvisoriamente esecutivo il ricorso era stato accolto e che tale provvedimento in data 28-6-2007 era stato notificato all’esponente insieme al precetto di pagamento, il M. sostiene che in tal modo si è verificata una situazione di assoluta incompatibilità tra il ricorso proposto in questa sede relativo al riconoscimento della validità ed efficacia della convenzione del 22-5-1985 ed il ricorso per decreto ingiuntivo sopra menzionato, che invece presupponeva la nullità della convenzione medesima; pertanto secondo il controricorrente, essendo venuto meno il contrasto tra le parti sulla validità o meno della convenzione in oggetto, deve ritenersi che sia sopravvenuta una rinuncia al ricorso per cassazione.

L’eccezione è infondata.

Dall’esame del ricorso per decreto ingiuntivo predetto (depositato dal controricorrente ai sensi dell’art. 372 c.p.c.) si rileva che tale provvedimento monitorio è stato chiesto dagli attuali ricorrenti perchè, dopo che la Corte di Appello di Lecce con sentenza definitiva del 19-3-2007 aveva disposto il trasferimento in favore del M. degli immobili costituenti l’asse ereditario di D.M.O. nonchè delle somme di denaro pure facenti parte dell’eredità, detratti gli importi già ricevuti in esecuzione della transazione ritenuta nulla, l’esecuzione della sentenza suddetta, avvenuta in data 30-5-2007, aveva riguardato la totalità dei beni ereditari pregiudicando così le ragioni di A., Lu. e D.M.F. i quali, in caso di alienazione dell’asse a terzi da parte del M., non avrebbero potuto neppure recuperare il denaro versato in esecuzione della transazione, che lo stesso ingiunto aveva chiesto essere detratto da quanto eventualmente spettantegli.

Orbene è evidente che gli attuali ricorrenti hanno chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo predetto solo per contrastare l’esecuzione della menzionata sentenza della Corte di Appello di Lecce ritenuta pregiudizievole dei propri diritti per le ragioni sopra espresse; non ricorre pertanto una ipotesi di acquiescenza tacita alla sentenza impugnata in questa sede ai sensi dell’art. 329 c.p.c., sussistente solo quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, ovvero allorchè gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione.

Sempre nella memoria menzionata il M. eccepisce l’inammissibilità del ricorso proposto da D.M.A., avendo quest’ultimo impugnato la sentenza della Corte di Appello di Lecce non in proprio ma quale erede e successore universale di D.M. L. e di P.M.; anche tale eccezione è infondata, posto che il ricorso in oggetto risulta proposto da ” D.M. A., nonchè – da DE.MA.LU. e D.M.F. quali eredi e successori universali di D.M.L. e di P. M.”, cosicchè deve ritenersi, dato anche il trattino che separa il nominativo del primo ricorrente da quello degli altri ricorrenti, che D.M.A. ha agito in proprio.

Venendo quindi all’esame del ricorso si rileva che con l’unico articolato motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 487, 687 e 1418 c.c., censurano la sentenza impugnata anzitutto per aver affermato l’imperatività della disposizione di cui all’art. 687 c.c. e conseguentemente la nullità della scrittura privata del 22-5-1985 attraverso cui le parti avrebbero tentato di eludere tale precetto inderogabile.

I ricorrenti rilevano che l’erroneità di tale assunto emerge chiaramente dalla stessa formulazione dell’art. 687 c.c. nella parte in cui stabilisce che “se i figli o discendenti non vengono alla successione e non si fa luogo alla rappresentazione, la disposizione ha il suo effetto”; la lettera della norma, infatti, dimostra che la “ratio” della revoca riguarda solamente la tutela degli interessi patrimoniali dei figli o discendenti che dovrebbero avvantaggiarsene;

inoltre è pacifico che tra le varie ipotesi cui fa riferimento la disposizione citata rientra anche il caso di rinuncia all’eredità del figlio sopravvenuto.

I ricorrenti sotto diverso profilo, attinente alla rinuncia di cui alla scrittura privata del 22-5-1985, sostengono poi che la sua pretesa invalidità non potrebbe certamente desumersi dal divieto dei patti successori di cui all’art. 458 c.c. per la ragione che tale disposizione fa espresso riferimento ai diritti concernenti una successione non ancora aperta, laddove nella specie era pacifico che la successione si era aperta anteriormente alla convenzione di cui alla suddetta scrittura; neppure poteva ritenersi la nullità della rinuncia posta in essere dal M., come pure sostenuto dalla controparte, per il fatto che costui prima della sentenza di riconoscimento non era stato ancora chiamato all’eredità di D. M.O. e pertanto non avrebbe potuto validamente disporre dei propri diritti successori; anzitutto doveva tenersi presente che la sentenza di accertamento della paternità naturale, per il suo carattere dichiarativo, produce effetti a decorrere dalla nascita, cosicchè il M., una volta intervenuto l’accertamento giudiziale sul suo “status”, doveva considerarsi fin dall’inizio chiamato all’eredità del padre naturale; inoltre, anche volendo ritenersi che la rinuncia contenuta nella scrittura del 2-5-1985 avesse ad oggetto diritti futuri, non ne scaturirebbe affatto la nullità della stessa, essendo ammesso che la rinuncia, quale espressione dell’autonomia privata, possa riguardare anche diritti futuri ed eventuali, purchè determinati o determinabili nel loro contenuto o nella loro estensione, come appunto nella specie, dove si trattava di una successione già aperta, e dunque era agevole stabilire l’ampiezza dei diritti, “anche di carattere successorio”, esplicitamente menzionati nella scrittura stessa.

I ricorrenti rilevano inoltre l’infondatezza dell’eccezione di controparte relativa alla pretesa nullità della rinuncia operata dal M. per difetto delle forme solenni prescritte dall’art. 519 c.c., posto che la rinuncia suddetta non si configurava come rinuncia all’eredità prevista da tale norma, configurando invece un negozio dispositivo traslativo dei suoi diritti successori non soggetto alle formalità previste dall’art. 519 c.c..

La censura è fondata nei termini che saranno ora specificati.

La sentenza impugnata ha ritenuto che l’art. 687 c.c. ha natura di norma imperativa perchè tutela gli interessi successori dei figli e dei discendenti del testatore e si fonda sulla presunta volontà dello stesso il quale, se avesse voluto o non avesse ignorato di avere figli o discendenti, avrebbe diversamente disposto delle proprie sostanze con il testamento, ed ha aggiunto che la legge, sancendo la revoca di diritto delle disposizioni testamentarie effettuate nella ricorrenza di tali presupposti, prescinde da qualsiasi prova di una volontà contraria del testatore, cosicchè l’inefficacia del testamento consegue “ipso iure”.

Da tale premessa in diritto la Corte territoriale ha ritenuto la nullità del negozio di cui alla scrittura privata del 22-5-1985 in quanto le parti, in contrasto con l’art. 687 c.c., avevano riconosciuto piena efficacia a disposizioni testamentarie delle quali la norma citata prevedeva la revoca di diritto nella ricorrenza delle specifiche circostanze ivi previste; in altri termini, ha aggiunto il giudice di appello, nel momento in cui il M. era stato riconosciuto figlio naturale di D.M.O. con sentenza del Tribunale di Lecce del 21-4-1991, le disposizioni a contenuto patrimoniale contenute nel testamento redatto da quest’ultimo erano state revocate di diritto con decorrenza dal 20-7-1983, così aprendosi la successione “ab intestato”.

Tale convincimento non può essere condiviso in quanto il giudice di appello, pur partendo da una premessa logica e giuridica corretta, ne ha tratto conseguenze erronee in ordine alla ritenuta nullità del negozio di cui alla scrittura privata del 22-5-1985 con la quale il M. aveva rinunciato a tutti i suoi diritti di carattere patrimoniale (ivi compresi quelli successori) derivanti dal suo preteso stato di figlio naturale dietro versamento della somma di L. 130.000.000.

E’ invero indubitabile che, a seguito del riconoscimento di M.A. quale figlio naturale di D.M.O. con sentenza del Tribunale di Lecce del 21-4-1991, le disposizioni di natura patrimoniale contenute nel testamento olografo del 16-7-1983 sono state revocate di diritto con decorrenza dal 20-7-1983, giorno dell’apertura della successione dello stesso D.M.O., ai sensi dell’art. 687 c.c., comma 1, norma che ha il suo fondamento oggettivo nella modificazione della situazione familiare in relazione alla quale il testatore aveva disposto dei suoi beni (Cass. 9-3-1996 n. 1935), così aprendosi la successione “ab intestato” in favore dell’unico erede legittimo, ovvero appunto il M. stesso.

Sulla base di tali presupposti quest’ultimo nella rilevata qualità ben poteva disporre da allora dei suoi diritti successori (considerato che la sentenza di accertamento della filiazione naturale dichiara ed attribuisce uno “status”che conferisce al figlio naturale i diritti che competono al figlio legittimo con efficacia retroattiva fin dalla nascita vedi, “ex multis” Cass. 3-11-2006 n. 23596; Cass. 17-12-2007 n. 26575), come in effetti è avvenuto con la scrittura privata del 22-5-1985 con la quale egli aveva rinunciato a tali diritti in favore di D.M.L. e D.M.A. dietro un corrispettivo in denaro, circostanza quest’ultima che evidenzia che egli aveva posto in essere una rinuncia traslativa a diritti di cui egli era divenuto titolare proprio in base alla successione legittima, posto che altrimenti il versamento della suddetta somma non avrebbe avuto alcun titolo.

Pertanto, contrariamente all’assunto della sentenza impugnata, la pattuizione suddetta, lungi dall’eludere l’art. 687 c.c. e sottrarre alla regolamentazione delle parti gli interessi successori dei figli la cui esistenza era ignorata dal testatore al momento della redazione del testamento, ha consentito al M., unico soggetto nella specie titolare degli interessi tutelati dalla suddetta norma, di disporre di diritti a lui spettanti proprio in seguito alla revoca di diritto del citato testamento olografo.

In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in seguito all’accoglimento del ricorso; questa Corte, poi, considerato che il giudice di appello non ha rilevato altri profili di nullità del negozio di cui alla scrittura privata del 22-5-1985 oltre quello sopra enunciato, e che quindi non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., rigetta la domanda proposta dal M. con atto di citazione notificato il 12-10-1993 dinanzi al Tribunale di Lecce.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla natura controversa delle questioni oggetto di causa, per compensare interamente tra le parti le spese sia del giudizio di appello che del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal M. dinanzi al Tribunale di Lecce con atto di citazione notificato il 12- 10-1993; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di appello e del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2011

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