Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5035 del 01/03/2011

Cassazione civile sez. II, 01/03/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 01/03/2011), n.5035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G. e R.A., parti entrambe rappresentate e

difese dall’avv. de Notariis Giovanni ed elettivamente domiciliate in

Roma presso l’avv. Palmiero Clementino alla via Albalonga n. 7,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore; rappresentata

e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e

domiciliata ex lege in Roma, via Dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Larino n. 408/2004 pubblicata il

13/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/1/2011 dal consigliere Dott. BIANCHINI Bruno;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per di rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G. e la moglie R.A. proposero opposizione all’ordinanza-ingiunzione del 7 giugno 1999 con la quale il Presidente della Giunta della Regione Molise aveva irrogato la sanzione di L. 17.550.000 perchè il F. non avrebbe consentito la prosecuzione dei controlli fitosanitari in corso presso l’azienda vivaistica della “ditta Farina Giuseppe e Ricci Assunta” in agro di (OMISSIS).

L’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 408/2004 nel contraddittorio della Regione Molise, respinse l’opposizione osservando: che sussisteva la legittimazione passiva del F. in quanto gestore di fatto dell’attività vivaistica, nonostante l’intestazione di quest’ultima alla moglie; che il verbale dell’ispezione non poteva dirsi inficiato da nullità per la sola allegazione che il verbalizzante avrebbe condotto in proprio altra impresa vivaistica nei pressi di quella degli opponenti, essendo risultato dagli atti che all’epoca dell’ispezione detto pubblico ufficiale ancora non aveva assunto la carica di amministratore della propria società. Contro tale sentenza hanno proposto ricorso i F. – R., sulla scorta di sei motivi; ha resistito la Regione Molise; i ricorrenti hanno altresì presentato tardivamente memorie e documenti, hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo i ricorrenti fanno valere la ” nullità della difesa in giudizio della Regione Molise: violazione L. 3 aprile 1979, n. 103, in ispecie artt. 10 e 11, in relazione R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 1 e 43. Violazione L. n. 681 del 1989, art. 22 bis”, assumendo che la Regione Molise avrebbe dovuto essere rappresentata obbligatoriamente dall’avvocatura dello Stato e che non sarebbe stata ammissibile la difesa per il tramite di funzionar dell’ente.

1/a – Va premesso che, secondo prospettazione, i ricorrenti avrebbero interesse a sostenere la illegittima costituzione della Regione ingiungente solo per la ripartizione del carico delle spese di lite – rimanendo per il resto intangibile il fondamento della pretesa pubblica trasfusa nell’ordinanza ingiunzione-: peraltro il ricorso, pur in questa più limitata prospettiva, è infondato.

1/b – Invero la L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 3, consente che sia l’opponente sia l’autorità che ha emesso l’ordinanza, possano stare in giudizio personalmente; la norma prevede altresì che l’ingiungente possa avvalersi anche di funzionari appositamente delegati, circostanza, quest’ultima che appare essersi verificata nella fattispecie (per lo meno stante la narrativa di fatto del terzo motivo di ricorso: fol 14).

1/c – Insussistente è poi il “principio generale” sostenuto dai ricorrenti, secondo il quale anche nei giudizi di opposizione ex L. n. 689 del 1981 l’Amministrazione pubblica debba essere sempre rappresentata dall’Avvocatura: invero la norma richiamata a sostegno di tale tesi – L. n. 689 del 1981, art. 22 bis, aggiunto dal D.Lgs. n. 509 del 1999, art. 98 – ha introdotto una ripartizione delle competenze in materia di opposizione tra giudice di pace e tribunale ma non ha derogato al principio sopra esposto della facoltà della difesa personale.

2 – Con il secondo motivo i ricorrenti assumono l’esistenza di una “violazione di L. 21 novembre 1981, n. 689, in ispecie art. 24” assumendo in sostanza la competenza del giudice penale sia per l’irrogazione si sanzioni relative a fatti di rilevanza non penale ma connessi a quelli oggetto di procedimento innanzi allo stesso sia, a maggior ragione, per la decisione sulla conseguente opposizione.

2/a – Il motivo è inammissibile – quanto meno- per difetto di autosufficienza, non avendo i ricorrenti indicato a quale procedimento penale essi si riferiscano, atteso che dalla lettura della sentenza non risulta alcun dato in merito.

Va poi dichiarata inammissibile l’allegazione di copia informe della sentenza penale a cui i ricorrenti si riferivano, in quanto la stessa non rientra nei documenti di cui all’art. 372 c.p.c. e, oltre tutto, è stata posta a corredo di una memoria ex art. 378 c.p.c., tardivamente depositata.

3 – Con il terzo motivo i ricorrenti deducono l’esistenza di una “violazione di legge: art. 58 disp. att. c.p.c.; R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82; L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23 “in quanto assumono l’irregolare notifica dell’ordinanza ammissiva della prova eseguita, quanto alla Regione, presso il funzionario che la rappresentava in giudizio; quanto ad essi ricorrenti – pur regolarmente costituiti in giudizio – a ministero dell’avv. Giovanni De Notariis, presso la Cancelleria del Tribunale; con il connesso quarto motivo – relativo alla medesima circostanza- i F. – R. adducono la “violazione del principio di uguaglianza delle parti in giudizio: mancanza di motivazione della scelta dell’atto di notifica diversificato per il ricorrente e per la convenuta”, sostenendo che la differente scelta di notificazione dell’ordinanza ammissiva delle prove avrebbe determinato la mancata conoscibilità legale da parte del proprio difensore del rinvio per l’espletamento della prova e, quindi, l’assenza del predetto per il successivo corso dell’opposizione. Con il quinto motivo – del pari connesso ai precedenti- le parti ricorrenti lamentano la “violazione di legge:

art. 208 c.p.c. e art. 104 disp. att. c.p.c.”, deducendo che comunque, pur non essendo state presenti alle udienze fissate per l’assunzione delle prove, tuttavia non avrebbero potuto esser state considerate -sostanzialmente – decadute dal diritto di assumere le proprie.

4- I motivi sopra esposti non sono fondati.

4/a – Va innanzi tutto osservato che le denunciate violazioni delle norme del processo vanno correttamente inquadrate nel motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 che abilita la Corte ad esaminare gli atti di causa, per la necessaria verifica del dedotto error in procedendo:

da tale verifica risulta che il difensore degli attuali ricorrenti, avv. Giovanni de Notariis, avente lo studio in Campobasso, esercitava il proprio ufficio al fuori della circoscrizione del Tribunale di Larino, ove si svolgeva l’opposizione, senza aver eletto domicilio presso tale organo giudiziario ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82: dunque legittimamente le notifiche dei provvedimenti adottati nel corso del giudizio furono effettuate presso la cancelleria di tale Tribunale e, del pari correttamente, il giudice dell’opposizione non diede corso alla richiesta di prove del medesimo difensore, in difetto della presenza dello stesso.

4/b – In ogni caso i ricorrenti, per quanto concerne l’implicitamente dedotta violazione del diritto di provare i propri assunti, hanno derogato al principio di autosufficienza del ricorso, non illustrando il contenuto – e di conseguenza, il rilievo- che le neglette richieste istruttorie avrebbero avuto nella decisione della opposizione. Ciò consente di ritenere superate, in quanto irrilevanti, le censure tese a dimostrare la “disparità di trattamento” in merito alle comunicazioni di atti interni al processo.

6 – Con il sesto motivo viene dedotta una “violazione di legge: art. 1135 c.c.; insufficiente motivazione- Omesso esame di documenti decisivi. Illogicità e contraddittorietà” per avere il Tribunale posto a base della decisione “assiomi non dimostrati” (relativi alla partecipazione del F. alla gestione dell’impresa vivaistica intestata alla moglie), non considerando il valore prevalente da attribuire all’iscrizione alla camera di commercio della sola R..

6/a – Il motivo non è fondato.

Invero, a parte l’ovvia considerazione che solo il F. è titolare di un interesse a far valere la censura in esame, la motivazione posta a base del rigetto dell’opposizione era congrua e non contraddittoria – atteso che l’argomentazione del primo giudice era diretta appunto a superare l’elemento formale dell’intestazione alla sola R. dell’impresa-; il Tribunale poi non ha affatto sostenuto che il F. fosse contitolare dell’impresa, ma ha invece statuito che la responsabilità che dava luogo alla sanzione era collegata all’effettiva gestione dell’attività e che quest’ultima era ricavabile dai provvedimenti che la stessa Regione Molise aveva adottato a favore di entrambi i ricorrenti (autorizzazione per l’esercizio dell’attività di vivaio a seguito dell’espressa richiesta della R. che il predetto provvedimento autorizzatorio fosse intestato anche al marito) confermati dal fatto che nel giorno dell’ispezione era presente in loco solo il F..

7 Il ricorso va respinto; nulla va statuito sulla ripartizione delle spese di lite, non essendosi costituita l’intimata.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione Respinge il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2011

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