Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5032 del 28/02/2017

Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 13/12/2016, dep.28/02/2017),  n. 5032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28343-2014 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

211, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO ANDRIANI, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA DEL FUCINO SPA, in persona del Presidente e legale

rappresentante P.M.A.F., elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso lo studio

dell’avvocato LUCA VIANELLO, che la rappresenta e difende giusta

procura a margine del controricorso;

FINANZIARIA SAN GIACOMO SPA cessionaria pro soluto di CREDITO

ARTIGIANO SPA, in persona del procuratore speciale Rag.

F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso

lo studio dell’avvocato ERNESTO MOCCI, che la rappresenta e difende

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

EREDITA’ GIACENTE G.L., M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6493/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2016 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato RICCARDO ANDRIANI;

udito l’Avvocato LUCA VIANELLO;

udito l’Avvocato ERNESTO MOCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La controversia ha ad oggetto una domanda di simulazione e subordinata di revocatoria di un’alienazione (rogata con atto n. (OMISSIS) di rep. per notar Ma. il (OMISSIS)) da parte di M.G. in favore di B.C. e di G.L., avente ad oggetto la quota di un mezzo di un appartamento in (OMISSIS) (via (OMISSIS), con cantina e posto auto), rispettivamente della (nuda) proprietà e dell’usufrutto, proposta dalla Banca del Fucino spa, nonchè altre domande, dispiegate in via di intervento nel corso del giudizio, di simulazione o di revocatoria, di una coeva donazione (rogata con atto n. (OMISSIS) di rep. per notar Ma. il (OMISSIS)) dell’altra metà dei diritti sulle medesime unità immobiliari da parte di G.L. in favore dello stesso Baldoni, proposta dal Credito Artigiano spa, cui – nelle more – è subentrata la Finanziaria S. Giacomo spa; con la precisazione, in particolare, che tanto il M. che la G., già coniugi, erano fideiussori del debitore principale, Termomac combustibili srl, per crediti in precedenza concessi dai rispettivi attori in simulazione o in revocatoria.

2.- La corte di appello di Roma ha infine, con sentenza n. 6493 del 2.12.13, rigettato gli appelli con cui il M. ed il Baldoni avevano impugnato la sentenza del tribunale di Roma di accoglimento della domanda dell’originaria attrice Banca del Fucino spa, di declaratoria di inefficacia delle alienazioni da parte del primo in favore del secondo e della G., nonchè della domanda dell’interventrice Credito Artigiano spa di declaratoria di inefficacia dei medesimi atti e della coeva donazione della G. in favore del Baldoni, solo accogliendo l’appello incidentale della curatela dell’eredità giacente della G., con limitazione della sua condanna alle spese pronunciata in primo grado entro i limiti dell’attivo. E propone oggi ricorso, articolato su otto motivi, per la cassazione della sentenza della corte capitolina il M.; resistono, con separati controricorsi, gli istituti di credito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- Con il primo motivo il ricorrente si duole di “violazione degli artt. 105 e 268 c.p.c.”, censurando la ritenuta ammissibilità dell’intervento del Credito Artigiano, nonostante esso avesse ad oggetto una domanda revocatoria di due atti, uno solo dei quali oggetto della domanda principale di simulazione dell’attrice, ma soprattutto in quanto lesiva del diritto di difesa dei convenuti per la facoltà riconosciuta all’interventore di proporre domande nuove ed autonome in violazione dell’art. 111 Cost., comma 2; con il secondo motivo viene proposta la stessa doglianza, ma quale nullità della sentenza, sotto il profilo di omessa pronuncia almeno quanto al profilo di violazione dell’art. 105 cod. proc. civ., oggetto del primo motivo di appello e totalmente trascurato dalla corte di merito.

4.- La complessa doglianza è infondata sotto entrambi i profili, ad iniziare dall’omessa pronunzia sull’inammissibilità dell’intervento in ragione della diversità della causa petendi (sul quale, a ben leggere la relativa motivazione, non ebbe a statuire, rilevando come non fosse stato oggetto di censura, neppure la precedente pronunzia di questa Corte 23 gennaio 2009, n. 1729, in una analoga vicenda processuale tra le stesse parti); e tale censura può scrutinarsi nel merito pur non avendo il giudice di appello in effetti preso espressa posizione sul punto, in applicazione dei principi applicati a partire da Cass. 1 febbraio 2010, n. 2313, che consentono di colmare tale lacuna quando la doglianza non esaminata dal giudice di appello sarebbe stata comunque infondata o inammissibile.

5.- Al riguardo, può trovare applicazione alla fattispecie la corrente interpretazione di questa Corte, cui stima il Collegio doveroso assicurare continuità, quanto alla sufficienza della mera opportunità del simultaneus processus quale presupposto dell’intervento autonomo, principale o litisconsortile (Cass. 20 aprile 1994, n. 3748; Cass. 11 luglio 2011, n. 15208), sol che sussista una connessione o collegamento tra le cause; va però qui soggiunto che l’una o l’altro possono però intendersi anche in senso teleologico o funzionale, riferiti cioè all’unitarietà dell’operazione economica degli atti costituenti gli oggetti immediati delle domande: rilevandosi immediatamente, nella specie, una connessione per l’identità del beneficiario degli atti di disposizione, la contestualità degli stessi e la loro idoneità a pregiudicare le ragioni dei creditori di un medesimo debitore principale, dinanzi alle fideiussioni prestate separatamente dai convenuti di entrambe le domande; tutti elementi che, con evidenza, denotano come la donazione, elemento obiettivamente eccedente rispetto all’oggetto immediato della domanda principale azionata dall’attrice originaria Banca del Fucino (che ha colpito soltanto l’alienazione della metà di cui era titolare il M.), fosse inserita in una complessa ed unitaria operazione in cui si inseriva a sua volta proprio l’oggetto immediato della domanda principale, che ne investiva solo l’altra e complementare parte.

6.- In definitiva, la connessione può dirsi pienamente sussistente dal punto di vista soggettivo, benchè le qualità delle parti e quelle rivestite negli atti di disposizione siano parzialmente diverse (il B. era avente causa negli atti revocandi in entrambe le domande, quella della Banca del Fucino e quella del Credito Artigiano; la G. era debitrice in entrambe le domande, anche se nella domanda principale era convenuta come avente causa di uno degli atti revocandi), ma sicuramente da quello oggettivo, benchè da intendersi con riferimento ad un’operazione economica complessiva e quindi in senso teleologico e quindi finalistico o funzionale o di reciproca integrazione, costituendo i due contestuali atti (relativi ognuno ad una delle due metà dei diritti sull’unitario compendio immobiliare), se non un vero e proprio collegamento negoziale, quanto meno un’evidente unitaria attività di dismissione del patrimonio dei debitori garanti – di un medesimo debitore principale garantito – M. e G. in favore di un unico destinatario o beneficiario o avente causa (il B., figlio della G., costei già coniuge del disponente nell’atto oggetto della domanda principale ed ella stessa a sua volta disponente nel secondo atto oggetto della domanda di intervento; il quale B. è divenuto così nudo proprietario dell’intero compendio, salvo l’usufrutto in favore della G., poi cessato con il decesso di lei).

7.- La medesima doglianza agitata coi primi due motivi è infondata anche sotto l’altro profilo, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità a sostegno della soluzione adottata dai giudici di merito (ribadita, tra le più recenti, da: Cass. 23 gennaio 2009, n. 1729; Cass. 8 ottobre 2007, n. 20987; Cass. 22 dicembre 2015, n. 25798), secondo la quale la formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicchè la preclusione sancita dall’art. 268 cod. proc. civ. non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie.

8.- Solo deve aggiungersi che da tanto evidentemente deve derivare, in applicazione di generali principi di diritto processuale ricavabili direttamente dall’art. 153 cpv. cod. proc. civ., in favore di queste ultime il potere di invocare la rimessione in termini per le attività che allegassero e dimostrassero come necessitate dall’estrinsecazione della facoltà in tal modo riconosciuta all’interventore: ciò che esclude in radice qualsiasi dubbio di incostituzionalità, a prescindere dal fatto che, in concreto, l’odierno ricorrente neppure adduce in modo chiaro quale lesione o compressione del suo diritto di difesa avrebbe patito dal dispiegamento dell’intervento da parte di Credito Artigiano spa oltre i limiti temporali di maturazione delle preclusioni assertive o probatorie a lui fissati in primo grado (ciò che renderebbe, oltre che manifestamente infondata, anche irrilevante la sua eccezione di illegittimità costituzionale della norma processuale).

9.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “violazione degli artt. 303 e 307 c.p.c.”, ritenendo aver male la corte di appello qualificato l’atto notificato il (OMISSIS) idoneo allo scopo di istituire il contraddittorio nei confronti dell’eredità giacente di G.L., per essersi esaurito in una istanza con cui si chiedeva lo spostamento dell’udienza per la prosecuzione: con conseguente richiesta di estinzione del processo.

10.- Il motivo è inammissibile, sia perchè non coglie in alcun modo la ratio decidendi della corte territoriale in punto di pieno compimento delle attività necessarie alla riassunzione con il tempestivo deposito della relativa istanza, sia perchè non si fa carico dei rilievi sulla non immediata proposizione dell’eccezione di estinzione, sia perchè attinge il merito della valutazione di idoneità dell’atto, senza riportare il tenore testuale di tutti gli atti che la corte esamina come in concreto notificati e, in quanto tali, effettivamente idonei a portare a compimento il procedimento di riassunzione del processo interrotto.

11.- Con il quarto motivo il ricorrente lamenta “violazione dell’art. 2901 c.c., n. 2”, deducendo che il credito fosse insorto non prima del momento in cui il creditore aveva revocato le facilitazioni e fatto valere le garanzie fideiussorie, sicchè la gravata sentenza avrebbe ignorato il corrispondente motivo di appello, limitandosi ad accertare la sussistenza della scientia damni e non anche il consilium fraudis.

12.- Il motivo è inammissibile, perchè non si fa carico di confutare la ratio decidendi della corte territoriale, che, oltretutto correttamente, riferisce il momento dell’insorgenza del credito dell’attrice originaria e dell’interventrice a quello dell’acquisto della qualità di fideiussore, alla stregua della giurisprudenza di legittimità ivi richiamata (Cass. 15 febbraio 2011, n. 3676), del resto confermata successivamente (Cass., ord. 9 ottobre 2015, n. 20376; Cass. 19 gennaio 2016, n. 762): così fondando il presupposto della sufficienza della consapevolezza in capo al terzo ed escludendo la necessità del più intenso elemento soggettivo invocato dall’odierno ricorrente.

13.- Il quinto motivo di ricorso denuncia “violazione dell’art. 2901 c.c., n. 1”, per non avere la gravata sentenza valutato in concreto la conoscenza o meno, da parte del B., del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore.

14.- Il motivo è inammissibile, perchè non coglie, ancora una volta, la ratio decidendi della gravata sentenza, che fonda l’individuazione dell’elemento soggettivo della dispiegata revocatoria alla stregua della ricostruita gratuità degli atti di disposizione oggetto della controversia, poi fondandolo sui rapporti di familiarità tra le parti, per essere il B. figlio della G., a sua volta coniuge, fino a due anni prima, del M.: così effettivamente ed evidentemente basandosi su presunzioni, ma come del resto è consentito anche ai fini della prova degli elementi costitutivi dell’azione prevista dall’art. 2901 cod. civ. (tra le più recenti: Cass. 17 agosto 2011, n. 17327; Cass. 30 dicembre 2014, n. 27546; Cass. 22 marzo 2016, n. 5618) e non risultando, nè del resto essendo specificamente denunziati, quei soli gravi vizi motivazionali rilevanti alla stregua di Cass. Sez. Un. 8053 del 2014, per l’intervenuta limitazione al minimo costituzionale del controllo di legittimità sulla motivazione in punto di fatto, anche per l’applicazione della regola di giudizio fondata sulla prova critica per eccellenza e cioè proprio sulla presunzione.

15.- Il sesto motivo di ricorso prospetta “violazione dell’art. 2901 c.c.”, in relazione al quinto motivo di appello ed in particolare all’esistenza del credito garantito, per la carenza di prova documentale da parte delle due banche; la medesima censura è prospettata poi, come settimo motivo di ricorso, sotto il profilo di nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in addotto difetto di qualunque pronuncia, anche implicita, sul punto.

16.- La doglianza è – se non inammissibile, non avendo il ricorrente indicato specificamente in ricorso con quali passaggi di quali atti dei gradi di merito, le cui sedi processuali andavano poi analiticamente indicate, aveva formulato la doglianza, al fine di escludere la sua novità in sede di legittimità (sul qual punto, v., tra le ultime e per tutte, Cass. Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9138) – anch’essa infondata, alla stregua della giurisprudenza in base alla quale, ai fini dell’ammissibilità dell’azione revocatoria, il credito verso il fideiussore può prescindere dall’effettiva insorgenza del credito verso il debitore principale, secondo quanto richiamato al precedente punto 12.

17.- L’ottavo motivo di ricorso denuncia infine un “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio”, prospettando l’inesistenza di qualsiasi vincolo di parentela tra il M. ed il B., quest’ultimo essendo il figlio del primo marito della G. e denunciando la mancanza dei requisiti della scientia damni e del danno alla garanzia del credito, elementi invece decisivi per accogliere le domande.

18.- Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato: infondato nella parte in cui malamente censura la sentenza nel passaggio in cui essa invece correttamente puntualizza sugli esatti rapporti di familiarità tra le parti (il B. quale figlio della G. e costei quale ex coniuge del M.); del tutto inammissibile nella parte in cui intende veicolare con la censura di omesso esame di specifici fatti, principali o secondari, una richiesta di rivalutazione delle conclusioni cui nel merito perviene la corte territoriale in ordine a ciascuno degli elementi costitutivi dell’azione revocatoria: ciò che invece è sempre precluso in questa sede, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. Un. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), rimanendo comunque gli apprezzamenti di fatto – se scevri, come lo sono nella specie, da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite – istituzionalmente riservati al giudice del merito (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. Un., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti).

18.- Il ricorso – inammissibili i motivi terzo, quarto, quinto, in parte l’ottavo; infondati il primo, secondo, sesto, settimo ed in parte l’ottavo va quindi rigettato ed il ricorrente condannato, in quanto totalmente soccombente, alle spese del giudizio di legittimità in favore di ciascuna delle controricorrenti, infine dovendosi dare atto dei presupposti per l’applicazione – mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. 14 marzo 2014, n. 5955) – D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito, di questa.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di ciascuna controricorrente, in persona del rispettivo legale rappresentante p.t., liquidate per ognuna in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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