Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5031 del 28/02/2017

Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 13/12/2016, dep.28/02/2017),  n. 5031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27524-2014 proposto da:

GMF GRANDI MAGAZZINI FIORONI SPA, in persona del consigliere delegato

e legale rappresentante Sig. S.A., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN, 23, presso lo studio dell’avvocato

UGO SARDO, rappresentata e difesa dagli avvocati LUCA TAMBURELLI,

CLAUDIO FRANCESCHINI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SAS, in persona del suo curatore Dott.

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE, 44, presso

lo studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, rappresentata e difesa

dagli avvocati FABIO BUCHICCHIO, SILVIA SPAPPERI giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 413/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 01/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2016 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato LUCA TAMBURELLI;

udito l’Avvocato FABIO BUCHICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La G.M.F. – Grandi Magazzini Fioroni spa ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 413 del 1.10.13 con cui la corte di appello di Perugia ha rigettato il suo gravame avverso la reiezione – da parte del tribunale di quel capoluogo, con sentenza n. 779 del 3.6.10 – della sua opposizione al decreto ingiuntivo del 25.6.01 nei suoi confronti emesso in favore della Curatela del Fallimento (OMISSIS) per Lire 35.837.109; in particolare, la corte territoriale ha confermato la valutazione di tardività di contestazione del credito principale e quella di inammissibilità dei documenti versati, senza il consenso di controparte, solo in sede di consulenza contabile a sostegno della propria eccezione di compensazione di un controcredito di importo maggiore. La curatela, intimata, resiste con controricorso; e, per la pubblica udienza del 13.12.16, la ricorrente deposita altresì memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.- La ricorrente si duole:

– col primo motivo, di “violazione degli artt. 2697 e 2710 c.c., artt. 99 e 198 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 non avendo la corte di appello di Perugia correttamente applicato il principio in base al quale la parte che vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”;

– col secondo motivo, di “insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, circa le modalità di esecuzione dei rapporti contrattuali nel periodo antecedente il fallimento e circa la mancata tempestiva e puntuale contestazione dei fatti dedotti nel ricorso per ingiunzione ed in relazione al mancato consenso ad esaminare documenti e registri da parte della curatela fallimentare ex art. 198, comma 2”.

3.- Ritiene il Collegio che i due motivi, congiuntamente esaminati con riferimento al senso effettivo ed ultimo delle doglianze mosse e preliminarmente e di ufficio ricondotta la censura di vizio motivazionale a quella di violazione di legge quanto all’integrale nullità della consulenza tecnica di ufficio, non possano che essere accolti.

4.- Invero, la peculiarità della vicenda sta in ciò che, a fronte dell’adduzione di un credito genericamente – ma legittimamente, per la peculiarità probatoria del procedimento – provato in fase monitoria come saldo finale di una serie di partite di dare e avere, quale normalmente si atteggia l’estratto autentico del libro giornale e del mastrino di sottoconto (per Lire 35.837.109), è stata eccepita dall’opponente l’esistenza di un proprio credito maggiore (con l’adduzione di un controcredito di Lire 106.187.934, come derivante sostanzialmente dalla cessione di crediti per canoni di locazione), ciò a cui si è replicata, tempestivamente e cioè con la comparsa di costituzione in sede di opposizione al decreto ingiuntivo e per di più con la produzione dei documenti giustificativi, analiticamente l’allegazione dell’importo del credito originario dell’opposto in Lire 143.861.823, sicchè l’importo reso oggetto della domanda di decreto ingiuntivo equivaleva in pratica al saldo tra i due totali; mentre a tale finale replicatio del creditore ingiungente il debitore ingiunto ha a sua volta analiticamente controbattuto solo con la seconda memoria prevista dall’art. 184 cod. proc. civ., contestando alcune delle fatture pure tempestivamente prodotte dal fallimento in uno alla sua propria costituzione in giudizio.

5.- E’, al riguardo, ferma opinione del Collegio che debba essere qualificata ammissibile la consulenza tecnica di ufficio sulla verifica dell’idoneità probatoria della documentazione prodotta dallo stesso fallimento opposto a seguito dell’eccezione di compensazione dell’opponente e delle contestazioni ad esso mosse dalla controparte, considerato:

– da un lato, che anche la sola eccezione di compensazione aveva comportato la validità e pienezza tanto della contestazione del credito che della produzione di documenti a sostegno delle proprie ragioni di credito;

– dall’altro lato, che l’onere di contestazione – che incombeva appunto all’opponente – non si estendeva ai documenti in quanto tali ed alla loro idoneità probatoria (su quest’ultimo punto, v. espressamente, per limitarsi alle più recenti, Cass. 21 giugno 2016, n. 12748).

6.- Pertanto, ad avviso del Collegio, anche solo da quella contestazione, sia pure articolata sulla mera adduzione di un proprio credito maggiore, era dipesa in ogni caso la necessità della verifica, ad opera del consulente tecnico di ufficio, dell’idoneità degli elementi probatori prodotti a sostegno delle ragioni di credito azionate con il decreto ingiuntivo quali fatti costitutivi del diritto fatto valere dal fallimento creditore ingiungente, verifica da operarsi ora secondo le regole dell’ordinario giudizio a cognizione piena in cui si risolve ogni opposizione al monitorio.

7.- Tanto consente di escludere in radice qualsiasi nullità della consulenza ed ogni novità della documentazione acquisita ed esaminata nel corso delle operazioni di questa, dovendo essa avere appunto ad oggetto i documenti posti a base delle rispettive allegazioni ed in origine versati in sede delle rispettive – pacificamente tempestive – costituzioni in giudizio e solo nuovamente riversati o sottoposti all’attenzione dell’ausiliario del giudice, eventualmente mettendo in luce particolari aspetti di alcuno tra i documenti: in difetto della quale verifica, del resto, l’originaria complessiva e radicale contestazione della parte opponente avrebbe del resto privato di qualsiasi sostegno probatorio le ragioni dell’ingiungente opposto fallimento.

8.- In conclusione, reputa il Collegio che il ricorso – congiuntamente e complessivamente esaminati nella loro intima essenza i due motivi vada accolto e la gravata sentenza cassata, con rinvio alla corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità; dovendo allora pure darsi atto, visto l’esito dell’impugnazione, dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale di questa.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Perugia, in diversa composizione ed anche per le spese del giudizio di legittimità;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater come mod. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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