Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5023 del 28/02/2017

Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 10/11/2016, dep.28/02/2017),  n. 5023

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11179-2014 proposto da:

COMPAGNIE FRANCAISE D ASSURANCE POUR LE COMMERCE EXTERIEUR SA, in

persona del suo preposto e legale rappresentante in Italia Sig.

D.M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RONCIGLIONE

3, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO SCIUTO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI MARIA SCOFONE giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DMD SNC DI R.D. & C, in persona dell’Amministratore e

legale rappresentante pro tempore D.R., M.P.,

D.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PORTUENSE 104,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS, rappresentati e

difesi dagli avvocati ANGELO LUMINOSO, ALBERTO LUMINOSO giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

M.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3927/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato FILIPPO SCIUTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2009 la società Compagnie Frangaise d’Assurance pour le Commerce Exterieur S.A. (d’ora innanzi, per brevità, “la COFACE”), chiese ed ottenne dal Tribunale di Milano un decreto ingiuntivo nei confronti della società DMD di R.D. & C. s.n.c., nonchè di D.R., M.P. e M.S..

Nel ricorso monitorio la COFACE aveva esposto che:

(-) aveva garantito con polizza fideiussoria, su richiesta della società SIS s.c.a.r.l. ed a favore della società SIBA s.p.a., l’adempimento delle obbligazioni della prima verso la seconda;

(-) gli intimati si erano obbligati, sottoscrivendo un apposito atto, a manlevare la COFACE nel caso di escussione della polizza;

(-) la società garantita SIBA s.p.a. nel 2006 aveva escusso la garanzia, pagata dalla COFACE nel 2007.

Il Tribunale accolse il ricorso ed emise il decreto ingiuntivo.

2. Tutti gli intimati si opposero al decreto, deducendo l’invalidità delle obbligazioni assunte dalla DMD verso la Coface, perchè scaturenti da un atto di straordinaria amministrazione, che come tale esigeva – per statuto la sottoscrizione di tutti e due i soci della DMD ( D.R. e M.S.), mentre nel caso concreto la garanzia era stata sottoscritta dal solo D.R..

Con sentenza 13.6.2012 n. 7159 il Tribunale di Milano rigettò l’opposizione.

3. La sentenza venne appellata dagli opponenti, rimasti soccombenti.

La Corte d’appello di Milano con sentenza 29.10.2013 n. 3927 accolse il gravame, e revocò il decreto ingiuntivo.

La Corte d’appello ritenne che l’art. 2 dello statuto sociale della DMD vietasse a R.D. di sottoscrivere, da solo, atti di straordinaria amministrazione.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Coface, con ricorso fondato su due motivi.

Hanno resistito con controricorso la DMD, D.R. e M.P..

5. La discussione del ricorso, fissata per l’udienza del 26.9.2016, a causa d’un impedimento assoluto del consigliere relatore dovette essere differita, con provvedimento presidenziale del 7.9.2016, alla data del 10.11.2016. In tale data la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 1362, 1363, 1365 e 1367 c.c..

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe malamente interpretato lo statuto della DMD (e le successive modificazioni). Ha, infatti, ritenuto che la prestazione di garanzia fosse atto eccedente l’ordinaria amministrazione, mentre questo tipo di atti era espressamente incluso tra quelli che formavano “l’oggetto sociale” della DMD.

1.2. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha qualificato la fideiussione prestata dalla DMD come atto eccedente l’ordinaria amministrazione in base a tre dati extratestuali:

(-) era inutile per la società;

(-) era di ingente valore;

(-) era a titolo gratuito.

La Corte d’appello, di conseguenza, non ha fondato affatto la propria decisione su una particolare interpretazione del contratto. L’ha fondata su un tipico accertamento di merito, non sindacabile in questa sede.

Aggiungasi che anche a seguire l’interpretazione proposta dalla ricorrente (secondo cui le fideiussioni erano espressamente incluse nell’oggetto dell’attività sociale) non ne discenderebbe la cassazione della sentenza impugnata, dal momento che l’inclusione in astratto di una categoria di atti nell’oggetto sociale non vuol dire che in concreto l’atto appartenente a quella categoria sia sempre e comunque di ordinaria amministrazione.

La sussunzione di un determinato atto tra quelli di ordinaria o straordinaria amministrazione dipende infatti non solo dalla natura di esso (vendita, donazione, appalto, fideiussione), ma anche dal suo valore, dagli effetti che realizza e dai rischi che comporta.

Così, ad esempio, per una società commerciale anche una donazione può costituire un atto di ordinaria amministrazione, se di valore contenuto e compiuta a fini di promozione della propria immagine tra il pubblico di potenziali clienti.

Allo stesso modo, la previsione statutaria secondo cui le fideiussioni non costituivano atto di ordinaria amministrazione non impediva di ritenere che una determinata garanzia, alla luce dell’analisi costi-benefici, nel caso concreto potesse risultare potenzialmente pregiudizievole per la società, e quindi costituisse un atto di straordinaria amministrazione.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 1325, 1344, 1418 e 2298 c.c..

Deduce che la Corte d’appello, nel ritenere gli obblighi assunti dalla DMD esulanti dall’ordinaria amministrazione, avrebbe attribuito rilievo giuridico ai “motivi” dell’atto.

Nell’illustrazione del motivo si spiega che la prestazione di garanzie era inclusa dallo statuto nell’oggetto sociale, con la conseguenza che stabilire nel caso concreto perchè mai quella garanzia fosse stata prestata era questione che atteneva ai motivi dell’atto, come tali giuridicamente irrilevanti.

2.2. Il motivo è infondato, per più ragioni.

In primo luogo, nella vicenda che oggi ci occupa la DMD non ha prestato alcuna garanzia in senso proprio.

Qui il creditore garantito era la SABI, il garante era la COFACE, ed il debitore era la SIS.

La DMD si è semplicemente accollata gli obblighi contrattuali assunti dalla SIS verso il garante COFACE (vale a dire il pagamento del corrispettivo della fideiussione, e l’obbligo di rivalere il fideiussore nel caso di escussione della garanzia da parte del terzo garantito).

Quindi che la prestazione di garanzie fosse inclusa od esclusa nell’oggetto sociale nulla rileva, perchè nel caso di specie si dovrebbe parlare di accollo non liberatorio, più che di garanzia.

In secondo luogo, non è esatto che la Corte d’appello avrebbe dato rilievo ai motivi del contratto di assicurazione fideiussoria. La Corte d’appello infatti ha semplicemente ritenuto che quel contratto esulasse dagli atti di ordinaria amministrazione, perchè inutile, costoso e gratuito. Facendo ciò, la Corte d’appello non ha attribuito rilievo ai motivi dell’atto, ma ne ha esaminato il contenuto oggettivo in relazione all’attività sociale. L’atto è stato ritenuto di straordinaria amministrazione per il costo che comportava ed i rischi che sottendeva, non per i motivi per i quali venne stipulato.

3. Le spese.

3.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Compagnie Frangaise d’Assurance pour le Commerce Exterieur S.A. alla rifusione in favore di DMD di R.D. & C. s.n.c., D.R. e M.P., in solido, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 7.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Compagnie Frangaise d’Assurance pour le Commerce Exterieur S.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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