Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5022 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 10/11/2016, dep.28/02/2017),  n. 5022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9380-2013 proposto da:

B.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FLAMINIA 357, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DI SIMONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROSA MAURO giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CENTRO NATURA SRL, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI amministrazione sig.

G.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALESSANDRO CAFFO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DONATELLA IANELLI

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente – avverso la sentenza n. 967/2012 della CORTE

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 12/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2002 B.G. chiese ed ottenne dal Tribunale di Bologna un decreto ingiuntivo nei confronti della società Centro Natura s.r.l. (d’ora innanzi, per brevità, “la Centro Natura”).

A fondamento del ricorso monitorio dedusse di avere acquistato, per effetto di cessione, un credito vantato nei confronti dell’intimata dalla società “Armonia di G. B. e c. s.a.s.”, a titolo di corrispettivo della cessione di un’azienda commerciale.

La società intimata propose opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo tra l’altro che nel contratto di cessione d’azienda, dal quale era scaturito il credito ceduto a B.G. e da questi azionato in via monitoria, era contenuta una clausola compromissoria.

2. Il Tribunale di Bologna con sentenza 20.7.2005 n. 1895 accolse l’eccezione sollevata dalla Centro Natura e revocò il decreto, ritenendo che effettivamente il debito della Centro Natura scaturiva da un contratto nel quale era inserita una clausola compromissoria.

3. La sentenza di primo grado venne appellata da B.G..

La Corte d’appello di Bologna con sentenza 12.7.2012 n. 967 rigettò sia l’appello di B.G., sia la domanda di condanna per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c., proposta dalla Centro Natura.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da B.G., con ricorso fondato su un solo motivo ed illustrato da memoria.

Ha resistito la Centro Natura con controricorso.

5. Il ricorso, originariamente fissato per la discussione all’udienza pubblica dell’11.2.2016, con ordinanza 23.5.2016 n. 10678, pronunciata all’esito della suddetta udienza, venne rinviato a nuovo ruolo, a causa della irrituale comunicazione della data d’udienza al ricorrente, non comparso.

La discussione del ricorso venne quindi fissata per l’udienza del 26.9.2016, ma a causa d’un impedimento assoluto del consigliere relatore anche tale udienza dovette essere differita, con provvedimento presidenziale del 7.9.2016, alla data del 10.11.2016.

In tale data, nell’assenza delle parti pur ritualmente avvisate, la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il motivo unico di ricorso.

1.1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Deduce, al riguardo, che la Centro Natura, la quale in primo grado aveva formulato una eccezione di compromesso, in appello non l’aveva reiterata, e per di più aveva formulato una domanda riconvenzionale: indice di per sè della volontà di rinunciare alla suddetta eccezione.

1.2. Il motivo è infondato.

Gli atti processuali vanno letti, interpretati e qualificati sub specie iuris valutando complessivamente il loro contenuto, e non estrapolandone qua e là proposizioni od, addirittura, singoli lemmi.

Nel presente giudizio la Centro Natura, sia in primo grado che in appello chiese:

(a) in via principale, dichiararsi l’infondatezza della domanda, per essere la controversia deferita ad arbitri;

(b) in subordine, compensarsi il credito azionato con un proprio controcredito;

(c) in ogni caso condannarsi B.G. al risarcimento del danno per lite temeraria.

Così articolando le proprie difese, la Centro Natura non ha tenuto alcuna condotta che possa interpretarsi come implicita rinuncia all’eccezione di compromesso.

1.3. L’eccezione di compensazione, infatti, è stata formulata solo in via subordinata al rigetto dell’eccezione di compromesso.

Essa dunque non solo non costituisce rinuncia a quest’ultima, ma anzi la presuppone.

1.4. La domanda riconvenzionale di condanna ex art. 96 c.p.c. non è incompatibile con l’eccezione di compromesso.

Domandare all’autorità giudiziaria una pronuncia su questione che le parti ritennero, in precedenza, di devolvere ad arbitri può infatti costituire di per sè una pretesa temeraria: dunque non vi è incompatibilità nè logica, nè giuridica, tra l’accezione di compromesso e la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c..

Nè rileva la giurisprudenza invocata dal ricorrente nel proprio ricorso (secondo la quale chi, dopo avere formulato l’eccezione di compromesso, formuli anche una domanda riconvenzionale, rinuncia per ciò solo all’eccezione). I principi affermati dalle pronunce ricordate dal ricorrente infatti rilevano nel caso in cui il convenuto, dopo avere invocato la competenza arbitrale, formuli una domanda riconvenzionale astrattamente rientrante pur essa in quella competenza; essi, quindi, non rilevano quando il convenuto, dopo avere eccepito l’esistenza d’una clausola compromissoria, deduca che l’attore, promuovendo un giudizio ordinario senza tenere conto di quella clausola, abbia azionato la propria pretesa con colpa grave.

2. Le spese.

2.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

2.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna B.G. alla rifusione in favore di Centro Natura s.r.l. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 4.100, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di B.G. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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