Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5021 del 28/02/2017

Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 10/11/2016, dep.28/02/2017),  n. 5021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13101-2014 proposto da:

P.F.M., PA.RO.AN., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA FLAMINIA 441, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

MARINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCESCO ETTORE giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAGLIARI 15,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CIOCIOLA, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARLINO BERZAGHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4142/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato FRANCESCO ETTORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2009 P.F.M. e Pa.Ro.An. proponevano opposizione al d.i. con il quale si ingiungeva loro il pagamento della somma di Euro 5.621,45, oltre interessi, in favore dell’avv. B.P., a titolo di compenso per l’attività professionale da questi svolta nell’interesse degli ingiunti, deducendo l’infondatezza della pretesa creditoria azionata ex adverso.

In particolare, in base a quanto risulta dalla sentenza impugnata, gli opponenti deducevano che, a seguito dell’accordo transattivo raggiunto dalle parti, era stato versato a saldo della pretesa del legale l’importo onnicomprensivo di Euro 4.500,00, come, a loro avviso, risultava dalle fatture nn. (OMISSIS), nell’ultima delle quali l’apposizione dell’indicazione di acconto era del tutto incompatibile con la dicitura a saldo di cui alla precedente fattura (OMISSIS); contestavano, inoltre, la domanda nel quantum.

L’avv. B. si costituiva e chiedeva il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 27 marzo 2013, rigettava l’opposizione e confermava il d.i. opposto.

Avverso tale decisione il P. e la Pa. proponevano gravame chiedendo la declaratoria di nullità del verbale di udienza e dell’allegata sentenza impugnata, non risultando quest’ultima depositata immediatamente in cancelleria, negavano la sussistenza di una riserva esclusiva in capo all’ordine professionale in ordine alla quantificazione del compenso, insistevano nella richiesta di una sua riduzione e sostenevano che era stato comunque provato l’accorso transattivo.

Il B. resisteva all’impugnazione proposta.

La Corte di appello di Milano, con sentenza del 13 novembre 2013, rigettava il gravame e condannava gli appellanti in solido alle spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito il P. e la Pa. hanno proposto ricorso per cassazione basato su due motivi e illustrato da memoria.

L’avv. B. ha resistito con controricorso pure illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione della sentenza con motivazione semplificata.

2. Con il primo motivo, lamentando “Violazione dell’art. 281 sexies, comma 2 – Nullità del verbale di udienza e della sentenza ivi contenuta”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito, richiamando la giurisprudenza di legittimità, ha affermato che il deposito della sentenza in cancelleria il giorno successivo alla stesura del verbale “non pregiudica l’immediatezza della sua pubblicazione” richiesta dalla norma sopra indicata ed evidenziano che, nella specie, il verbale contenente la sentenza risulta depositato tredici giorni dopo la sua sottoscrizione.

2.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, avendo, comunque, la Corte territoriale esaminato il merito della causa e pronunziato al riguardo.

3. Con il secondo motivo, deducendo “Violazione ed erronea applicazione degli artt. 2732, 2733 e 2935 c.c.”, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito non abbia tenuto conto di quanto rappresentato dalla loro difesa in relazione alle fatture già richiamate nello svolgimento del processo ed abbia attribuito alle stesse “un significato non conforme alle disposizioni di legge innanzi richiamate”. Ad avviso dei ricorrenti, l’avv. B., riconosciuta l’esosità del suo compenso, avrebbe ridimensionato la sua pretesa, a nulla rileverebbe che la fattura di acconto risulti successiva a quella rilasciata a saldo e per quietanza e, comunque, la fattura appena indicata avrebbe natura di confessione stragiudiziale avente la medesima efficacia probatoria di quella giudiziale ex art. 2735 c.c..

2.1. Il motivo è infondato.

Non sussiste il vizio lamentato, in quanto la Corte di appello, ritenuta non provata la transazione, ha, con accertamento in fatto, non censurabile in questa sede, ritenuto che il secondo versamento e di cui alla fattura n. (OMISSIS) sia stato espressamente ricevuto e quietanzato quale acconto, dando così rilievo alla successione temporale delle due fatture e, sostanzialmente, così ritenendo non ricollegabile la prima fattura a saldo ((OMISSIS)) a quella successiva in acconto.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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