Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5020 del 02/03/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 5020 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCARPA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 14862-2017 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente contro
DE ANGELIS OLIMPIA, DE ANGELIS ALFONSO, MATTERA
GIUSEPPINA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE
FERRARI, 12 SC.G, presso lo studio dell’avvocato MARCO
MONTOZZI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANPAOLO
BUONO;
– controricorrenti avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata
il 03/04/2017;

/)

Data pubblicazione: 02/03/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 29/01/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso articolato in
quattro motivi avverso il decreto reso il 29 novembre 2016

avanzata dallo stesso Ministero della Giustizia contro il decreto
emesso il 21 gennaio 2016 dal consigliere delegato della
medesima Corte d’Appello di Roma in accoglimento della
domanda di condanna all’equa riparazione per la irragionevole
durata di un giudizio civile spiegata da Alfonso De Angelis,
Olimpia De Angelis e Giuseppina Mattera.
Alfonso De Angelis, Olimpia De Angelis e Giuseppina Mattera
resistono con controricorso.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Corrado Mistri, ha depositato le sue conclusioni
scritte, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo il rigetto
del ricorso.
Il primo ed il secondo motivo del ricorso del Ministero della
Giustizia assumono la violazione e falsa applicazione dell’art. 4,
L. n. 89/2001, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Il
terzo ed il quarto motivo di ricorso deducono del pari la
violazione e falsa applicazione dell’art. 4, L. n. 89/2001,
stavolta in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in
modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei
motivi non offre elementi per confermare o mutare
l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilità
del ricorso ex art. 360- bis, n. 1, c.p.c. (Cass. Sez. U.,
21/03/2017 n. 7155).

Ric. 2017 n. 14862 sez. 52 – ud. 29-01-2018
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dalla Corte d’Appello di Roma, che ha rigettato l’opposizione

Tutti i motivi allegano la natura sostanziale, e non processuale,
del termine decadenziale di cui all’art. 4, L. n. 89/2001, e
quindi la non operatività riguardo ad esso della sospensione ex
L. n.742/1969, di tal che, risalendo il dies a quo di detto
termine alla data del passaggio in giudicato della sentenza

risulterebbe tardiva la domanda proposta il 27 ottobre 2015.
I quattro motivi di ricorso, che possono essere trattati
congiuntamente per la loro connessione, sono infondati,
dovendo trovare conferma il consolidato orientamento sul
punto di questa Corte, secondo il quale la sospensione nel
periodo feriale dei termini di cui all’art. 1 della I. n. 742 del
1969 si applica anche al termine di sei mesi previsto dall’art. 4
della I. n. 89 del 2001 per la proposizione della domanda di
equa riparazione per violazione del termine ragionevole del
processo, atteso che fra i termini di cui al citato art. 1 della I.
n. 742 del 1969 vanno ricompresi non solo quelli inerenti alle
fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il
termine entro il quale il processo stesso deve essere
instaurato, allorché l’azione in giudizio rappresenti, per il
titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto
stesso (Cass. Sez. 6 -2, 08/02/2017, n. 3387; Cass. Sez. 6 2, 05/01/2017, n. 184; Cass. Sez. 6 – 2, 18/03/2016, n. 5423;
Cass. Sez. 1, 11/03/2009, n. 5895).
In tal senso, peraltro, Cass. Sez. U, 22/07/2013, n. 17781,
secondo cui il termine di sei mesi, di cui all’art. 4, legge 24
marzo 2001, n. 89, dal provvedimento che chiude la causa che
ha violato la durata ragionevole del processo, oltre il quale non
è più proponibile l’azione di equa riparazione da ritardo
irragionevole del processo, è stabilito dal legislatore “a pena di
decadenza” (artt. 2964 e ss. c.c.); la natura processuale della
Ric. 2017 n. 14862 sez. 52 – ud. 29-01-2018
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conclusiva del giudizio di secondo grado (6 aprile 2015),

decadenza che precede comporta che il periodo di sei mesi
dalla definizione del processo durato per tempo irragionevole,
oltre il quale l’azione è preclusa, deve computarsi tenendo
conto della sospensione del periodo feriale di cui all’art. 1 della
legge 7 ottobre 1969, n. 742, come accade per ogni altro

Le argomentazioni sviluppate dal ricorrente non offrono
elementi per mutare tale orientamento interpretativo. Non
rilevano decisivamente, infatti, ai fini di una diversa
considerazione del termine di cui all’art. 4, legge 24 marzo
2001, n. 89, ovvero della conclusione della non riferibilità ad
esso della sospensione ex L. n.742/1969, né l’operatività del
termine d’impugnazione di sei mesi, previsto dall’art. 327
c.p.c., nella nuova formulazione applicabile ai giudizi instaurati
dopo l’entrata in vigore della I.n. 69 del 2009; né la vigente
struttura monitoria del procedimento di equa riparazione, come
delineata dalla I. n. 134 del 2012; né, infine, la soggezione
della domanda di equa riparazione per durata irragionevole alla
disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, e,
quindi, la conseguente efficacia impeditiva, accordata
all’istanza di mediazione, rispetto alla stessa decadenza ex art.
4 della legge 24 marzo 2001, n. 89. Tali sopravvenienze
ordinamentali non mutano la natura del termine decadenziale
ex art. 4 della I. n. 89 del 2001, rimanendo pur sempre da esso
condizionata l’utile esperibilità della essenziale tutela
giurisdizionale del diritto di equa riparazione da ritardo
irragionevole del processo.
All’inammissibilità del ricorso consegue la regolamentazione
delle spese secondo soccombenza, nell’ammontare liquidato in
dispositivo, con distrazione in favore del difensore.
P.Q.M.
Ric. 2017 n. 14862 sez. 52 – ud. 29-01-2018
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termine analogo”.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle
spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi C
1.800,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese
forfetarie, con distrazione in favore del difensore ai sensi

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 29 gennaio
2018.
Il Presidente

Dott. Stefano Petitu

/

Il FunAonario (diziarie,
DotLsset Lionx’ lla D’ANNA.

dell’art. 93 c.p.c.

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