Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5016 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 25/02/2020), n.5016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25607-2011 proposto da:

CENTRO MEDICO CHIRURGICO ETRURIA SRL, elettivamente domiciliato in

ROMA, LARGO TRIONFALE 7, presso lo studio dell’avvocato MARIO

SCIALLA, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE MARTINI;

– ricorrente –

contro

DIREZIONE PROVINCIALE DELLE ENTRATE UFFICIO DI GROSSETO in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 49/2011 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 13/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2019 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La società Centro Medico Chirurgico Etruria s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento notificato il 22.12.2006 con cui l’amministrazione finanziaria riprendeva a tassazione l’importo di Euro 57.580,00, quale imposta sul valore aggiunto indetraibile, imputando al Centro di non aver osservato la procedura del calcolo dell’IVA detraibile, secondo il meccanismo pro rata, in presenza di operazioni esenti rilevate nella contabilità dell’ente, deducendo che tale procedura non poteva trovare applicazione per le operazioni esenti meramente occasionali ed accessorie.

La CTP di Grosseto accoglieva il ricorso con sentenza che veniva appellata dall’Ufficio.

La C.T.R. di Firenze accoglieva il gravame, riformando la pronuncia di prime cure, affermando la prevalenza delle operazioni imponibili su quelle esenti, la quale, incidendo sul calcolo della percentuale della detrazione pro rata, non poteva giustificare l’adozione di un criterio diverso dal cd “pro rata”. Avverso la sentenza indicata in epigrafe ricorre per cassazione l’ente contribuente svolgendo due motivi.

Resiste con controricorso l’ufficio.

In prossimità dell’udienza del 18.05.2018, la ricorrente depositava istanza di rinvio al fine di valutare l’esito della procedura di definizione agevolata D.L. n. 193 del 2016 ex art. 6, comma 2, depositando contestualmente l’attestazione del pagamento di tre rate relativa alla cd. ” rottamazione”.

La causa veniva rinviata a nuovo ruolo in attesa della definizione agevolata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2. In via preliminare, osserva la Corte che le rate versate non corrispondono alla somma dovuta all’Erario (pari ad Euro 14.553,02) per la definizione agevolata, mancando la prova del pagamento delle rate di aprile e settembre dell’anno 2018. L’art. 6 cit. dispone che in caso di mancato o insufficiente versamento delle rate, la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione di cui al comma 2. In tal caso, i versamenti effettuati sono acquistati a titolo di acconto e non determinano l’estinzione del debito residuo, di cui l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero ed il cui pagamento non può essere rateizzato ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 19.

3. Con il primo motivo di ricorso, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, si deduce l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione alla mancata rilevazione della occasionalità ed accessorietà delle operazioni esenti ai fini dell’inapplicabilità del meccanismo pro rata, quali quelle, diverse da quelle indicate nell’oggetto sociale, che attengono a prestazioni sanitarie e di diagnosi di cui alle professioni ed arti sanitarie soggette a vigilanza.

4. Con il secondo motivo si lamenta l’illegittimità della sentenza per falsa applicazione di legge di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis, commi 1 e 2, ex art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la pronuncia impugnata per aver affermato che la prevalenza delle operazioni imponibili e la mera presenza di operazioni esenti integrassero elementi idonei a far nascere l’obbligo di attuazione della procedura del cd. “pro rata”..

5. I due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi – sono fondati nei limiti che seguono.

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nel testo vigente ratione temporis, al comma 5 stabilisce i criteri di determinazione della percentuale di indetraibilità (c.d. pro rata):

“5. Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis.”.

Di seguito il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis, definisce al comma 1 le modalità di calcolo ed al comma 2 alcune deroghe:

“1. La percentuale di detrazione di cui all’art. 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. La percentuale di detrazione è arrotondata all’unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi.

2. Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto (….), quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili, delle altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del predetto art. 10, ferma restando la indetraibilità dell’imposta relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare queste ultime operazioni.”.

6. Ciò premesso sul piano normativo, va ricordato – in via di principio – che ai fini della determinazione dell’imposta a carico dell’impresa, nel sistema IVA della rivalsa e della detrazione, ciò che rileva è l’effettivo volume di affari del contribuente, costituito dall’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate nell’esercizio dell’attività imprenditoriale (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1). Ne discende che, così come le operazioni passive che abbiano comportato il pagamento dell’IVA in rivalsa non danno diritto a detrazione se non rientrano nell’attività propria dell’impresa, poichè non hanno contribuito a determinare l’entità delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi che costituiscono l’oggetto dell’attività imprenditoriale, per la medesima ragione – a contrario – le operazioni attive esenti estranee a quell’oggetto non possono rientrare nel calcolo del pro rata di riduzione dell’IVA detraibile (Cass. n. 10528/1998). Ciò in quanto – com’è del tutto evidente – la determinazione dell’effettivo volume di affari del contribuente, sul quale è destinata ad incidere l’imposta, non può essere effettuata se non sulla base dell’attività in concreto dal medesimo esercitata. In tale prospettiva il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis, comma 2, impone quindi di tenere conto anche delle operazioni esenti al fine della determinazione della percentuale di indetraibilità (c.d. pro rata), quando queste costituiscano oggetto “dell’attività propria dell’impresa” (Cass. 11085/2008).

L’esigenza, ai fini della determinazione dell’imposta, di tenere conto del coacervo delle operazioni di cessione e di prestazione di servizi effettuate nell’esercizio effettivo dell’impresa, comporta, infatti, la necessità di avere riguardo, non già all’attività previamente definita dall’atto costitutivo come oggetto sociale, bensì a quella realmente svolta dal contribuente nell’esercizio dell’impresa, atteso che, ai fini dell’imposta, rileva il volume d’affari del contribuente, costituito dall’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate; i proventi di un’attività strumentale ed accessoria, svolta in modo assolutamente occasionale e, quindi, estranea a quella propria di impresa del contribuente, da accertarsi in concreto e non sulla base delle mere previsioni statuarie, debbono essere esclusi dal calcolo della percentuale di riduzione dell’IVA detraibile in ragione delle operazioni esenti effettuate, come confermato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, lett. e) quater, “ratione temporis” vigente (Cass. n. 6486/2018; n. 5970/2014).

7. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare con principio a cui intende darsi continuità, “per verificare se una determinata operazione attiva rientri, o meno, nell’attività propria di una società, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti (cd. “pro rata”), occorre considerare l’attività in concreto svolta in modo prevalente dall’impresa, assumendo a tal fine rilevanza l’esistenza di una contabilità distinta e la misura ingente dell’ammontare dei ricavi derivanti dall’una, rispetto a quelli provenienti dall’altra attività”(Cass. n. 8813/2019; n. 7654/2017).

A tal fine, pertanto, oltre agli atti che tipicamente esprimono il raggiungimento del fine produttivo enunciato nell’atto costitutivo dell’ente, occorre avere riguardo anche a quelle attività ulteriori che si raccordino con detto fine secondo parametri di regolarità causale, o che siano comunque ad esso legate da un nesso di carattere funzionale non meramente occasionale (Cass. 6194/01, 9762/03,11073/06, 6574/08, 5970/2014; precedenti specifici Cass. n. 4613/2016, 7654/2017; n. 8813/2019; 6846/2018).

8. Nel caso in esame, la Commissione Regionale non ha fatto corretta applicazione dei su esposti principi, avendo omesso di accertare, nella ricostruzione della fattispecie concreta, la natura occasionale delle operazioni esenti.

In conclusione, il ricorso va accolto con rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione, affinchè alla luce dei principi esposti accerti se le attività dichiarate esenti abbiano natura occasionale secondo quanto disposto dall’art. 19 cit..

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, in altra composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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