Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 501 del 14/01/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 501 Anno 2016
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

SENTENZA

sul ricorso 18660-2009 proposto da:
BONGARZONI ALBERTO in proprio, nella qualità di
legale rappresentante della cessata S.N.C. DIALCA di
BONGARZONI ALBERTO & C., nonchè di titolare della
ditta individuale DIALCA di BONGARZONI ALBERTO,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIULIO
ARISTIDE SARTORIO 60, presso l’avvocato MARCO
CAMARDA,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

GIUSEPPE FALACE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 14/01/2016

CURATELA FALLIMENTO DIALCA S.N.C. DI BONGARZONI
ALBERTO E DI BONGARZONI ALBERTO, CAFFAREL S.P.A.,
RANCILIO MACCHINE PER CAFFE’ S.P.A.;
– intimate –

avverso la sentenza n. 526/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/10/2015 dal Consigliere Dott. LOREDANA
NAZZICONE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato CAMARDA MARCO,
con delega, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di ANCONA, depositata il 16/09/2008;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il ricorrente propone, sulla base di due motivi,
ricorso per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello di Ancona del 16 settembre 2008, la quale ha
respinto il reclamo avverso la sentenza del Tribunale di
Macerata in data 20 marzo 2008, dichiarativa del fallimento
della Dialca s.n.c. e del socio illimitatamente

La corte territoriale ha ritenuto, per quanto ora
rileva, che non fosse decorso il termine di fallibilità di
un anno decorrente dalla cancellazione della società dal
registro delle imprese, ai sensi dell’art. 10 1.f., posto
che la società era stata cancellata il 18 ottobre 2007; e
che fossero stati superati i limiti dimensionali di cui
all’art. l 1.f., non avendo la società provato il
contrario.
Non svolgono difese gli intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, si denunzia la violazione
e la falsa applicazione dell’art. 10 1.f., perché i soci
erano due, ma uno aveva esercitato il 14 febbraio 2006 il
recesso, trascritto nel registro delle imprese il 14 agosto
2006, e dalla prima di queste date era cessata l’attività
commerciale della società; mentre non si può tener conto
della cancellazione in data 18 ottobre 2007 dal registro
delle imprese “dell’impresa individuale” che non esercitava
attività commerciale già da prima del recesso, avendo dato
in affitto i rami d’azienda.
Con il secondo motivo, si censura la violazione o
falsa applicazione dell’art. l 1.f., in quanto il triennio
da prendere in considerazione è quello degli anni 20052006-2007, dovendosi invero includere l’anno 2007, decorso
prima dell’udienza di comparizione (12 marzo 2008), pur
essendo ancora pendente il termine di deposito del bilancio
di esercizio 2007. Così calcolato, il reddito era stato
cospicuo sino al 2003, anno della cessione di rami
R.G. 18660/2009

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responsabile Alberto Borganzoni.

d’azienda, mentre negli anni 2005-2006-2007 il requisito
reddituale era stato ben al di sotto del minimo
dimensionale; inoltre, dalla somma di C 223.000,00 relativa
al 2006, valutata come superiore dal tribunale, dovevano
detrarsi C 30.804,85, non inerenti all’esercizio
dell’impresa, e dall’attivo dello stato patrimoniale
avrebbero dovuto detrarsi le voci per debiti verso soci e

verso fornitori.
2. – Il primo motivo, di non perspicua formulazione,
deve ritenersi porre la questione del decorso del termine
annuale

di

fallibilità

in

ragione

della

dedotta

trasformazione della società, dopo il recesso del secondo
socio, in impresa individuale, e cessazione della prima.
Mentre la questione della cessazione del rapporto
sociale relativo al socio è del tutto nuova ed
inammissibile, occorre evidenziare come, nel caso di
recesso del socio da una società in nome collettivo
composta da due soli soci, qualora quello superstite non
abbia ricostituito la pluralità della compagine sociale, si
determina lo scioglimento della società, a norma dell’art.
2272, n. 4, c.c., e non la sua estinzione, con la
conseguente possibilità del fallimento.
Inoltre, rispetto ai terzi ed ai creditori, ciò che
rileva non è, in sé, la cessazione dell’attività
commerciale ma esclusivamente la cancellazione dal registro
delle imprese, come dispone l’art. 10 1.f. applicabile
ratione temporis. Ed all’imprenditore non è dato di provare
la cessazione dell’attività prima della cancellazione dal
registro delle imprese, essendo stata detta facoltà
attribuita soltanto al p.m. ed ai creditori dall’art. 10
1.f. menzionato.
Avendo

la

corte

del merito

fatto

corretta

applicazione di tali principi, il motivo va disatteso.
3. – Il secondo motivo è infondato.
Il calcolo

dell’attivo patrimoniale, richiesto

dall’art. l, 2 ° comma, 1.f. ai fini del computo dei
R.G. 18660/2009

4

lI co

est.

requisiti dimensionali, va operato in riferimento agli
ultimi tre esercizi antecedenti il deposito dell’istanza di
fallimento.
A tale conclusione conduce la portata letterale
della norma, alla stregua delle modifiche introdotte alla
legge fallimentare dal d.lgs. n. 169 del 2007, a seguito
delle quali si è definitivamente chiarito che sia l’attivo

ultimi tre esercizi anteriori al deposito della istanza di
fallimento.
In verità, la conclusione era stata raggiunta anche
con riguardo al precedente testo di cui al d.lgs. n. 5 del
2006 (Cass. 3 dicembre 2010, n. 24630, che appunto
precisava doversi considerare, quale triennio, gli ultimi
tre esercizi, in cui la gestione economica è scadenzata, e
non gli anni solari).
Il principio è stato ora espressamente affermato da
questa Corte (Cass. 27 maggio 2015, n. 10952), facendo
perno sulla interpretazione della norma in tema di
requisiti dimensionali per l’esonero dalla fallibilità
dell’imprenditore commerciale, per la quale occorre
considerare la determinazione dell’attivo patrimoniale con
riferimento agli ultimi tre esercizi antecedenti alla data
del deposito dell’istanza di fallimento.
A tale interpretazione si perviene in ragione del
dato letterale della norma, chiaro ed inequivoco, che ne
permette la ricostruzione del significato e la connessa
portata precettiva.
Ne deriva che correttamente il triennio esaminato, a
fronte dell’istanza di fallimento presentata nel 2007, è
stato quello del periodo 2004-2006.
Ciò posto, il ricorrente medesimo, inoltre, ricorda
come i giudici del merito abbiano ritenuto superato il
requisito dimensionale per l’anno 2006; del quale poi
pretende un’inammissibile, nuova considerazione in questa
sede.
R.G. 18660/2009

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Il cons

patrimoniale, sia i ricavi debbano computarsi in base agli

4. – Nulla sulle spese, non svolgendo difese gli
intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del

30 ottobre 2015.

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