Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5007 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 25/02/2020), n.5007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26041/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

T.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di

Palermo, n. 2277/30/14, depositata l’11 luglio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre

2019 dal relatore Dario Cavallari.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.A. ha adito la CTP di Trapani impugnando il rigetto del reclamo dal medesimo contribuente proposto contro l’aggiornamento degli archivi catastali seguito alla verifica straordinaria effettuata dal Consorzio Co.gi. per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero delle Finanze, al fine di ottenere il corretto accertamento del confine della sua proprietà privata con il Pubblico Demanio Marittimo in località (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS).

In particolare, con il reclamo era stata contestata la posizione della linea di demarcazione del confine tra la detta proprietà privata e la contigua fascia demaniale marittima, che aveva condotto alla formazione di una nuova particella demaniale, ed era stato chiesto l’annullamento dell’aggiornamento cartografico.

La CTP di Trapani, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 130/2/11, ha accolto il ricorso.

L’Agenzia del Territorio di Trapani ha proposto appello che la CTR di Palermo, con sentenza n. 2277/30/14, ha respinto.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il contribuente è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, attinente alla giurisdizione, con riferimento all’art. 32 C.N., all’art. 58 relativo Regolamento ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, l’Agenzia delle Entrate lamenta che, nella specie, non sussisterebbe la giurisdizione tributaria poichè questa sarebbe inscindibilmente legata alla natura tributaria del rapporto e, dunque, al rispetto delle norme concernenti l’attribuzione o la modifica delle rendite catastali ovvero l’intestazione catastale e delle successive volture, ma non sarebbe estensibile all’accertamento del diritto di proprietà o di altri diritti reali.

Pertanto, ad avviso di parte ricorrente, facendosi questione, nel caso in esame, della demanialità della zona, la giurisdizione sarebbe spettata al giudice ordinario.

La doglianza è infondata.

Riguardo all’oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, stabilisce che “appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonchè le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, lett. f), enuncia, tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, proprio “gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2”.

Con particolare riferimento all’art. 2, citato comma 2, le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno osservato che tale norma non può riferirsi ad ogni controversia che possa avere ad oggetto le materie in essa indicate perchè, in questo modo, finirebbero per ricadere nella giurisdizione tributaria molte tipiche azioni di rivendica o di regolamento di confini, che palesemente esulano dalla materia che la normativa in discorso intende disciplinare.

Ne consegue che la sua previsione va riferita a quelle controversie che abbiano ad oggetto atti relativi all’intestazione o alle variazioni catastali e che si pongano come presupposto per l’assoggettamento a tributi o per la determinazione dell’entità degli stessi mentre, qualora la contestazione coinvolga in radice la titolarità del diritto dominicale, non può che affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario (Cass., SU, n. 2950 del 16 febbraio 2016).

Dunque, appartiene al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie tra privati, o anche tra privati e pubblica amministrazione, aventi ad oggetto la verifica dell’esistenza e dell’estensione del diritto di proprietà, nel corso delle quali le risultanze catastali ben possono essere utilizzate a fini probatori, come, ad esempio, le mappe catastali in caso di azione di regolamento di confini.

Qualora, invece, si intendano contestare, nei confronti degli organi competenti, le risultanze catastali esistenti ed ottenere la variazione degli atti relativi alle operazioni elencate nell’art. 2, comma 2, menzionato, anche al fine di adeguarli all’esito di un’azione di rivendica o di regolamento di confini, la giurisdizione non può che spettare al giudice tributario, in forza della norma de qua e in ragione della diretta incidenza di tali atti sulla determinazione dei tributi (Cass., SU, n. 19524 del 23 luglio 2018).

Ciò perchè la disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, che attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella nonchè quelle relative alla consistenza, al classamento delle singole unità immobiliari e all’attribuzione della rendita catastale, si applica esclusivamente alle controversie tributarie in senso stretto, quali sono quelle instaurate dai privati possessori che abbiano ad oggetto operazioni di intestazione o di variazione catastale operate dall’amministrazione e necessarie al fine della imposizione di tributi. Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario qualora la controversia riguardi l’accertamento, sic et simpliciter, della titolarità del diritto di proprietà invocato dal privato nei confronti della P.A. (Cass., SU, n. 16429 del 26 luglio 2007).

Si tratta di orientamento che si pone nel solco di una tradizione giurisprudenziale remota (Cass., SU, n. 3369 del 14 novembre 1972) e, poi, consolidatasi (Cass., SU, n. 16429 del 26 luglio 2007; Cass., SU, n. 13691 del 14 giugno 2006), laddove spetta al giudice ordinario, e non al giudice tributario, l’accertamento dei confini tra terreno privato ed aree demaniali o, comunque, di proprietà pubblica, avendo tali domande per oggetto la verifica dell’esistenza ed estensione di un diritto soggettivo dell’attore in contrapposizione al diritto di proprietà dello Stato o di altro ente pubblico (Cass., SU, n. 26906 del 23 dicembre 2016; Cass., SU, n. 25316 del 12 dicembre 2016).

Nella specie, il contribuente, dopo avere presentato inutilmente reclamo amministrativo, chiedendo all’ufficio locale del catasto che sulla cartografia catastale fosse ripristinata la consistenza originaria della particella di sua proprietà, a suo avviso erroneamente frazionata con creazione, in fatto, di una nuova particella, con conseguente alterazione della originaria superficie, ha dedotto e dimostrato (il fatto non è contestato e risulta pure dalla sentenza gravata) che il suo diritto sull’immobile de quo era stato affermato con decisione ormai definitiva della Corte di Appello di Palermo n. 66 del 2007, che aveva confermato quella del Tribunale di Marsala – Sezione distaccata di Castelvetrano, n. 8 del 2002.

Se ne ricava che il giudice tributario è stato chiamato a verificare la correttezza o meno della nuova cartografia catastale dei luoghi in confronto al separato e presupposto giudicato civile sulla non demanialità dell’area controversa. Avverso il locale ufficio statale del catasto il controricorrente ha contestato, quindi, le sole risultanze catastali esistenti, per ottenere la variazione degli atti relativi e al fine di adeguarli al detto giudicato civile formatosi in confronto delle autorità regionali preposte al demanio marittimo siciliano.

Ne consegue che la giurisdizione non può che spettare al giudice tributario, in forza dell’art. 2, comma 2, e dell’art. 19, lett. f) menzionati e in ragione della diretta incidenza di tali atti sul rapporto censuario e sulla determinazione dei carichi fiscali conseguenti, secondo i parametri già individuati dalle Sezioni unite in via generale (Cass., SU, n. 2950 del 16 febbraio 2016), come, peraltro, già accertato dalla S.C. in fattispecie analoga (Cass., SU, n. 33658 del 28 dicembre 2018; Cass., SU, n. 19524 del 23 luglio 2018, entrambe non massimate).

2. Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. perchè la CTR avrebbe errato nel ritenere che la sentenza n. 66 del 2007 della Corte di Appello di Palermo fosse passata in giudicato nei suoi confronti, non essendo essa stata parte del relativo giudizio.

La doglianza è infondata.

La mancata presenza dell’Agenzia delle Entrate nel precedente giudizio civile è priva di rilievo, atteso che essa non ha un interesse dominicale in causa.

Nel giudizio tributario, invece, non venendo in questione l’accertamento della proprietà del bene, bensì unicamente l’aspetto censuario, ovverosia la materiale rappresentazione catastale del medesimo bene, la quale non può costituire, regolare o estinguere alcun diritto dominicale sull’area de qua, l’unica parte pubblica interessata è costituita proprio dall’Agenzia delle Entrate, rispondendo il contenzioso catastale di cui alla normativa sopracitata unicamente ad una nozione d’interesse fiscale inteso come interesse congiunto del fisco e del contribuente alla definizione di un corretto ambito censuario, anche al fine di adeguarlo all’esito delle autonome, separate e diverse azioni di rivendica e/o di regolamento di confini.

Nella specie, è evidente, come rilevato, che il giudizio in esame non riguarda l’accertamento della proprietà, il quale è avvenuto in diverso processo, poichè ad essere contestato è stato l’avvenuto posizionamento, ad opera della P.A., della linea di demarcazione fra la proprietà privata del contribuente ed il demanio marittimo, finalizzata all’aggiornamento cartografico-censuario, assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto.

Se ne ricava, da un lato, che il giudizio di accertamento della proprietà non avrebbe mai potuto coinvolgere l’Agenzia delle Entrate, dall’altro, che, una volta passata in giudicato tale decisione, essa è tenuta a prenderne atto, non avendo interesse alcuno a contestarla (Cass., SU, n. 33658 del 28 dicembre 2018, non massimata).

3. Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 32 C.N., del D.P.R. n. 684 del 1977, art. 3, e dell’art. 100 c.p.c. in quanto legittimata passiva nel giudizio in questione era non essa Agenzia del Territorio, ma la Regione Sicilia.

La doglianza è manifestamente infondata.

Infatti, come evidenziato, il giudizio in esame non riguarda l’accertamento della proprietà, il quale è avvenuto in diverso processo, ma l’avvenuto posizionamento, ad opera della P.A., della linea di demarcazione fra la proprietà privata del contribuente ed il demanio marittimo, finalizzata all’aggiornamento cartografico-censuario, assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto.

Inoltre, ad essere impugnato è un provvedimento (il rigetto di cui sopra) emesso dall’Ufficio.

Se ne ricava che non avrebbe mai potuto essere legittimata passivamente la Regione Sicilia.

In particolare, non può essere applicato il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, il quale prescrive, ai commi 1 e 3, qui rilevanti, che “Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi.

Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso”.

Ciò perchè, come rilevato, nel giudizio tributario non viene in riguardo l’accertamento della proprietà del bene, ma solo l’aspetto censuario, ovverosia quella materiale rappresentazione catastale del medesimo bene, la quale non può costituire, regolare o estinguere alcun diritto dominicale sul sito interessato.

4. Il ricorso è, quindi, respinto.

Alcuna statuizione deve essere assunta in ordine alle spese di lite, alla luce della condotta processuale del contribuente.

P.Q.M.

La Corte,

– rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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