Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5005 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 24/02/2021), n.5005

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27097-2019 proposto da:

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO DI CENSO;

– ricorrente –

contro

CONFCOMMERCIO IMPRESE PER L’ITALIA – (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato FRANCO SABATINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA GROSSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 426/2019 della CORTE L’AQUILA, depositata il

06/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera partecipata del

02/12/2020 dal Consigliere ALFONSINA DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

R.V., direttore della Confcommercio di (OMISSIS), ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila, la quale, nel confermare parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa città, lo ha condannato a restituire all’associazione di cui era dipendente, le somme indebitamente percepite a vario titolo (rimborsi spese, premi e altro);

avendo la Corte territoriale ritenuto applicabile il CCNL “Confcommercio” e non il CCNL “Terziario” per espressa adesione del datore al primo dei due, è risultata esclusa dalla fattispecie l’applicazione dell’art. 153 del CCNL Terziario, che prevede un premio di produttività aggiuntivo in favore dei dipendenti, invocata dal R. quale titolo delle somme percepite;

valutate le testimonianze rese in giudizio congrue, attendibili e compatibili con le prove documentali versate in atti, la stessa Corte di merito è giunta alla conclusione che l’appellante non aveva allegato nè dimostrato una versione alternativa dei fatti rispetto a quanto emerso dall’istruttoria, e che il surplus percepito non derivava dall’attribuzione del premio di produttività di cui all’art. 153 del CCNL del settore Terziario, bensì era conseguenza del fatto, di ben diverso tenore, che il direttore, abusando del proprio ruolo, si era auto attribuito somme di danaro senza nemmeno informarne il Presidente della locale associazione;

ancora, la sentenza d’appello ha escluso il diritto del R. di trattenere una parte degli emolumenti a titolo d’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi reiteratamente non goduti, ritenendo che la posizione apicale dallo stesso ricoperta, rendendo imputabile a lui stesso il mancato godimento, ne determinava l’impossibilità di monetizzazione;

infine, ha riformato la sentenza di primo grado, nel punto in cui questa aveva escluso il diritto dell’appellante al residuo t.f.r., ricalcolando la retribuzione del mese di giugno 2014 comprensiva del rateo di tredicesima mensilità e del t.f.r. residuo in Euro 4.304,44 lorde, e, operate le compensazioni di dare e avere, ha quantificato la cifra da restituire alla Confcommercio Pescara in Euro 14.325,56 oltre ad interessi al saldo;

la cassazione della sentenza è domandata da R.V. sulla base di quattro motivi;

Confcommercio Pescara ha depositato controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente contesta “Erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 416,420,421 e 437 c.p.c.”; denuncia l’erroneità dell’applicazione del CCNL “Confcommercio” in mancanza di produzione dello stesso da parte della Confcommercio Pescara in sede di opposizione al decreto ingiuntivo; insiste per l’imputazione delle somme percepite a titolo di riconoscimento dell’indennità premiale prevista dall’art. 153 del CCNL per il Settore Terziario;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2709 e 2735 c.c., nonchè art. 2732 c.c.”; ritiene che il giudice del merito sarebbe stato vincolato al contenuto delle buste paga, contenenti la confessione stragiudiziale con piena efficacia probatoria di quanto corrisposto, la cui revoca per errore di fatto o violenza non sarebbe mai stata provata dall’appellata;

col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia “Erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. e art. 2109 c.c., commi 2 e 3, art. 2697 c.c. e art. 36 Cost., nonchè art. 112 c.p.c.”;

contesta il rigetto della domanda di pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti; sostiene di aver ottenuto il decreto ingiuntivo in primo grado lamentando proprio il mancato godimento dell’indennità, e che, in sede di opposizione, la Confcommercio nulla avesse eccepito riguardo al potere del dirigente di autodeterminare il godimento di ferie e permessi;

col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 6, nonchè nullità della sentenza per difetto di motivazione”; la sentenza d’appello avrebbe quantificato l’importo oggetto di restituzione in cifra superiore a quella decisa dal giudice di primo grado in assenza di una specifica impugnazione incidentale da parte della Confcommercio Pescara e senza che la decisione sia stata supportata da adeguata motivazione;

il primo motivo è infondato;

la Corte d’appello ha esaminato la questione della tardiva produzione del CCNL Confcommercio, in quanto effettuata nella prima udienza anzichè col ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo ed ha ritenuto di affermare comunque la concreta inapplicabilità del contratto collettivo “Terziario” al rapporto di lavoro controverso sotto un profilo sostanziale;

in tal senso, la Corte territoriale ha dato corretta attuazione al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la deduzione da parte del datore di lavoro dell’inapplicabilità nei suoi confronti della contrattazione collettiva invocata dal lavoratore non incorre nelle preclusioni poste dall’art. 347 c.p.c., non costituendo eccezione in senso stretto, bensì mera difesa, volta a contestare l’esistenza e la portata di un fatto costitutivo; mentre è la parte che agisce ponendo a fondamento della domanda l’anzidetta contrattazione che risulta gravata dell’onere di fornire la dimostrazione della sua applicabilità al caso concreto, secondo le regole generali dettate dall’art. 2697 c.c. (Così Cass. n. 11505 del 2004);

il secondo motivo, concernente il valore di confessione stragiudiziale dei prospetti paga da parte del datore di lavoro è inammissibile, in assenza di trascrizione delle stesse, del loro deposito unitamente al ricorso per cassazione e di specifica localizzazione;

anche il terzo motivo è inammissibile per mancanza di specificità, atteso che parte ricorrente non trascrive e non produce l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo da cui risulterebbe che Confcommercio nulla abbia eccepito circa il potere del Direttore di autodeterminare modalità e tempi di godimento delle ferie;

il quarto motivo è parimenti inammissibile per genericità;

parte ricorrente non produce e non trascrive l’atto di costituzione in appello della Confcommercio, da cui risulterebbe che questa non abbia chiesto la riforma del capo della sentenza di prime cure in ordine al quantum dovuto;

giova ribadire che il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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