Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5002 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 24/06/2016, dep.28/02/2017),  n. 5002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11913-2014 proposto da:

AGEA AGENZIA EROGAZIONE AGRICOLTURA, in persona del Commissario pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è rappresentata e

difesa per legge;

– ricorrente –

contro

AZIENDA AGRICOLA R.F., in persona del titolare e legale

rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CESARE TAPPARO giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 35/2013 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI di

SAN VITO AL TAGLIAMENTO, depositata il 19/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso preliminarmente per il rinvio a N.R.

in attesa della decisione delle S.U. in subordine per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

I FATTI

L’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) proponeva opposizione ad un decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dalla Azienda Agricola R.F., per l’omesso pagamento di contributi comunitari PAC per alcune stagioni fino al 2008, liquidati dall’Agenzia ma non erogati all’agricoltore, deducendo la stessa in compensazione il proprio controcredito per recupero di somme dovute dall’azienda a titolo di prelievo supplementare per quote latte eccedentarie.

Il Tribunale di Pordenone (richiamando una univoca giurisprudenza formatasi nel distretto della Corte d’Appello di Trieste) rigettava l’opposizione.

La Corte d’Appello di Trieste ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia, ai sensi degli artt. 348 bis e ter c.p.c.. richiamando anch’essa l’esistenza di una propria consolidata giurisprudenza con la quale ripetutamente ha avuto modo di escludere la compensabilità di tali crediti.

L’Agea propone pertanto tempestivo ricorso per cassazione, articolato in due motivi, direttamente contro la sentenza di primo grado, n. 35/2013 del 19 agosto 2013 del Tribunale di Pordenone.

Detta sentenza rigettava preliminarmente l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Agenzia, e riteneva la propria competenza territoriale escludendo l’applicabilità della norma sul foro erariale; nel merito, rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da Agea non ritenendo di poter operare la compensazione tra i due crediti. Escludeva, in particolare, che trovasse applicazione retroattiva la disposizione dell’art. 5 ter del reg. CE n. 885/2006, introdotta dal regolamento CE n. 1043/2008 della Commissione in data 21.10.2008, che consente di operare la compensazione “degli importi dei debiti in essere di un beneficiario, accertati in conformità della legislazione nazionale”, con “i futuri pagamenti a favore del medesimo beneficiario”.

Il tribunale rilevava inoltre che, a fronte di un credito certo, liquido ed esigibile vantato dal privato per i contributi PAC, l’Agea non aveva provveduto ad erogare la somma ad essa ingiunta, pretendendo di compensarla con quanto da essa anticipato per i prelievi supplementari di quote latte dovuti dall’Azienda agricola, in una ipotesi in cui la compensazione non poteva operare in quanto il credito dell’Agea opposto in compensazione non era stato definitivamente accertato, essendo tuttora pendente per esso un contenzioso presso l’AGA.

Resiste l’azienda agricola con controricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, ai fini della ammissibilità della impugnazione, giacchè si tratta di un ricorso eccezionalmente proposto avverso la sentenza di primo grado a seguito di declaratoria di inammissibilità dell’appello ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, deve darsi atto (ai fini della esclusione dell’avvenuta formazione del giudicato sulle questioni oggetto di ricorso) che la ricorrente richiama esaurientemente i già proposti motivi di appello, con i quali denunciava:

– l’errata applicazione, da parte del tribunale, dei principi generali in materia di compensazione dei crediti (essendo stato opposto in compensazione dall’Agenzia un credito liquido ed esigibile, ancorchè giudizialmente contestato);

– l’errata applicazione del D.Lgs. n. 228 del 2001 e del D.L. n. 182 del 2005, art. 3, comma 5 duodecies con illegittima conseguente esclusione della ripetizione di indebito, dovuta in caso di percezione di contributi comunitari per quote latte eccedentarie;

– l’errata interpretazione dei regolamenti 21 giugno 2006, n. 885 e 21 ottobre 2008, n. 1034, nonchè della L. n. 22 del 2008, reputata inapplicabile retroattivamente dal tribunale;

– infine, contestava l’affermazione di impignorabilità delle somme dovute, affermando che il tribunale non avesse ben compreso la vera natura della compensazione opposta da AGEA.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 ter del regolamento CE 21 giugno 2006, n. 885, introdotto dal regolamento CE 21 ottobre 2008, n. 1034, nonchè dell’art. 1243 c.c., dei principi generali in tema di compensazione e dei principi generali in tema di gerarchia delle fonti.

Con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 ter del reg. CE n. 885 del 2006, come introdotto dal reg. CE n. 1034 del 2008, e della L. n. 33 del 2009, art. 8 ter, del D.L. n. 182 del 2005, art. 3, comma 5 duodecies, convertito in L. n. 231 del 2005, nonchè degli artt. 1241, 1242, 1243 e 1246 c.c. nonchè dei principi generali in materia di compensazione.

La ricorrente non ripropone quindi la questione di giurisdizione del giudice ordinario (peraltro risolta, in analoga fattispecie, nel senso della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, dalla ordinanza delle sezioni Unite n. 25261 del 2009, richiamata anche dalla sentenza impugnata, secondo la quale “In tema di finanziamenti e contributi comunitari diretti agli agricoltori alfine di coordinare la politica agricola nella Comunità Europea (c. d. aiuti P.A. C), la domanda avente ad oggetto il pagamento di un importo, già concesso e liquidato ma non ancora erogato, è assoggettata alla giurisdizione del giudice ordinario, essendo il richiedente, a seguito dell’emanazione dell’atto di concessione del finanziamento, titolare di un diritto soggettivo, mentre rimane ferma la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda volta ad ottenere il riconoscimento degli incentivi economici ed alla impugnativa degli atti relativi all’istruttoria amministrativa e all’emissione del provvedimento finale di concessione, essendo il richiedente titolare, in questa fase, solo di un interesse legittimo”).

Non ripropone neppure la questione della competenza territoriale del giudice adito, esaminata nel corso del giudizio di primo grado.

Critica invece, in riferimento alle norme che si assumono violate, i punti della decisione in cui il giudice territoriale ha negato l’accesso alla compensazione, sul presupposto fondamentale che il credito della Agea per le quote latte eccedentarie sia ancora contestato nel quantum in quanto l’azienda ha promosso una causa davanti al giudice amministrativo contestando l’ammontare del credito dell’Agenzia.

Sostiene la ricorrente che, affinchè possa operare la compensazione sulla base delle norme citate, è necessario che il credito sia stato accertato amministrativamente (ovvero, che sia stato autoliquidato dall’amministrazione) mentre non è necessario che sia stato accertato giudizialmente, neppure in caso di contestazione.

Pertanto, sostiene che si può procedere alla compensazione nel caso di specie, trattandosi di compensazione non in senso proprio ma “atecnica”.

Aggiunge, in relazione al secondo motivo, che è ben vero che le norme che hanno introdotto il registro nazionale dei debiti (S.I.A.N.) e hanno stabilito l’unicità del rapporto tra ciascun produttore e l’Unione, abilitando gli organismi addetti al pagamento ad effettuare la compensazione tra le rispettive poste di debiti e crediti, sono entrate in vigore solo nel 2008-2009, cioè successivamente al maturare dei crediti (per questo motivo le corti friulane ritengono che, non avendo tali norme efficacia retroattiva, non può operare la compensazione). Tuttavia, la ricorrente sostiene che ciò non precluda la possibilità di una compensazione atecnica tra i due crediti in quanto:

– esisteva già prima delle modifiche introdotte con l’ultimo regolamento comunitario il principio della compensabilità dei debiti comunitari;

– perchè operi la compensazione, è sufficiente che le rispettive ragioni di debito e credito esistano nel momento in cui si deve effettuare il pagamento, non rileva invece che siano sorte contemporaneamente: ciò porterebbe ad escludere che la compensazione possa operare solo per i rapporti sorti successivamente, in particolare all’entrata in vigore della L. n. 33 del 2009.

Il ricorso va complessivamente rigettato, per le ragioni di seguito esposte.

Deve ritenersi infatti, dando seguito a quanto già affermato da questa Corte con la sentenza n. 13279 del 2016, che:

diversamente da quanto sostenuto da: Agea, precedentemente alla adozione del nuovo regolamento comunitario del 2008 (Reg. CE n. 1034/2008 della Commissione del 21 ottobre 2008), che ha integrato la disciplina del regolamento CE n. 885/2006, la c.d. compensazione comunitaria tra crediti reciproci aventi titolo nella gestione dei medesimi fondi comunitari non riceveva alcuna espressa regolamentazione da parte dell’ordinamento comunitario (come si evince anche dalla sentenza della Corte di Giustizia CE in data 18.5.1998, causa C-132/95, Bent e Korn, punto 35);

che tuttavia, già ben prima della emanazione del predetto regolamento comunitario l’istituto della compensazione tra crediti comunitari e crediti statali era stato previsto dai singoli Stati membri, ed era stato già ritenuto conforme al diritto comunitario nel caso in cui tale compensazione costituisse l’unico modo per recuperare i debiti maturati a qualsiasi titolo nei confronti dello Stato da un operatore insolvibile (v. Corte di Giustizia CE, sentenza 1 marzo 1983, causa C-250/78, DEKA), non incidendo tale ipotesi di compensazione sulla realizzabilità dello scopo che si prefiggeva la normativa comunitaria attributiva dell’aiuto economico al beneficiario;

però, sia prima che anche dopo l’emanazione del regolamento comunitario n. 1034 del 2008, i requisiti legali di compensabilità dei crediti vanno ricostruiti alla stregua della normativa nazionale: è la stessa norma comunitaria del 2008 che prevede che possano essere compensati con il credito di recupero di uno Stato membro solo “i debiti in essere di beneficiario, accertati in coniò rinità della legislazione nazionale”;

che per giurisprudenza consolidata di questa Corte la contestazione giudiziale dell’esistenza – così come dell’ammontare – del controcredito ne impedisce la “compensazione legale”, ex art. 1243 c.c., comma 1, essendo sufficiente rilevare in proposito come il requisito della certezza del credito, oltre a quelli della liquidità ed esigibilità, sia implicitamente richiesto come elemento necessario dalla norma dell’art. 1243 c.c., atteso che la contestazione della esistenza del credito viene a risolversi, in ogni caso, anche in un difetto del requisito di liquidità (v. in questo senso, oltre alla cit. Cass. n. 13279/2016, anche Cass. S.U. n. 2234 del 1975, Cass. n. 13208 del 2010, Cass. n. 1695 del 2015). La compensazione presuppone cioè che, in ogni caso, ricorrano, i requisiti di cui all’art. 1243 cod. civ., ovvero che si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili (o di facile e pronta liquidazione). Ne consegue che un credito contestato in un separato giudizio non è suscettibile di compensazione legale, attesa la sua illiquidità, nè di compensazione giudiziale, poichè potrà essere liquidato soltanto in quel giudizio, salvo che, nel corso del giudizio di cui si tratta, la parte interessata alleghi ritualmente che il credito contestato è stato definitivamente accertato nell’altro giudizio con l’efficacia di giudicato, e neppure della cosiddetta “compensazione atecnica”, perchè essa non può essere utilizzata per dare ingresso ad una sorta di “compensazione di fatto”, sganciata da ogni limite previsto dalla disciplina codicistica. (in questo senso, da ultimo Cass. n. 1695 del 2015).

Si aggiunga che il D.L. n. 5 del 2009, art. 8 ter conv. in L. n. 33 del 2009, citato dalla ricorrente, che ha istituito il registro S.I.A.N. dei debiti delle imprese agricole, non è venuto a modificare la precedente previsione normativa secondo cui soltanto gli importi per contributi comunitari indebiti possono essere oggetto di misure di recupero e di compensazione, diversamente dovendo essere integralmente versati ai beneficiari i pagamenti relativi ai finanziamenti FEAGA e FEASR (ex art. 9 del reg. CE n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005).

Ne consegue che è corretta l’affermazione della sentenza impugnata secondo la quale in mancanza del previo accertamento definitivo del carattere indebito della somma liquidata a titolo di ripetizione delle quote latte percepite in eccesso dalla società ricorrente, il cui importo non solo era contestato, ma in relazione al quale era pendente l’accertamento dinanzi al giudice amministrativo, i due crediti non fossero compensabili.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Al momento del deposito del ricorso non esisteva ancora un precedente di legittimità sulla questione proposta, il che giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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