Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5001 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/02/2017, (ud. 30/11/2016, dep.27/02/2017),  n. 5001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4047/2016 proposto da:

B.C., BR.CA., C.G., CH.MI.,

E.A., F.M., G.S., GI.RO.,

M.L., MA.LE.CA., P.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI ROMANO, che li rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1061/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emesso il 04/05/2015 e depositato il 07/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con decreto depositato in data 7 luglio 2015, la Corte d’appello di Perugia ha accolto l’opposizione proposta dal Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, avverso il decreto con il quale il Consigliere designato aveva riconosciuto a B.C., Br.Ca., C.G., Ch.Mi., E.A., F.M., G.S., Gi.Ro., M.L., Ma.Le.Ca. e P.M. l’importo di Euro 3.000,00 ciascuno a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per la durata irragionevole del giudizio amministrativo introdotto dinanzi al TAR del Lazio nel 2004, e concluso con decreto di perenzione nel 2013;

che, secondo la Corte d’appello, la pretesa azionata nel giudizio presupposto, avente ad oggetto il reinquadramento dei ricorrenti nel ruolo di ispettori della Guardia di finanza, era ab origine priva di possibilità di accoglimento in quanto, come rilevato dal TAR, in data 15 maggio 2004 il Comando generale della Guardia di finanza aveva comunicato che l’impugnato D.M. n. 424 del 1996, non era più in vigore, essendo stato espressamente abrogato dal D.M. n. 58 del 2002, che aveva introdotto una nuova disciplina della procedura di avanzamento al grado di maresciallo aiutante;

che per la cassazione del decreto hanno proposto ricorso B.C., Br.Ca., C.G., Ch.Mi., E.A., F.M., G.S., Gi.Ro., M.L., Ma.Le.Ca. e P.M., sulla base di un motivo;

che il Ministero dell’economia e delle finanze resiste con controricorso;

che i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico motivo di ricorso è denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, par. 1, della CEDU e della L. n. 89 del 2001, art. 2 e si contesta il mancato riconoscimento del diritto all’equa riparazione, atteso che, per un verso, la definizione del giudizio presupposto con decreto di perenzione non dimostrerebbe in via presuntiva il disinteresse dei ricorrenti, e, per altro verso, l’infondatezza della pretesa azionata non inciderebbe sul pregiudizio collegato alla durata eccedente del processo;

che la doglianza è infondata;

che la ratio della decisione non risiede nella mera infondatezza della pretesa azionata dai ricorrenti nel giudizio presupposto e neppure nella definizione dello stesso con decreto di perenzione, ma nella temerarietà della pretesa, che la Corte d’appello ha accertato sulla base degli elementi evidenziati dal giudice amministrativo, nell’ambito della verifica che il legislatore ha demandato specificamente al giudice dell’equa riparazione;

che, infatti, nel sistema configurato dalla L. n. 89 del 2001, il diritto all’equa riparazione l’indennizzo è escluso nel caso in cui difetti la stessa condizione soggettiva di incertezza già al momento dell’instaurazione del giudizio, ovvero quando la consapevolezza dell’infondatezza delle proprie pretese sia sopravvenuta prima che la durata del processo abbia superato il termine di durata ragionevole (ex plurimis, Cass., sez. 6-2, sent. n. 4890 del 2015);

che il giudice del procedimento di equa riparazione, anche prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015 – con l’indicazione non tassativa contenuta nella L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies – poteva valutare autonomamente la temerarietà della lite ovvero la sussistenza di ipotesi di abuso del processo (Cass., sez. 6-2, sent. n. 9100 del 2016), in quanto ostative al riconoscimento del diritto e quindi necessariamente comprese nell’accertamento dell’an debatur;

che al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio di legittimità, come in dispositivo;

che, risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 800,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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