Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5000 del 15/02/2022
Cassazione civile sez. I, 15/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 15/02/2022), n.5000
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10630/2021 proposto da:
Ca.El., C.M., elettivamente domiciliate in
Roma, Via della Giuliana n. 44, presso lo studio dell’avvocato
Giorgio De Marinis, che le rappresenta e difende, giuste procure in
calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Co.An., quale Sindaco pro tempore del Comune di Sgurgola,
quale tutore della minore Ce.Ma., elettivamente domiciliato
in Roma, Viale delle Milizie n. 9, presso lo studio dell’avvocato
Antonella Mastrocola, che lo rappresenta e difende, giusta procura
in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
P.M. presso il Tribunale per i Minorenni di Roma;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1724/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
pubblicata il 08/03/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/01/2022 dalla cons. PARISE CLOTILDE;
lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott.ssa CERONI FRANCESCA che chiede
l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con sentenza n. 1724/2021, depositata l’8-3-2021 e notificata nella stessa data, la Corte d’appello di Roma, ha rigettato l’appello proposto da C.M. e Ca.El., rispettivamente madre e nonna materna di Ce.Ma., nata il (OMISSIS), contro la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Roma con cui era stato dichiarato lo stato di adottabilità della suddetta minore.
2. Avverso questa sentenza C.M. e Ca.El. propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma, rimasto intimato, e della minore Ce.Ma., rappresentata dal tutore, Sindaco pro tempore del Comune di Sgurgola, che resiste con controricorso.
3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1, c.p.c..
La Procura Generale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso. Le ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa contenente richiesta di trattazione orale del ricorso. In data 3 gennaio 2022 il difensore delle ricorrenti ha depositato istanza di rinvio per legittimo impedimento, nell’ipotesi di accoglimento dell’istanza di trattazione orale.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
CHE:
1. Nel ricorso si denuncia: 1) con i motivi primo e secondo la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte d’appello dichiarato lo stato di abbandono della minore omettendo di valutare che a detta dichiarazione osta, nel caso di specie, la disponibilità offerta dalla nonna materna, odierna ricorrente Ca.El., che, a causa dei problemi di tossicodipendenza della figlia, è già affidataria e tutrice definitiva della nipote V.C., nata da altra relazione di C.M., nonché per aver omesso di considerare che la parentela entro il quarto grado rientra nel concetto di “propria famiglia”, nel cui ambito il minore ha diritto di crescere, dovendo, altresì, salvaguardarsi l’interesse di Ma. ad avere rapporti con la sorellina C.; 2) con il terzo motivo la nullità del giudizio di primo grado e di tutti gli atti successivi, per violazione dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, atteso che la ricorrente C.M. non aveva ricevuto la notifica del decreto di apertura del procedimento di “abbandono”, né la notifica del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione 12-7-2018, in palese violazione del contraddittorio e del diritto di difesa.
Nella memoria, infine, le ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza impugnata e di quella di primo grado, per non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti della minore V.C., sorella uterina di Ce.Ma., che “avrebbe avuto il pieno diritto a partecipare al giudizio nei modi e nelle forme di legge quale litisconsorte necessario”.
2. In via pregiudiziale, va respinta l’istanza di trattazione in pubblica udienza, non ricorrendo nella specie, per quanto si andrà ad illustrare, l’ipotesi di cui all’art. 375 c.p.c., u.c.. Resta di conseguenza assorbita la richiesta di rinvio.
3. Sempre in via pregiudiziale, vanno esaminate e respinte le eccezioni di nullità per vizi processuali del procedimento e della sentenza, sollevate dalle ricorrenti nel terzo motivo e nella memoria illustrativa.
3.1. Con riguardo all’eccezione svolta ai sensi dell’art. 102 c.p.c., occorre precisare che nel giudizio per la dichiarazione di adottabilità solo i genitori sono parti necessarie e formali dell’intero procedimento (Cass. 15369/2015; Cass. 32661/2021), oltre che, all’evidenza, il figlio minore della cui adottabilità si controverte, debitamente rappresentato dal tutore. Questa Corte ha infatti chiarito che i parenti entro il quarto grado, se hanno rapporti significativi con il minore, sono convocati dal giudice, ma ciò risponde, essenzialmente, alla finalità di consentire l’acquisizione di elementi necessari per la valutazione dell’interesse del minore e la prospettazione di soluzioni idonee ad ovviare allo stato di abbandono, senza rescindere il legame con la famiglia di origine (cfr. Cass. 26879/2018 e Cass. 18689/2015). Detti parenti possono, inoltre, intervenire se vogliono dichiararsi disponibili ad assumere ruolo vicariante e possono impugnare la sentenza dichiarativa dell’adottabilità (Cass.20017/2008), qualora abbiano partecipato al giudizio di primo grado, come è per l’appunto avvenuto nel caso di specie per la nonna materna ed attuale ricorrente Ca..
Con specifico riguardo alla posizione dei fratelli, questa Corte ha affermato che la situazione di abbandono, condizione per la dichiarazione di adottabilità del minore, non può essere desunta, in via automatica, dalla dichiarazione dello stato di adottabilità precedentemente pronunciata nei confronti di altro fratello del minore (Cass. 12730/2011). Dunque, ad esclusione dell’ipotesi in cui un unico procedimento per la dichiarazione di adottabilità riguardi più figli della coppia genitoriale, in linea di principio non vi è interferenza sostanziale, cioè in ordine alla valutazione meritale, né, di riflesso, interferenza processuale, tra distinti giudizi diretti alla dichiarazione di adottabilità di ciascuno dei fratelli o di ciascuna delle sorelle.
Pertanto, alla stregua delle suesposte considerazioni e dei principi richiamati, va escluso che ricorra il litisconsorzio necessario con la sorella uterina della minore del cui stato di abbandono si discute.
3.2. L’altra doglianza di carattere processuale, attinente, in tesi, all’omessa notifica a C.M. del decreto di apertura del procedimento di adottabilità e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione del 12-7-2018, è inammissibile perché, rientrando i vizi denunciati nel novero delle ragioni di nullità che si convertono in motivi di gravame (come nell’analoga ipotesi di nullità della citazione del giudizio di primo grado – cfr. Cass. 14434/2019), è stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità. La censura è inammissibile anche perché è stata formulata del tutto genericamente, senza indicazione del vulnus subito a causa del denunciato vizio processuale e senza alcun confronto con la motivazione della sentenza impugnata, nella quale la corte d’appello ha dato atto che la suddetta odierna ricorrente, appellante nel giudizio a quo, non era comparsa all’udienza avanti al Tribunale per i minorenni del 12-7-2018 e che “la comunità ove era ospitata aveva comunicato di averla accompagnata al treno per fare ritorno a Roma” (pag.5 sentenza) ed inoltre che la C. si era presentata alla successiva udienza del 20-9-2018, assistita dal difensore di fiducia: rispetto a dette affermazioni, nessuna critica specifica è svolta in ricorso.
4. I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
4.1 Secondo il costante orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, essendo altrimenti impedito a questa Corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. 24298/2016; Cass. 16700/2020; Cass. 18998/2021; Cass. S.U. 23745/2020).
4.2. Nella specie, la corte di merito, con ampia e dettagliata motivazione, ha esaminato ogni profilo di rilevanza della vicenda, soffermandosi segnatamente sull’analisi dell’idoneità della nonna materna e anche sull’ipotizzabilità di soluzioni alternative alla dichiarazione di adottabilità della minore.
In particolare, la corte d’appello, dopo aver escluso l’idoneità genitoriale della madre della minore, con analitica disamina dei plurimi elementi posti a base di detto giudizio (cfr. pag. 6 e 7 della sentenza impugnata), in ordine alla quale non è svolta alcuna censura in ricorso, ha recepito le conclusioni della C.T.U. espletata nel giudizio d’appello, secondo cui la nonna e attuale ricorrente Ca. presenta elementi psicopatologici, perché affetta da disturbo istrionico della personalità di tipo borderline, con aspetti depressivi, e ha chiaramente spiegato in quale modo tale disturbo interferisca sul funzionamento sociale e sulle sue capacità di cura. Nello specifico, detto disturbo si traduce, da un lato, nell’incapacità della Ca. di opporsi alla condotta disfunzionale della figlia tossicodipendente e, dall’altro, nella sua incapacità di comprendere gli stati affettivi della minore e di rispondere adeguatamente alle richieste di crescita della stessa, in conseguenza, per l’appunto, della sua personalità istrionica, della sua disregolazione emozionale, della scarsa capacità di mentalizzazione (pag. 10 sentenza). La corte territoriale ha particolarmente rimarcato che la nonna non è in grado di svolgere un ruolo di protezione della minore, poiché non è capace di contrastare l’influenza negativa della propria figlia, a cui ella stessa è soggetta. Ciò si è manifestato in plurimi comportamenti concreti della Ca., diretti a minimizzare le manchevolezze di C.M., o riversandole su altri (il compagno precedente della figlia, padre di C., i servizi sociali), o addirittura coprendole e restandone connivente (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata per la descrizione dettagliata di detti comportamenti).
La corte d’appello ha altresì dato conto della diversa situazione che riguarda l’affidamento alla nonna della prima nipote C., evidenziando, tra l’altro, che Ma. non ha un legame significativo, radicato in abitudini di vita, con la nonna, poiché alla nascita presentava esiti della tossicodipendenza materna ed era stata da subito collocata, dopo le cure ospedaliere, in una casa famiglia, mentre la sorella uterina C., nata nell’ottobre 2013 quando la madre era ancora minorenne, era vissuta con la nonna fin dalla nascita.
Infine la corte territoriale ha ritenuto, motivatamente, non rispondente all’interesse della minore la soluzione alternativa dell’adozione mite (cfr. pag. 12 e 13 della sentenza impugnata).
4.3. A fronte delle articolate argomentazioni della sentenza impugnata, illustrate in estrema sintesi nel paragrafo che precede, le censure, svolte dalle ricorrenti sub specie del vizio di violazione di legge, si risolvono in una critica del tutto generica del decisum, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4. Le ricorrenti si limitano ad affermare, sic et simpliciter, che lo stato di abbandono non avrebbe potuto dichiararsi e configurarsi per il solo fatto che la nonna materna, già affidataria della prima nipote per “i noti problemi di tossicodipendenza della madre”, si era dichiarata disponibile a prendersi cura anche della seconda nipote (primo motivo). Inoltre deducono che il concetto di famiglia di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 1, deve estendersi a quella parentale ricompresa all’interno del quarto grado e che, in tale contesto, non era stato valutato il rapporto fondamentale da salvaguardare tra le due sorelline.
In disparte il rilievo che, come da costante giurisprudenza di questa Corte, il familiare entro il quarto grado di riferimento, ai fini che qui rilevano, non solo deve avere un precedente rapporto significativo con il minore, ma soprattutto deve essere in grado di assicurare un adeguato e corretto supporto emotivo e relazionale (tra le tante Cass. 274/2020), osserva il Collegio che manca nell’illustrazione dei motivi, ma anche nell’esposizione sommaria dei fatti di causa, in cui è riportato solo il dispositivo della sentenza impugnata, il benché minimo riferimento al percorso argomentativo della corte d’appello.
Nel caso di specie, in applicazione dei principi di diritto di cui infra (p.4.1.), risulta, pertanto, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia.
Non solo, infatti, non è espressa alcuna specifica e puntuale contestazione delle ragioni poste a base della decisione impugnata, ma neppure dette ragioni sono enunciate nel ricorso, difettando totalmente una valutazione comparativa del decisum con le diverse soluzioni prospettate nei motivi.
5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio vanno compensate, avuto riguardo alla natura della controversia e degli interessi in gioco.
Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità e i dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in essa menzionati
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022