Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4995 del 01/03/2011
Cassazione civile sez. lav., 01/03/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 01/03/2011), n.4995
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), elettivamente
domiciliato in Roma, via Della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura
centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati Riccio
Alessandro, Nicola Valente e Biondi Giovanna, per mandato in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
V.C., MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 6506/2006 della Corte d’appello di Roma,
depositata in data 30.11.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18.01.2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;
udito l’avv. Pullo Clementina per delega Riccio;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’accoglimento de ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al giudice del lavoro di Cassino del 2001, V. C., in contraddittorio con INPS e Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedeva l’assegno di inabilità previsto dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13. Il Tribunale, espletata consulenza tecnica di ufficio, accoglieva la domanda a decorrere dall’1.4.02 e condannava l’INPS al pagamento della prestazione.
Proponeva appello l’Istituto sostenendo che l’assicurata proveniente, dalla (OMISSIS) era residente in Italia e che, pertanto, mancando un presupposto dell’azione la domanda avrebbe dovuto essere rigettata o, comunque, avrebbe potuto essere accolta solo dalla data di acquisizione della residenza sul territorio nazionale.
La Corte d’appello di Roma con sentenza depositata m data 30.11.06 rigettava l’impugnazione, rilevando che la V. in primo grado aveva dedotto di essere residente in Italia e che tale affermazione era stata contestata dall’INPS non all’atto della costituzione in giudizio, ma solo con il ricorso m appello. Pertanto, la circostanza della residenza in Italia all’epoca del ricorso di primo grado (2001), per l’intempestività della sua contestazione, doveva ritenersi frutto di eccezione nuova ex art. 345 c.p.c., da cui la definitività della sua acquisizione al giudizio.
Propone ricorso per cassazione l’INPS. L’assicurata ed il Ministero dell’economia e delle Finanze non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’INPS con unico motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 414, 416, 420, 437 e 345 c.p.c., art. 2697 c.c. e della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 (art. 360, n. 3), nonchè error in procedendo (art. 360, n. 4).
La residenza sul territorio nazionale costituisce una condizione dell’azione specificamente proposta, che avrebbe dovuto essere provato dall’interessata ed avrebbe dovuto essere verificata di ufficio dal giudice. La sua negazione da parte dell’INPS costituisce una mera difesa, che sfugge alle preclusioni degli artt. 416 e 437 c.p.c. ed è solo diretta a sollecitare il potere-dovere del giudice di svolgere detto accertamento officioso.
Nel caso di specie l’esistenza della condizione dell’azione fu fatta oggetto del motivo di appello solo per censurare l’omesso esame del giudice di primo grado, il che avrebbe imposto alla Corte d’appello di procedere alla verifica non compiuta in primo grado. Ove tale verifica fosse stata effettuata, sarebbe risultato che la sig.ra V. era iscritta all’anagrafe della popolazione residente solo dal (OMISSIS), con conseguente insussistenza del diritto alla prestazione assistenziale.
Il ricorso non è fondato.
Deve, intatti, rilevarsi che nel rito del lavoro, qualora il ricorrente abbia specificamente ed esaustivamente dedotto un requisito del diritto che fa valere in giudizio nell’atto introduttivo, la mancata contestazione ad opera della controparte rende inutile la prova del fatto stesso, in quanto incontroverso.
Inoltre, l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda dell’attore, come pure delle eccezioni e delle difese del convenuto, anche al fine di rilevare la mancata contestazione del dato costitutivo del diritto azionato, integra un tipico accertamento in fritto, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione. Si veda al riguardo Cass. 16.12.05 n. 27833, che riprende Sezioni unite 17.6.04 n. 11353, per la quale nel processo del lavoro, le parti concorrono a delineare la materia controversa, di modo che la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto ne rende inutile la prova ove i dati fattuali interessanti la domanda attrice siano esplicitati in modo esaustivo in ricorso, non potendo il convenuto contestare ciò che non è stato dedotto.
Nel caso di specie, rassicurata – secondo l’accertamento di fritto compiuto dal giudice, di merito, qui incontestato nella sua materialità – aveva dichiarato fin dal ricorso introduttivo.
depositato nel 2001, di essere residente sul territorio nazionale, indicando nell’intestazione del ricorso la località di residenza.
Di fronte alla specificità dell’indicazione, l’Amministrazione aveva dunque l’onere di contestare specificamente il possesso del requisito della residenza, necessario per beneficiare della prestazione richiesta. Essendo tale contestazione mancata il giudice di merito non aveva nessun motivo per dubitare sull’esistenza del requisito in questione e, in particolare, di ricorrere ai suoi poteri officiosi di accertamento.
Il ricorso è, dunque, infondato e deve essere rigettato.
Nulla deve disporsi in punto di spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, nulla disponendo in punto di spese.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2011