Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4994 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 24/02/2021), n.4994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18370-2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALDINIEVOLE, 11, presso lo studio dell’avvocato FERRARI MORANDI

ESTER, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, CIACCI PATRIZIA, MASSA MANUELA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 83/2019 del TRIBUNALE di RIETI, depositata il

05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con la sentenza impugnata, il Tribunale di Rieti, pronunciando ai sensi dell’art. 445-bis c.p.c., comma 7, ha accolto l’opposizione dell’INPS e dichiarato insussistenti le condizioni sanitarie perchè Marina Signoretti beneficiasse dell’indennità di accompagnamento;

avverso detta sentenza, S.M. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi;

l’I.N.P.S. ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, per avere la Corte di appello disatteso le conclusioni del CTU nominato in sede di ATP e ritenuto di escludere la sussistenza delle condizioni sanitarie utili ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, nonostante l’accertamento che “la complessa menomazione dell’apparato osteoarticolare

incide(sse) in maniera significativa sulla capacità deambulatoria (…)” e che “tale condizione (…) (fosse) cagione di ridotta capacità motoria, specie in ambito extradomiciliare”;

con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – la parte denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. L’omissione è riferita all’accertamento di esposizione della ricorrente “al concreto pericolo di cadute”;

i due motivi, intimamente connessi, possono congiuntamente esaminarsi;

deve premettersi, in via generale, che il Giudice di merito sottopone (id est: deve sottoporre) a vaglio critico le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, sicchè, all’esito, può tanto condividerle e porle a fondamento del decisum, quanto disattenderle nel rispetto del principio del libero convincimento e del libero apprezzamento dei fatti e delle prove a lui spettanti. Il giudizio in tal modo reso è sindacabile da questa Corte nei limiti in cui lo è ogni percorso motivazionale posto a giustificazione della decisione di merito;

nella fattispecie concreta, sotto il profilo del vizio di violazione di legge, la sentenza impugnata non contiene affermazioni in contrasto con enunciati normativi o principi di questa Corte;

il Tribunale ha disatteso le conclusioni del consulente dell’Ufficio, osservando come la sussistenza di una situazione di difficoltà nella deambulazione, con necessità di appoggio bilaterale, non fosse, ex se, idonea a integrare il presupposto sanitario utile ai fini dell’indennità di accompagnamento;

l’affermazione è corretta e coerente con gli arresti di questa Corte che intanto valorizzano ai fini del riconoscimento del requisito sanitario utile per l’indennità di accompagnamento “l’incombente e concreta possibilità di cadute” in quanto tale condizione si traduca, in fatto, “in una incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita (tale) da rendere, conseguentemente, necessario il permanente aiuto di un accompagnatore” (in motivazione, v., per esempio, Cass. n. 20819 del 2018);

in altre parole, come per le patologie oncologiche, in relazione alle quali, per esempio, questa Corte ha affermato che il problema del trattamento chemioterapico e degli effetti collaterali dello stesso non può essere risolto in astratto, dovendosi piuttosto valutare, in concreto, caso per caso, se esso comporti, per la durata della terapia, il tipo di dosaggi e la natura degli effetti sul singolo paziente, le condizioni previste dalla L. n. 18 del 1980, art. 1 (Cass. n. 18126 del 2014; Cass. n. 7273 del 2011; Cass. n. 25569 del 2008), nello stesso modo, quando viene in rilievo -ed anzi è accertata- la possibilità di cadute, la stessa non è situazione giudicabile in astratto, con l’affermazione che comporti sempre e di per sè, oppure non comporti, il diritto alla indennità di accompagnamento (recte l’accertamento del requisito sanitario dell’indennità di accompagnamento) ma costituisce una circostanza di fatto da valutare unitamente alle altre del caso concreto ai fini del giudizio di sussistenza o meno dei requisiti di cui all’art. 1 cit.. Nell’ipotesi in esame, il giudice di merito si è fatto carico della verifica a lui demandata e si è occupato di ogni necessario profilo; all’esito dell’accertamento di fatto, ha, infatti, espresso il convincimento di insussistenza dei requisiti di legge per non essere “il rischio di cadute tale da determinare in fatto una incapacità a compiere gli atti della vita quotidiana”;

i rilievi mossi – e qui viene a scrutinarsi in particolare il secondo motivo- non denunciano l’omissione di fatti decisivi ovvero di circostanze che, qualora valutate, potrebbero, ciascuna, in termini di elevato grado logico di pregnanza, sovvertire l’esito della pronuncia impugnata, sicchè “si impone la rivisitazione del giudizio, da svolgere tenendo conto anche della circostanza pretermessa” (Cass. n. 26764 del 2019, in motivazione). Come sviluppate, le critiche esprimono un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, irrilevante in questa sede di legittimità;

sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va dunque rigettato;

non si fa luogo a pronuncia sulle spese, avendo la parte ricorrente reso la autodichiarazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.; sussistono invece i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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