Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4992 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.27/02/2017),  n. 4992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14905/2014 proposto da:

ERREGI FACTORY SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GABRIELLA

CIANCETTA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA, nella qualità di mandataria di Castello Finance

Srl, nonchè nella sua qualità di mandataria di INTESA SANPAOLO

SPA, in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GRAZIA SCIARRA, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 42/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA

dell’11/12/2013, depositata il 08/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito l’Avvocato Ciancetta Gabriella difensore della ricorrente che

si riporta agli atti.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che, con sentenza depositata in data 8 gennaio 2014, la Corte di appello di Brescia, in accoglimento del gravame proposto da ITALFONDIARIO S.P.A. quale mandataria di CASTELLO FINANCE S.R.L. e di INTESA SANPAOLO S.P.A., ha riformato la sentenza n. 1814 del 31 maggio 2007 con cui il Tribunale di Brescia aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca nei confronti della ERREGI FACTORY S.R.L., quale fideiussore di Textile s.r.l. e di C.S. in relazione alle obbligazioni assunte da questi ultimi nei confronti della banca e per l’effetto ha confermato la condanna contenuta nel Decreto Ingiuntivo n. 2935, emesso dal Tribunale di Brescia in data 14 maggio 2004 nei confronti della ERREGI FACTORY S.R.L.;

che avverso tale pronuncia la ERREGI FACTORY S.R.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, resistiti da ITALFONDIARIO S.P.A. con controricorso;

considerato che il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge per avere il giudice distrettuale erroneamente applicato la normativa in tema di disconoscimento della scrittura privata atteso che, pacifico essendo in causa che mai si era tenuta l’assemblea della ERREGI FACTORY S.R.L. di cui al verbale esibito alla banca in cui la signora F.B. sarebbe stata nominata procuratore generale ad negotia, non vi era alcun onere di disconoscimento formale del predetto documento ai sensi dell’art. 214 c.p.c., potendosi la società limitare a dichiarare l’inesistenza dell’assemblea di cui al preteso documento, ciò che aveva puntualmente fatto affermando che il predetto verbale non era mai stato da essa “stilato”;

che il secondo motivo lamenta violazione di legge per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto opponibile alla società l’attività del suo falsus procurator, sostiene che l’incolpevole affidamento della banca sull’esistenza di poteri rappresentativi in capo alla F. non potrebbe trovare applicazione nella fattispecie, in quanto per le società di capitali la legge prescriverebbe speciali forme di pubblicità, come la iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese ai fini della sua opponibilità ai terzi; e che non sarebbe corretta nemmeno la valutazione di incolpevolezza dell’affidamento, atteso che il rilevante importo della fideiussione avrebbe necessitato una particolare diligenza nell’identificazione del soggetto che intendeva obbligare la società medesima;

ritenuto che il primo motivo di ricorso non sembra meritevole di accoglimento in quanto anche per le società, al pari che per le persone fisiche, trova applicazione l’onere del disconoscimento della scrittura privata che contenga un’attestazione di riferibilità del suo contenuto alla società stessa in ragione del rapporto organico in base al quale il soggetto che ivi vi figura può impegnare la responsabilità dell’ente, senza che – quanto al disconoscimento – allo stesso debba prestare adesione o conferma il soggetto persona fisica che nello stesso si immedesima quale suo organo (Sez. 3, Sentenza n. 13357 del 19/07/2004); che, pertanto, l’affermazione della Corte di secondo grado sull’onere di disconoscimento dl verbale assembleare di con ferimento dei poteri alla F. appare immune dalle censure mosse con il motivo in esame;

che il secondo motivo non sembra ammissibile, atteso che il motivo non indica quando e dove della questione della applicazione alla fattispecie della speciale forme di pubblicità del registro delle imprese ai fini si sarebbe discusso nella fase di merito, dovendosi rilevare che di tale argomentazione non vi è traccia nella sentenza impugnata;

ritiene pertanto che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380-bis c.p.c., per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato”.

2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio condivide le considerazioni e le conclusioni esposte nella relazione, che non ritiene superate dalle contestazioni contenute nella memoria atteso che: a) l’onere di disconoscimento della scrittura privata previsto dagli artt. 214 e 215 c.p.c., presuppone effettivamente che il documento prodotto contro una parte del processo provenga dalla parte stessa, ma tale provenienza va a tal fine intesa (cfr. in motivazione la stessa Cass. n. 23155/2014 richiamata in memoria) in termini di riferibilità apparente della scrittura privata alla persona contro cui è prodotta, giacchè l’accertamento della reale provenienza della scrittura non può che seguire alla eventuale verificazione, una volta effettuato il disconoscimento; b) la questione, di fatto e di diritto, concernente il contrasto tra i poteri rappresentativi dichiarati dalla F. e le risultanze del Registro delle imprese non risulta esser stata posta nel giudizio di merito, e non può quindi essere esaminata per la prima volta in questa sede.

Si impone pertanto il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore della controparte costituita delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 8.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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