Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4991 del 02/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4991 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: CINQUE GUGLIELMO

ORDINANZA

sul ricorso 4905-2014 proposto da:
IAVAllO MARIANNA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI
EMILIO IACOBELLI, che la rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
2017
4700

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/03/2018

avverso la sentenza n. 6909/2012 della CORTE D’APPELLO

di NAPOLI, depositata il 10/01/2013 R.G.N. 5312/2009.

RG. 4905/2014

RILEVATO
che, con la sentenza n. 6909/2012, la Corte di appello di Napoli ha
confermato, con diversa motivazione, la pronuncia del Tribunale della
stessa città resa il 6.6.2008 con la quale era stata respinta la
domanda, proposta da Marianna Iavazzo nei confronti di Poste Italiane
spa, volta ad ottenere la declaratoria di nullità della clausola di durata
apposta al contratto, intercorso tra le parti dal 6.7.2002 al 30.9.2002,

straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul
territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero
conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie,
prodotti e servizi nonché all’attuazione delle previsioni degli Accordi del
17,18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002
congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il
personale nel periodo estivo”;

che avverso tale decisione Marianna Iavazzo ha proposto ricorso per
cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria;

che Poste Italiane spa ha resistito con controricorso;
che il P.G. non ha formulato richieste scritte.

CONSIDERATO
G h e , eun il vieni-R(5 per cassazione, gi censure: 1) ai sensi dell’art.

360

comma 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto;
la violazione della disciplina di cui all’art. 1 del Digs n. 368/2001 e
della Direttiva comunitaria n. 70/99 in relazione agli artt. 1362 e ss cc;
la nullità del contratto (violazione del principio di specificità della causa
di assunzione a termine – mancato assolvimento da controparte
dell’onere probatorio su essa gravante); la violazione dell’art. 2697 cc
e la violazione dell’art. 116 cpc (in tema di interpretazione della
prova): si deduce che erroneamente la Corte distrettuale aveva
ritenuto specifica la causale e che il riferimento astratto ad esigenze
sostitutive non soddisfava il requisito di legittimità del termine non

per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere

essendo a tal uopo sufficiente il solo periodo temporale da luglio a
settembre; inoltre, si sostiene che la pronuncia gravata aveva
erroneamente interpretato come sostitutiva la causale posta a base del
contratto quando, invece, l’esigenza era di tipo “produttiva o
organizzativa”; 2) l’error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 4
cpc, la violazione degli artt. 115 e 116 cpc e degli artt. 2727 e ss cc, in
relazione agli artt. 2697 e ss cc ed agli artt. 1 e 2 D.Igs n. 368/2001
(in tema di interpretazione della prova documentale -inidoneità della

documentazione allegata da controparte a provare la concreta ed
effettiva sussistenza dell’esigenza sostitutiva o mancato assolvimento
dell’onere ‘della prova gravante sul datore) per avere la Corte di
appello erroneamente considerato idoneo, ai fini della dimostrazione
delle esigenze sostitutive nel periodo giugno-settembre 2002, un
prospetto redatto unilateralmente e in assenza di contraddittorio da
Poste Italiane spa; 3) ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, la violazione di
legge dell’art. 2110 cc in relazione agli artt. 1 e 2 del D.Igs n.
368/2001 (mancata specificazione della causale dell’assenza e del
nesso di causalità tra assunzione ed assenza medesima – mancata
indicazione del nominativo del/i lavoratore/i sostituito/i – applicazione
del principio espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
214/09 anche con riferimento all’orientamento del Supremo Collegio) violazione dell’art. 2697 cc (mancata prova dell’assenza di carenze di
organico) per non avere i giudici di secondo grado considerato che la
società non aveva dimostrato che il dipendente assunto a termine
avesse sostituito un lavoratore in ferie e non invece una posizione
lavorativa vacante nell’organico;
che il primo e terzo motivo di ricorso, trattati congiuntamente per
ragioni di connessione, sono infondati. Questa Corte ha più volte il
principio, qui ribadito (cfr. Cass. 26.1.1010 n. 1577 e Cass.
26.1.20010 n. 1576), secondo cui “in tema di assunzione a termine di
lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della
sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata
dichiarata infondata la questione di illegittimità costituzionale del D.lgs
n. 368/2001, art. 1 comma 2, l’onere di specificazione delle predette
ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la

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l’

veridicità della causa di apposizione del termine e l’immodificabilità
della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali
complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona,
ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta,
l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione
dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti -da sola insufficiente ad
assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse- risulti integrata
dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di

lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del
posto di lavoro) ché consentano di determinare il numero dei lavoratori
da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma
restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del
presupposto di legittimità;
che è stato anche precisato che tale principio non si pone in senso
contrario alla sentenza della Corte costituzionale n. 214/2009 laddove,
dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale degli
artt. 1 comma 10 e 11 D.Igs n. 368/2001, afferma che l’onere di
specificazione previsto dallo stesso articolo 1 comma 2°, impone che,
tutte le volte in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga per
soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il
nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione, atteso
che il brano della citata sentenza costituzionale deve essere letto nel
relativo contesto argomentativo, che individua la ratio legis proprio
nell’esigenza di assicurare trasparenza e veridicità della causa che si
pone a monte dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel
corso del rapporto; che ne discende che, nell’ampia casistica offerta
dall’esperienza concreta, accanto a fattispecie elementari in cui è
possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da
sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione
non è possibile e l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori deve
passare necessariamente attraverso la specificazione dei motivi,
mediante l’indicazione di criteri che, prescindendo dall’individuazione
delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che
richiede la norma: in questi termini le due opzioni interpretative

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riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei

(quella della sentenza della Corte costituzionale e quella accolta dalla
citata giurisprudenza della Suprema Corte) sono compatibili (cfr. tra le
altre Cass. 17.1.2012 n. 565; Cass 2.5.2011 n. 9602);

che l’accertamento di fatto a riguardo operato dal giudice del merito, il
quale ha fondato la valutazione di specificità della causale sul rilievo
che nel contratto era indicato l’ambito territoriale, il luogo della
prestazione lavorativa e le mansioni dei lavoratori da sostituire con il
relativo periodo in cui la temporanea carenza si era verificata (dal

6.7.2002 al 30.9.2002) risulta coerente con le indicazioni del giudice di
legittimità e si sottrae pertanto alle censure formulate;

che in tale quadro, caratterizzato dalla definizione di un criterio
elastico che si riflette poi sulla relatività delle verifica dell’esigenza
sostitutiva in concreto, per la legittimità della apposizione del termine
è sufficiente quindi l’accertamento della congruità del rapporto tra le
assenze del personale stabile e il numero dei contratti a termine
conclusi per tale esigenza, in un determinato periodo, non essendo
peraltro, affatto necessario un carattere di temporaneità ex se
dell’esigenza stessa e neppure un carattere di straordinarietà ovvero
un superamento di un tasso fisiologico di assenteismo (in termini Cass.
14.2.2013 n. 6979);

che le ulteriori censure prospettate con il terzo motivo, le quali si
risolvono nella denuncia del vizio della sentenza impugnata per errata
valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione
dei fatti, sono infondate. Deve darsi, infatti, continuità al consolidato
indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione
delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono
apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre
a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione
delle altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del
proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo
elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr. tra le altre
Cass 21.7.2010 n. 17097; Cass. 24.5.2006 n. 12362);

che il secondo motivo è parimenti infondato: invero il riscontro di
effettività delle esigenze sostitutive operato dalla Corte distrettuale

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4.

sulla base del prospetto prodotto da Poste Italiane spa risulta coerente
con la giurisprudenza di questa Corte in quanto fondato sul raffronto
tra il numero dei lavoratori a tempo indeterminato che sono stati
sostituiti ed il numero delle giornate lavorate dal personale assunto a
termine nello stesso ufficio postale;

che l’assunto del giudice di appello in ordine alla assenza di specifica
contestazione, in prime e in seconde cure, dei dati risultanti dagli
elementi documentali e delle circostanze della articolata prova orale, è

(così come nel rito del lavoro) non occorre la prova dei fatti che,
allegati da una parte, non siano stati ‘espressamente contestati dalla
controparte (Cass 4.12.2007 n. 25269);

che alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato;
che al rigetto segue la condanna della ricorrente, secondo il principio
della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio di
legittimità;

che, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel
testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi,
ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli
accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delL
ricorrente ~Me -, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso 4~, a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23 novembre 2017.

conforme alla regola processuale secondo la quale, nel processo civile

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