Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4990 del 02/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4990 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso 4455-2014 proposto da:
MINOPOLI MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI
EMILIO IACOBELLI, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
2017
4694

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo
studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/03/2018

avverso la sentenza n. 592/2013 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 14/02/2013, R. G. N.

10066/2008.

Ritenuto
1. che la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado con
la quale era stata respinta la domanda di Maria Minopoli intesa all’accertamento della
nullità del termine apposto al contratto, avente decorrenza dal 30 marzo al 30 giugno
2006, stipulato con Poste Italiane s.p.a. ai sensi dell’art. 2 comma 1 bis D. Igs
06/09/2001 n. 368;

di illegittimità legata alla mancata specificazione della causale; b) apodittica la
affermazione della necessaria temporaneità delle esigenze alla base dell’apposizione
del termine; c) non sussistente la dedotta frode alla legge sia per genericità di censura
sia per la mancata allegazione dell’intento fraudolento, atteso che nel caso di specie si
era in presenza di un unico contratto di breve durata; d) esplorativa la doglianza
relativa all’inosservanza della percentuale del 15%, atteso che in primo grado erano
stati depositati prospetti non contestati di Poste nei quali il responsabile di settore
attestava il rispetto della prescritta percentuale; e) parimenti esplorativa la censura
riguardante la comunicazione alle organizzazioni sindacali smentita dalla produzione
documentale di Poste in primo grado non oggetto di contestazione;
2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Maria Minopoli sulla
base di due motivi;
2.1. che la parte intimata ha resistito con controricorso;
2.2. che entrambe le parti hanno depositato memoria;
3. che il P.G. non ha depositato requisitoria scritta;
Considerato
1. che con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione dell’ art. 360,
comma primo nn. 3,4 e 5, cod. proc. civ., denunziando : a) omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio (superamento del limite percentuale – mancata comunicazione
alle organizzazioni sindacali di categoria); b) violazione e falsa applicazione art. 2697
cod. civ., violazione e falsa applicazione art. 2 comma 1 bis D. Igs 06/09/2001 n. 368
e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. per errata applicazione del principio di non
contestazione. Censura, in sintesi, la decisione per non avere la Corte di appello
verificato il mancato superamento del limite percentuale del 15% omettendo di

1.1. che, in particolare, il giudice d’appello ha ritenuto: a) infondata la deduzione

svolgere la necessaria attività istruttoria e di verificare la idoneità della
documentazione prodotta; tale idoneità doveva escludersi in relazione al richiamato
documento di Poste che, in quanto di esclusiva provenienza della società, era inidoneo
a costituire prova a favore di questa; in ogni caso, i dati numerici riportati facevano
riferimento all’intero organico aziendale laddove la verifica del rapporto percentuale
doveva essere effettuata con esclusivo riguardo agli addetti al servizio postale

2. che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 4
cod. proc. civ., error in’ procedendo denunziando violazione dell’art. 132′ cod. proc. civ.
e dell’art. 118 cod. proc. civ.; censura, in sintesi, la decisione per non essere la
relativa motivazione sorretta da un’esposizione sufficiente e congrua delle ragioni di
fatto e di diritto; in particolare sostiene che l’assunto della genericità della doglianza
relativa al mancato rispetto della percentuale del 15% non è corredata da alcuna
argomentazione logico-giuridica e da alcun richiamo alle ragioni di fatto e di diritto ad
essa sottese;
3. che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero la Corte distrettuale -pur
avendo rilevato la genericità e quindi, implicitamente, la inammissibilità della
doglianza relativa al mancato rispetto della percentuale, ha comunque valutato il
merito della questione rilevando che in primo grado era stato prodotto un prospetto non contestato – di Poste attestante l’osservanza del prescritto rapporto percentuale;
3.1. che in relazione alla dedotta violazione del principio di non contestazione,
premesso che il giudice di appello ha condiviso la valutazione di prime cure circa la
mancata contestazione dei dati numerici indicati nel prospetto di Poste, si rileva che
parte ricorrente non ha dimostrato, attraverso la esposizione della vicenda
processuale, di avere ritualmente e tempestivamente contestato tali dati in prime cure
e di avere reiterato la contestazione in secondo grado, non essendo a tal fine
sufficiente il riferimento al motivo di gravame (v. pag. 3 ricorso) con il quale
genericamente si denunziava il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte
della società datrice di lavoro;
3.2. che quanto ora rilevato esclude ogni rilievo alla censura attinente alla valenza
probatoria del documento prodotto da Poste per essere tale documento stato formato
dalla interessata medesima atteso che la acquisizione al giudizio dei dati offerti dal
documento richiamato è frutto dell’applicazione del principio di non contestazione e

universale e non anche agli altri settori;

non della violazione del principio secondo il quale la parte la parte non può derivare
elementi di prova a proprio favore, ai fini del soddisfacimento dell’onere di cui all’art.
2697 cod. civ., da proprie dichiarazioni non asseverate da terzi;
3.3. che, parimenti, non ha pregio l’ulteriore censura secondo la quale la verifica
del rapporto di proporzionalità doveva essere limitata al solo settore relativo al
servizio postale universale e non all’intero organico, in quanto l’art. 2 comma 1 bis del

avviene l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste- e non
anche alle mansioni del lavóratore assunto, in coerenza con la ratio della disposizione,
ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 241/2009,

ratio

individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del “servizio
universale” postale, ai sensi dell’art. 1 comma 1 del Dig 22 luglio 1999 n. 261, di
attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa
flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre
nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore (cfr. Cass.
2.7.2015 n. 13609);
3.4. che non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 2697 cod.civ. in punto di
rispetto del prescritto rapporto di proporzionalità avendo il giudice di appello fatto
espresso riferimento alla documentazione prodotta da Poste con implicito
riconoscimento della sussistenza dell’onere a carico della parte datoriale;
4. che il secondo motivo è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte
secondo la quale la inosservanza del giudice civile all’obbligo della motivazione su
questioni di fatto integra “violazione di legge”, e come tale è deducibile con detto
ricorso, quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente
nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma indispensabile), la quale si
verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero nel suo estrinsecarsi in
argomentazioni non idonee a rilevare la

ratio decidendi (cosiddetta motivazione

apparente), o fra loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse e
obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal
provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla
sufficienza e razionalità della motivazione medesima in raffronto alle risultanze
probatorie (cfr., fra le tante, Cass. 4177 del 23/04/1998 n.4177,
Cass. Sez. Un. 24/09/1993 n. 9674; 23/02/1993 n. 2231);

D.Igs n. 368/2001 fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui

4.1. che nella decisione impugnata non è ravvisabile alcuna radicale carenza tale
da determinare la assoluta impossibilità di rilevare le ragioni alla base della decisione
con riguardo alle questioni affrontate che presentano sia la compiuta indicazione del
fatto sia l’individuazione delle norme applicabili ,dovendosi altresì rilevare che la
illustrazione del motivo risulta del tutto generica in quanto parte ricorrente non
chiarisce con riferimento alle singole questioni prospettate quali erano le carenze
motivazionali che determinavano l’assoluta incomprensibilità delle ragioni alla base del

4.2. che quanto ora rilevato’ vale anche in relazione alla valutazione di genéricità
da parte del giudice di appello della doglianza afferente al mancato rispetto della
percentuale del 15%, posto che tale deduzione risulta sorretta dal riferimento ai dati
emergenti dal non contestato prospetto di Poste;
5. che a tanto consegue il rigetto del ricorso;
6. che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza;
7. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30
gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre
2012, n. 228.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite
che liquida in C 4.000,00 per compensi professionali, C 200,00 per esborsi, oltre spese
forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n.
228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella Adunanza camerale del 23 novembre 2017.

decisum;

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