Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 499 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 11/01/2017, (ud. 22/06/2016, dep.11/01/2017),  n. 499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO M. Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI POZZALLO, elettivamente domiciliato in Roma, via Tolmino,

n. 1, nello studio dell’avv. Claudia Ritti; rappresentato e difeso

dall’avv. Enzo Galazzo, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliata in Roma, via Fabio

Massimo, n. 45, nel lo studio dell’avv. Luigi Matteo che la

rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Pasquale Maria

Castorina e Francesco Stornello, giusta procura speciale in atti;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso proposto in via incidentale da:

B.M., come sopra rappresentata;

– ricorrente in via incidentale –

contro

COMUNE DI POZZALLO, come sopra rappresentato;

– controricorrente a ricorso incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, n. 744,

depositata in data 22 giugno 2010;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 22 giugno 2016

dal consigliere Dott. CAMPANILE Pietro;

sentito per la controricorrente B. l’avv. Stornello;

udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto

Dott.ssa SOLDI Anna Maria, la quale ha concluso per il rigetto di

entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catania, pronunciando sulle domande – avanzate all’esito del deposito della relazione di stima del collegio di periti nominato ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21, – di determinazione dell’indennità di espropriazione richiesta dal Comune di Pozzallo e in via riconvenzionale, dalla signora B.M. in relazione al procedimento ablativo concernente un bene immobile costituito da un’area urbana già adibita a cinema all’aperto, ha determinato in Euro 540.000,00 detta indennità, ordinandone il deposito – al netto delle somme eventualmente versate – con gli interessi al tesso legale e con rivalutazione dalla data del decreto di esproprio.

1.1. La Corte ha precisato che, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio all’uopo espletata, l’area in questione, prima dell’apposizione del vincolo di natura espropriativa, non poteva considerarsi edificabile, in quanto doveva tenersi conto dell’art. 29 delle disp. tecniche di attuazione del P.R.G., nonchè delle misure di salvaguardia: la stessa, quindi andava considerata come edificata, nel senso che doveva considerarsi possibile ripristinare (come in effetti risultava da una domanda all’uopo proposta dalla proprietaria) il cinema all’aperto: tenuto conto dei costi per la ricostruzione, e di un valore medio – considerata anche la singolarità della destinazione, che non consentiva di reperire elementi di raffronto con situazioni similari – fra quello residenziale e commerciale, l’indennità è stata determinata nella misura sopra indicata.

1.2. Per la cassazione di tale decisione il Comune di Pozzallo propone ricorso, affidato ad otto motivi, cui si oppone la B. con controricorso e con ricorso incidentale, sorretto da due censure, resistite da controricorso.

Le parti hanno prodotto memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando violazione degli artt. 115, 116, 61 e 62 c.p.c., il Comune di Pozzallo si duole dell’utilizzazione delle risultanze peritali, sebbene l’ausiliario, incaricato di accertare l’edificabilità del lotto, avesse omesso di rispondere a tale quesito, affermandone, al di là dei limiti dei quesiti proposti, la natura di terreno “edificato”.

2.1. Con il secondo mezzo si deduce la violazione delle norme in tema di edificabilità, in relazione all’art. 29 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G.: un cinema all’aperto, con la presenza di pochi corpi tecnici (vani destinati a biglietteria, alla proiezione e a ripostiglio), non poteva ricondursi nella nozione di area edificata.

2.2. Con la terza censura si denuncia la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 38, comma 1, nonchè motivazione contraddittoria: non sarebbe stato valutato il dato secondo cui, a seguito di variazione presentata dalla ditta e in atti dal 2 marzo 1994, fondata sulla totale demolizione dei corpi di fabbrica esistenti, l’area risultava in catasto priva di costruzioni.

2.3. La quarta doglianza attiene alla violazione di norme in materia urbanistica, nonchè vizio di motivazione, in merito alle valutazioni concernenti la pratica edilizia presentata dalla signora B. nell’anno 2002, sebbene già nel 1993 avesse dichiarato l’avvenuta demolizione dei manufatti.

2.4. Con il quinto motivo si afferma che la signora B. non avrebbe fornito la prova della regolarità dal punto di vista edilizio, ove ritenuti esistenti, dei corpi di fabbrica.

2.5. Con il sesto mezzo si contesta la stima dell’area effettuata sulla base di una media dei dati di mercato relativi al settore residenziale ed a quello commerciale, in contraddizione con l’affermata natura “speciale” della destinazione a cinema all’aperto.

2.6. La settima censura ripropone il tema dell’erronea qualificazione del terreno, da considerarsi inedificabile in considerazione della totale demolizione dei manufatti sopra indicati.

2.7. Viene censurato, infine, il regolamento delle spese processuali.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale, deducendosi omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 38: la Corte non avrebbe valutato i rilievi mossi all’elaborato del consulente tecnico d’ufficio, con particolare riferimento al pregio, anche per la sua funzione culturale, del cinema all’aperto, nonchè al calcolo dei costi di ristrutturazione.

3.1. Con il secondo mezzo si denuncia vizio motivazionale in relazione al regolamento delle spese processuali.

4. Deve in primo luogo rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, fondata sull’assenza, nella procura speciale, di uno specifico riferimento al giudizio di legittimità. E’ agevole rilevare che il mandato apposto in calce o, come nella specie, a margine del ricorso per cassazione, è, per sua natura, speciale, e non richiede alcuno specifico riferimento al processo in corso, sicchè è irrilevante la mancanza di un espresso richiamo al giudizio di legittimità, ovvero che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al procedimento di merito (Cass., 1 settembre 2014, n. 18468; Cass., 17 dicembre 2009, n. 26504).

5. Il primo motivo è infondato. Tutte le nullità della consulenza tecnica d’ufficio, ivi compresa quella derivante dall’ ampliamento dell’indagine oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri conferiti dalla legge al consulente, hanno infatti carattere relativo, e devono pertanto essere fatte valere nella prima istanza o nella prima difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2 (Cass., 31 gennaio 2013, n. 2251; Cass., 19 agosto 2002, n. 12231). Deve poi osservarsi che, in disparte il rilievo della contro – ricorrente secondo cui il quesito circa la natura “edificata” dell’area venne sottoposto all’ausiliare, la censura inerente all’esorbitanza delle indagini del consulente tecnico d’ufficio rispetto ai quesiti formulati resta ininfluente ove le risposte del consulente stesso siano comunque attinenti alla materia in discussione, essendo in tal caso utilizzabili dal giudice per il proprio convincimento, indipendentemente dall’eventuale sconfinamento dal mandato (Cass., 8 gennaio 2000, n. 117; Cass., 14 giugno 2002, n. 9579; Cass., 18 ottobre 1991, n. 11048).

6. La seconda censura non può essere positivamente apprezzata, in quanto confliggente con l’insegnamento di questa Corte secondo cui l’edificazione del suolo presuppone che si tratti di un’area sulla quale siano stati costruiti edifici ed installate attrezzature tali da avere impresso al terreno su cui sorgono una stabile trasformazione, così da rendere attuali le originarie potenzialità edificatorie del terreno medesimo. Con riguardo, poi, alle strutture necessarie all’esercizio di attività d’impresa, il terreno è da considerare edificato solo se vi sia stata installazione di stabili manufatti, non rimuovibili se non provocando alterazione della morfologia dell’area, con modifica della destinazione urbanistica, senza alcuna possibilità di distinguere il valore delle costruzioni da quello dell’area su cui insistono (Cass., 15 giugno 2005, n. 12844).

Dalla sentenza impugnata risulta che la destinazione dell’area ad area cinematografica era comprovata dai muri perimetrali intervallati da aperture finalizzate ad agevolare l’uscita del pubblico, nonchè dalla presenza di vani adibii a biglietteria, sala di proiezione e ripostiglio, da un muro per lo schermo e da un palcoscenico in muratura. L’area, pertanto, è stata correttamente qualificata come “edificata”, con la conseguenza che era possibile, in base alle norme di attuazione del P.R.G., ripristinare l’integrità degli elementi costruttivi.

7. Le deduzioni del Comune circa l’intervenuta demolizione dei manufatti, in base alle risultanze catastali, nonchè in merito alla mancata prova della loro realizzazione in maniera non abusiva (motivi terzo, quarto, quinto e settimo), a tacer d’altro (come, ad esempio, l’inosservanza della prescrizione di cui all’art. 369, comma 2, n. 4, in relazione alla documentazione catastale richiamata), sono inammissibili in quanto relative a questioni introdotte per la prima volta in sede di legittimità.

8. La sesta censura del ricorso principale, al contrario, appare condivisibile. In realtà, le critiche rivolte alla stima compiuta dal consulente tecnico d’ufficio non hanno trovato nell’impugnata decisione un’adeguata valutazione: in particolare, essendo pacifica la natura quale “edificata”, e non edificabile, dell’area ablata, nel senso che per la proprietà non sarebbe stato possibile alcuno sfruttamento a fini edilizi, se non il recupero del cinema all’aperto, per altro in disuso da oltre venticinque anni, il riferimento a un “valore intersecante i segmenti residenziali e commerciali” appare del tutto ingiustificato sul piano logico-giuridico. Va infatti considerata la singolarità della destinazione del terreno, rimarcata dalla stessa corte distrettuale, che, per altro, dopo aver richiamato l’esigenza di rapportarsi ad “attività similari, quali mercati, mostre e ricreative in genere” (pag. 8), ha alla fine aderito a una stima basata “sulla media dei valori desunti dall’applicazione concorrente del metodo estimativo/analitico, a misura della natura commerciale dell’area intesa come edificata, e dei valori cd. a valore di trasformazione del terreno, ritenuto edificabile, se pur con la dovuta considerazione delle percentuali di permuta piuttosto che dei costi di costruzione e degli oneri accessori”.

Appare evidente come alla contraddittorietà della motivazione desumibile dall’inconciliabilità delle suddette affermazioni, e validamente denunciata in relazione alla formulazione, applicabile ratione temporis, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si associa inevitabilmente la violazione del principio secondo cui l’indennità deve essere commisurata al valore di mercato del bene espropriato.

9. Sotto tale profilo rimane assorbito – al pari delle restanti censure – il primo e speculare motivo del ricorso incidentale, dovendosi inoltre rilevare che le critiche hic ed inde dedotte in merito al calcolo dei costi di ricostruzione non trovano nell’impugnata decisione un’adeguata disamina.

10. L’impugnata decisione, pertanto, va cassata limitatamente alle ragioni sopra indicate (par. 8), con rinvio alla Corte di appello di Catania, che, in diversa composizione, determinerà il valore dell’area sulla base dei principi indicati e senza incorrere nei rilevati vizi motivazionali, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale per quanto di ragione; assorbito l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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