Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4989 del 28/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 4989 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 26061-2009 proposto da:
BORRELLI DOMENICO BRRDNC57H16G125U, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 103, presso lo
studio dell’avvocato ANGINO MARIO, che lo rappresenta
e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2012
3891

I.N.P.S.
SOCIALE

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
80078750587,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Data pubblicazione: 28/02/2013

ì

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CORETTI ANTONIETTA, DE ROSE EMANUELE, giusta
delega in calce alla copia notificata del ricorso;

resistente con mandato

avverso la sentenza n. 4299/2008 della CORTE

2518/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/11/2012 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato RENATO BALTA per delega MARIO
ANGINO;
udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.
MARCELLO MATERA, che ha concluso l’accoglimento del
ricorso.

D’APPELLO di BARI, depositata il 25/11/2008 r.g.n.

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Lucera, il Borrelli, operaio
agricolo a tempo determinato, premesso di aver
percepito il trattamento speciale di disoccupazione
agricola relativo all’anno 2002 in misura inferiore a
quella spettante, conveniva in giudizio l’INPS, per ivi
predetta prestazione, sulla base della retribuzione
giornaliera fissata dalla contrattazione collettiva
integrativa della provincia di appartenenza, anziché in
base al salario medio convenzionale rilevato nell’anno
1995 e non più incrementato negli anni successivi e,
per l’effetto, condannare l’Istituto previdenziale alla
corresponsione dell’importo differenziale tra quanto
dovuto e quanto corrisposto, oltre le spese.
A fondamento della domanda l’istante assumeva che,
sebbene fino al 1997 le indicate prestazioni temporanee
fossero state determinate prendendo a base di calcolo il
cd. salario medio convenzionale e tale salario, per il
periodo 1995-1997 e per effetto dell’art. 2 n. 17) L.
n.549/95, fosse rimasto “cristallizzato”, tuttavia, in
virtù di quanto successivamente disposto dall’art. 4 del
d. lgs. n. 146 \ 97 e, quindi, dell’intervenuto
“superamento”, nella provincia di appartenenza ed a far
data dal 1998, del cd. salario medio convenzionale
(fermo al 1995) da parte del cd. salario reale (ossia la
retribuzione fissata, per tutte le qualifiche, in sede di
contrattazione collettiva integrativa), l’importo delle
predette prestazioni temporanee avrebbe dovuto essere
calcolato non più sulla base del cd. salario medio
convenzionale “congelato” ma sulla scorta del cd.
salario contrattuale.

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sentire accertare il suo diritto alla riliquidazione della

Il Tribunale accoglieva la domanda, con condanna
dell’INPS al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale pronuncia proponeva appello l’INPS,
eccependo la decadenza dalla domanda.
Il lavoratore resisteva al gravame.
La Corte di appello di Bari, con sentenza del 25
novembre 2008 accoglieva l’eccezione di decadenza e

grado.
Il rigetto della domanda era motivato ai sensi del d.P.R.
30 aprile 1970, n. 639, art. 47 e successive
modificazioni ed integrazioni, col rilievo della
intervenuta decadenza annuale dal diritto azionato,
decorrente dalla data dell’originaria domanda
amministrativa, da proporre ai sensi del D.L. 9 ottobre
1989, n. 338, art. 7, comma 4 convertito con
modificazioni nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, entro il
31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento
del sussidio di disoccupazione. In particolare, la Corte
territoriale aveva ritenuto applicabile anche all’ipotesi
di domanda all’INPS di riliquidazione della indennità di
disoccupazione nel settore del lavoro agricolo, il
termine annuale di decadenza di cui al d.P.R. 30 aprile
1970, n. 639, art. 47, e successive modificazioni ed
integrazioni.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il
Borrelli, affidato ad unico motivo.
L’INPS ha depositato delega in calce al ricorso
notificato.
Motivi della decisione
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata
della presente sentenza.
1. Il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 47 del
d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 (nel testo modificato dal
4

respingeva la domanda proposta dal Borrelli in primo

D.L. n. 384 \ 92, convertito nella legge n. 439\92, come
interpretato dell’art. 6 del D.L. n. 103\91, convertito
nella legge 10 giugno 1991 n. 166.
Lamenta che la Corte d’appello non tenne conto del
principio enunciato da questa S.C. (Cass. sez.un. 29
maggio 2009 n. 12720) secondo cui, stante il principio
dell’unitarietà del termine di decadenza, non poteva
(sostanziale) per le domande dirette al solo
adeguamento di prestazioni (come nella specie) già
riconosciute.
Il motivo è fondato.
L’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 prevedeva
termini per l’esercizio dell’azione ritenuti dalle sezioni
unite di questa Corte (sent. 21 giugno 1990 n. 6245) di
decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire
finalizzata unicamente a delimitare l’efficacia temporale
della condizione di procedibilità della domanda
giudiziaria,

rappresentata

dall’attivazione

e

dall’esaurimento del procedimento amministrativo.
Col successivo D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6
convertito con modificazioni nella L. 1 giugno 1991, n.
166, ritenuto da Corte Cost., con la sent. n. 246 del
1992, di interpretazione autentica del d.P.R. n. 639 del
1970, art. 47, venne stabilito che i termini in
questione fossero posti a pena di decadenza
sostanziale, determinando l’estinzione del diritto ai
ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e
l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale.
Tali termini vennero successivamente ridotti a tre anni
(un anno per le prestazioni temporanee di cui all’art.
24 L. n. 88 \ 89, che qui interessano) con il D.L. n.
384\92, convertito in L. n.438\92.

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trovare applicazione un ulteriore termine di decadenza

Le sezioni unite di questa Corte (sent. n.12720 \ 09),
affermarono che la decadenza di cui al citato art. 47 come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art.
6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991,
n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi
in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non
già il riconoscimento del diritto alla prestazione
di detta prestazione già riconosciuta in un importo
inferiore a quello dovuto.
E’ tuttavia intervenuto il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art.
38, comma 1, lett. d), convertito in L. n. 111 del
medesimo anno, che ha aggiunto al citato art. 47 un
ultimo comma del seguente tenore: “Le decadenze
previste dai commi che precedono si applicano anche
alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento
di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento
di accessori del credito. In tal caso il termine di
decadenza decorre dal riconoscimento parziale della
prestazione ovvero dal pagamento della sorte”,
precisando al quarto comma che “le disposizioni di cui
al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi
pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore
del presente decreto”.
Questa Corte (sent. 8 maggio 2012 n. 6959) ha al
riguardo chiarito che “In tema di decadenza delle
azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di
una prestazione parzialmente riconosciuta, la novella
dell’art. 38 lett. d) del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in
L. n.111 del 2011 – che prevede l’applicazione del
termine decadenziale di cui all’art. 47 del d.P.R. 30
aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad oggetto
l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte
o il pagamento di accessori del credito -, detta una
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previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento

disciplina innovativa con efficacia retroattiva limitata ai
giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in
vigore delle nuove disposizioni, con la conseguenza che,
ove la nuova disciplina non trovi applicazione, come nel
caso di giudizi pendenti in appello, o in cassazione alla
data predetta, vale il generale principio
dell’inapplicabilità del termine decadenziale”.
principio, sicché il ricorso va accolto e la sentenza
impugnata cassata, con rinvio al altro giudice, in
dispositivo indicato, che si atterrà al principio di diritto
enunciato, provvedendo anche in ordine alle spese,
compreso il presente giudizio di legittimità.
P. Q . M .
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Bari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20
novembre 2012

Il Collegio non ha motivi per discostarsi da tale

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