Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4989 del 02/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4989 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso 3708-2014 proposto da:
D’ALESSIO FRANCESCO NICOLA C.F.

DLSENC80M27A512C,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172,
presso lo studio dell’avvocato SERGIO NATALE EDOARDO
GALLEANO, che lo rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

2017
4693

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F.

97103880585,

in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso la
DIREZIONE AFFARI LEGALI DI POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dall’avvocato MARIASILVIA

Data pubblicazione: 02/03/2018

MANDARINO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 330/2013 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 02/08/2013, R. G. N.

280/2013.

Ritenuto
1. che la Corte di appello di Genova ha confermato, con differente motivazione, la
sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la domanda di Francesco
Nicola D’Alessio intesa all’accertamento della nullità del termine apposto al contratto,
avente decorrenza dal 1.7.2011 al 30.9.2011, stipulato ai sensi dell’art. 2 comma 1
bis D. Igs 06/09/2001 n. 368;

la tempestività dell’impugnativa del contratto in relazione al termine prescritto dall’art.
32 Legge 04/11/2010 n. 183, ha osservato che la domanda azionata non era
comunque accoglibile in quanto la apposizione del termine era avvenuta ai sensi
dell’art. 2 comma 1 bis D. Igs n., 368 del 2001, previsione della quale era stata
riconosciuta la conformità costituzionale e comunitaria (Corte cost. 214/2009 – Corte
di Giustizia ordinanza 11.11.2010 procedimento C-20/10 Vino);
1.2. che il giudice di appello ha, inoltre, escluso che si fosse verificata violazione
dei limiti percentuali prescritti per le assunzioni a termine dall’art. 2 comma 1 bis D.
Igs n., 368/2001 in quanto, a differenza di quanto sostenuto dal lavoratore, tale limite
doveva essere verificato in relazione all’intero organico aziendale e non solo agli
addetti al servizio postale;
1.2. che ha rilevato che era stato prodotto il documento di valutazione dei rischi;
2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Francesco Nicola
D’Alessio sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria ai sensi dell’art. 378 cod.
proc. civ. ;
2.1. che la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
2.2. che il PG non ha depositato requisitoria scritta;
Considerato
1. che con il primo motivo di ricorso si deduce violazione delle clausole 4 e 8.1.
della Direttiva UE 1999/70;
2. che con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2 comma 1 bis
D.Igs n. 368 /2001 in connessione con l’art. 2697 cod. civ. e omesso esame di un
fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti, in relazione alla affermata necessità
di verifica del rispetto delle prescritta percentuale tra assunzioni a termine e

1.1. che, in particolare, per quel che ancora rileva, il giudice di appello, ritenuta

assunzioni a tempo indeterminato con riferimento ai soli addetti al servizio postale
universale nell’ambito dell’organico aziendale;
3. che con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 2 Direttiva UE n.
533/1991 e artt. 38 e 40 c.c.n.l. oltre che del contratto individuale di assunzione . Si
sostiene che poiché il lavoratore aveva prestato la propria attività oltre che presso la
sede indicata nel contratto anche presso altri uffici, in violazione della disciplina dei

di trasferimento, la assunzione a termine era nulla in quanto ciò aveva comportato il
vehir meno del nesso causale tra la esigenza giustificativa alla base del termine e
1″spletamento della prestazione in luogo diverso da quello originario;
4. che con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 3 D.Igs n. 368/2001 e
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, discusso fra le parti; si sostiene, in
sintesi, la nullità del contratto per difetto di prova della effettuazione della valutazione
dei rischi in quanto Poste aveva depositato documentazione a riguardo riferita solo
all’ufficio postale di Sarzana e non anche agli altri uffici presso i quali il lavoratore
aveva prestato la propria attività;
5. che il primo motivo di ricorso non è fondato, essendo la gravata pronuncia
conforme agli arresti resi in materia dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez.
Un. 31.5.2015 n. 11374) che, interpretando il comma 1 bis dell’art. 2 in questione,
hanno affermato che l’impresa concessionaria del servizio potale può assumere a
termine un lavoratore per un periodo massimo di sei mesi o di quattro, a seconda che
detto periodo sia compreso tra aprile ed ottobre o nel periodo residuo dell’anno, a
condizione che con tale assunzione non si superi il limite quantitativo costituito dal
15% dell’organico aziendale, senza prospettare differenze a seconda del tipo di
mansioni cui il lavoratore sia addetto. Nel successivo intervento del 02./07/2015 n.
13609 questa Corte ha poi ulteriormente evidenziato che l’art. 2 comma 1 bis citato fa
riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione quelle concessionarie dei servizi e settori delle poste- e non anche alle mansioni del
lavoratore assunto, in coerenza con la ratio della disposizione, ritenuta legittima dalla
Corte Costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella possibilità di
assicurare al meglio lo svolgimento del c. servizio universale” postale, ai sensi dell’art.
1 comma 1 del D.Igs 22/07/1999 n. 261, di attuazione della direttiva 1997/67/CE,
mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del

trasferimenti previsti dal contratto collettivo ed in assenza di formale provvedimento

contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni
inderogabilmente fissate dal legislatore;
5.1. che le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie
di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal comma 1 bis
dell’art. 2 del D.Igs n. 368/2001 (per Poste italiane s.p.a.

ex lege), non necessitano

anche dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o

nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata

“ex

ante” direttamente dal legislatore (Cass. Sez. Un. 31.5.2016 n. 11374);
5.2. che la disposizione dell’art. 2 comma 1 bis del D.Igs n. 368/2001, aggiunta
dall’art. 1 comma 558 della legge n. 266 del 2005, non contrasta con l’ordinamento
comunitario, in quanto, come rilevato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C20/10 Vino), è giustificata dalla direttiva 1997/67/CE, in tema di sviluppo del mercato
interno dei servizi postali, non venendo in rilievo la direttiva 1999/70/CE, in tema di
lavoro a tempo determinato, neppure con riferimento al principio di non
discriminazione, che è affermato per le disparità di trattamento fra lavoratori a tempo
determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ma non anche per le disparità di
trattamento fra differenti categorie di lavoratori a tempo determinato (cfr. Cass.
11.7.2012 n. 11659);
5.3. che il citato art. 2 comma 1 bis D.Igs. n. 368/2001 non contrasta neanche
con il divieto di regresso contenuto nell’art. 8 dell’Accordo quadro allegato alla
direttiva 99/70/CE, trattandosi di disposizione speciale, introdotta accanto ad altra
analoga previsione speciale, con la quale il legislatore si è limitato ad operare una
tipizzazione della ricorrenza di esigenze oggettive, secondo una valutazione di tipicità
sociale (cfr. Cass. 26.7.2012 n. 13221);
5.4. che deve essere escluso anche che Poste Italiane s.p.a. abbia realizzato, in
virtù di detta disposizione, un abusivo sfruttamento di posizione dominante -in
violazione dei Trattati- quale unica impresa concessionaria di servizi postali, come già
affermato in precedenti pronunce di questa Corte (cfr. Cass. n. 5860/2017; Cass. n.
19688/2014; n. 19998/2014) alle cui condivisibili argomentazioni si rinvia;

6. che il secondo motivo è parimenti infondato alla luce di quanto affermato in
precedenza – v- punto 5. – in ordine al fatto che l’art. 2 comma 1 bis del D.Igs n.

sostitutivo ai sensi del comma 1 dell’art. 1 del medesimo D.Igs, trattandosi di ambito

368/2001 fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene
l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste- e non anche alle
mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la ratio della disposizione, di talchè
correttamente la Corte distrettuale, nella verifica del rispetto del rapporto percentuale
ha fatto riferimento all’intero organico aziendale;
7. che il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, posto che la specifica

lavoro anche presso uffici diversi da quello indicato in sede di assunzione, non è stata
trattata dal giudice di appello, costituiva onere di parte ricorrente dimostrare di averla
tempestivamente e ritualmente sollevata nelle fasi di merito (v. tra le altre, Cass.
28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n. 20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540)
7.1. che tale onere non è stato assolto dall’odierno ricorrente il quale non ha
dimostrato mediante un’esaustiva esposizione della vicenda processuale ed in
particolare mediante riferimento alle allegazioni e deduzioni delle parti svolte nelle fasi
di merito che tale questione aveva costituito oggetto di rituale deduzioni dapprima
davanti al giudice di primo grado e quindi al giudice di appello;
8. che il quarto motivo di ricorso è inammissibile per quanto osservato in relazione
al motivo precedente; occorre,infatti, ribadire che parte ricorrente non ha dimostrato
che la allegazione attinente alla prestazione dell’attività di lavoro anche presso sedi
diverse da quelle di originaria adibizione era stata ritualmente formulata nelle fasi di
merito e che con specifico riferimento a tale adibizione era stata dedotta la carenza di
prova della valutazione dei rischi negli ulteriori uffici nei quali era stata asseritamente
prestata l’attività ;
8.1. che, infine, del tutto generica è la contestazione della idoneità del documento
di valutazione dei rischi riferito alla sede di Sarzana, peraltro non supportata, in
violazione del disposto dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., dalla riproduzione del
contenuto del documento e dalla indicazione di dati idonei a consentirne la reperibilità
nell’ambito del fascicolo di merito ( cfr. tra le altre,Cass. 12/12/2014 n. 26174);
9. che alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato;
10. che al rigetto segue la condanna della ricorrente, secondo il principio della
soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità;
11. che la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30
gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.

questione, implicante accertamento di fatto, relativa alla prestazione di attività di

30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre
2012,

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite
che liquida in C 4.000,00 per compensi professionali, C 200,00 per esborsi, oltre spese

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n.
228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella Adunanza camerale del 23 novembre 2017.

forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

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