Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4988 del 02/03/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4988 Anno 2018
Presidente: BALESTRIERI FEDERICO
Relatore: NEGRI DELLA TORRE PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso 11810-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
4552

VANNUCCI ANTONELLA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo studio
dell’avvocato LIVIO BUSSA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ROBERTO GIUSTI,
giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 02/03/2018

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 316/2012 della CORTE D’APPELLO

di FIRENZE, depositata il 04/05/2012 R.G.N. 389/200/
8.

R.G. 11810/2013

Premesso
che con sentenza n. 316/2012, depositata il 4 maggio 2012, la Corte di appello di Firenze
ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale di Lucca, accolta la
domanda della ricorrente, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di

al periodo dal 13 maggio al 29 giugno 2002, per “esigenze tecniche, organizzative e
produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
comprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti
da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di
nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli
accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile
2002”;
– che, a sostegno della propria decisione, la Corte ha osservato come Poste Italiane non
avesse assolto l’onere probatorio gravante sul datore di lavoro, attesa la genericità delle
istanze istruttorie dedotte, inidonee a provare l’effettiva riferibilità dell’assunzione a
termine a specifiche esigenze connesse al processo di riorganizzazione preso in esame
dalla contrattazione collettiva richiamata nella clausola del contratto intercorso fra le
parti;
– che nei confronti di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Poste Italiane
S.p.A. con due motivi, cui ha resistito la lavoratrice con controricorso;

rilevato
che, con il primo motivo, la società deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del
d.lgs. n. 368/2001, in relazione all’art. 23 I. n. 56/1987, all’art. 25 CCNL del 2001 e agli
accordi collettivi richiamati nel contratto individuale, nonché vizio di motivazione, per
avere la Corte ritenuto la genericità della causale posta a fondamento della fissazione del
termine, malgrado gli accordi intervenuti con le organizzazioni sindacali dimostrassero
l’esistenza delle esigenze a cui l’art. 1 d.lgs. n. 368/2001 subordina la legittimità del
ricorso alle assunzioni a tempo determinato;
– che, con il secondo motivo, la società deduce vizio di motivazione, nonché violazione e
falsa applicazione degli artt. 12 Disposizioni sulla legge in generale, 1419 c.c., 1 d.lgs. n.
36872001 e 115 c.p.c., per avere la Corte erroneamente ritenuto che la nullità della
clausola di apposizione del termine non comportasse la nullità dell’intero contratto;

1

lavoro stipulato da Antonella Vannucci e dalla società Poste Italiane S.p.A., relativamente

osservato
che il primo motivo risulta inammissibile, non contenendo una specifica censura della
ragione decisoria adottata dal giudice di appello e cioè il mancato assolvimento, da parte
della datrice di lavoro, per la genericità dei mezzi di prova offerti, dell’onere della prova
concernente l’effettiva riferibilità dell’assunzione a termine a specifiche esigenze di
riorganizzazione aziendale;
– che, d’altra parte, la Corte, esprimendo tale ragione decisoria, si è conformata alla
giurisprudenza consolidata di legittimità, la quale ha ripetutamente sottolineato che

nella causale del contratto, compresa l’effettiva destinazione del lavoratore nel corso del
rapporto alla sede di lavoro indicata, con la qualifica e le mansioni conseguenti, grava
sulla società datrice di lavoro e deve essere assolto sulla base della documentazione
ritualmente acquisita al processo e della prova testimoniale dedotta (cfr., fra le molte,
Cass. n. 2279/2010);
– che il secondo motivo è infondato;
– che è, infatti, egualmente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio,
secondo il quale “l’art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 ha confermato il principio
generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo
indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria anche nel
sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante
l’apposizione del termine ‘per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo’. Ne deriva che, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative, e pur in
assenza di una norma che ne sanzioni espressamente la mancanza, in base ai principi
generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina
contrattuale, all’illegittimità del termine, ed alla nullità della clausola di apposizione dello
stesso, consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola, pur se eventualmente
dichiarata essenziale, e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”
(Cass. n. 7244/2014);

ritenuto
conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;
– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo

p.q.m.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per
compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.
2

l’onere probatorio relativo alla effettiva ricorrenza nel concreto degli elementi indicati

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello
stesso articolo 13.

Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 21 novembre 2017.

Il Presidente

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Dott.ssa Dpnatt

(dott. Federico Balestrieri)

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