Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4987 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2020, (ud. 11/09/2019, dep. 25/02/2020), n.4987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2673-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE CAPUA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA V.G.BORST 4, oresso lo

studio dell’avvocato CATINI GIOVANNI, rappresentata e difesa

dall’avvocato MERCONE PASQUALE, giusta procura a margine;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 66/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 27/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PELUSO che si riporta agli scritti

e chiede l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone quattro motivi di ricorso, ribaditi con memoria, per la cassazione della sentenza n. 66/15/2012 del 15 febbraio 2012, con la quale la CTR della Campania, in accoglimento solo parziale dell’appello dell’Ufficio, riconosceva alla società Immobiliare Capua srl, nella qualità di coobbligata in solido, in quanto beneficiaria senza trasferimento di debiti, della scissone parziale della Caroma srl, la legittimazione passiva in ordine alla obbligazione tributaria di cui alla cartella di pagamento contenente l’iscrizione a ruolo,a titolo definitivo, della somma di Euro 1.156.180,92 per INVIM annualità 1991, scaturente da accertamenti divenuti definitivi a seguito del passaggio in giudicato di alcune sentenze della C.T.P. di Caserta rese nei confronti della Caroma Costruzioni s.r.l.

La CTR,n ella sentenza impugnata, affermava che nel caso di scissione parziale in discussione, la responsabilità solidale della società beneficiaria sussiste nei limiti del patrimonio netto trasferito, a norma dell’art. 2506-bis c.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, deduce, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. n. 917 del 1986, art. 173, comma 13, del non avendo la CTR considerato che la predetta norma, non prevedendo limitazione di responsabilità per la società beneficiaria, determina una disciplina speciale, per i profili tributari, prevalente su quella prevista dagli artt. 2506-bis c.c., comma 3, e art. 2506-quater c.c., comma 3.

Con il secondo motivo di ricorso,in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. avendo la Commissione erroneamente ritenuto di pronunciarsi, in assenza di una specifica richiesta, anche sull’entità del debito tributario gravante sulla beneficiaria, ponendo a carico dell’Ufficio l’onere di ricalcolare l’INVIM straordinaria secondo i parametri dettati dalla stessa Commissione ed in particolare dichiarando di doversi tenere conto delle passività di scissione accollate alla beneficiaria.

Con il terzo motivo la ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. perchè la C.T.R. si è erroneamente pronunciata nel merito delle modalità di determinazione del quantum debeatur (che, peraltro, non ha costituito oggetto della materia del contendere) incorrendo nella violazione della norma e del principio di intangibilità del giudicato, posto che gli importi dell’Invim straordinaria reclamati nella cartella impugnata, sono conseguenti alle pretese tributarie cristallizzate dai ripetuti giudicati a favore del Fisco, nel frattempo, intervenuti.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3, deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, artt. 3,6 e 11 avendo la Commissione stabilito che nel computo dell’entità dell’imposta dovevano considerarsi “gli elementi passivi rappresentati dai debiti verso i soci per finanziamenti infruttiferi effettuati a favore della società scissa e trasferiti alla beneficiaria” senza considerare che quegli elementi passivi non potevano ascriversi tra gli elementi che normativamente concorrono a formare la base imponibile della specifica imposta in discussione.

La contribuente resiste con controricorso

I motivi di ricorso sono fondati e possono essere valutati congiuntamente attesa l’evidente connessione logica, declinando aspetti diversi del medesimo argomento relativo alla disciplina delle scissioni societarie in ambito tributario.

In ordine a tale disciplina è stato già chiarito che la responsabilità per i debiti tributari, relativi a periodi d’imposta anteriori l’operazione di scissione parziale, è regolata dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 173, comma 13, mediante aggiunta di un elemento specializzante rispetto alla omologa responsabilità riguardante le obbligazioni civili. Nei termini che, fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla beneficiata, la disposizione normativa stabilisce che tutte le società partecipanti all’operazione, per i debiti tributari, rispondono non solo solidalmente ma altresì illimitatamente. Salvo, sempre, il diritto di esercitare il regresso nei confronti degli altri coobbligati. Questa interpretazione trova conferma nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 15, comma 2, dal lato interpretativo sistematico, coerentemente prevede che le società partecipanti alla scissione siano tutte solidalmente e illimitatamente responsabili per le somme dovute per le violazioni tributarie. Nella previsione di una illimitata responsabilità solidale, sta appunto il carattere eccezionale della disciplina fiscale della solidarietà discendente dalle operazioni di scissione parziale.

Conseguentemente, questa Corte ha già affermato il principio di diritto secondo cui “In una fattispecie di operazione di scissione parziale, per i debiti fiscali della scissa relativi a periodi d’imposta anteriori l’operazione, rispondono, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 173, comma 13, solidalmente e illimitatamente tutte le società partecipanti la scissione, come del resto conferma dal lato della interpretazione sistematica il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 15, comma 2, che con riguardo alle somme da pagarsi in conseguenza di violazioni fiscali commesse dalla scissa prevede la solidarietà illimitata di tutte le beneficiarie. E questo differentemente dalla disciplina della responsabilità delle partecipanti la scissione relativa alle obbligazioni civili, per la quale invece l’art. 2506-bis c.c., comma 2, e art. 2506-quater c.c., comma 3, prevedono precisi limiti”. (Cass. n. 13059/2015).

La disciplina civilistica, infatti, non trova rispondenza nell’ordinamento tributario, il quale stabilisce – al contrario – che per gli obblighi della società scissa, riferibili a periodi di imposta anteriori alla data di efficacia della scissione, risponde non soltanto la società scissa ma anche la società beneficiaria; tale responsabilità, valevole “per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi ed ogni altro debito” afferente al rapporto tributario, ha natura solidale, e per essa non è previsto alcun limite quantitativo riconducibile al patrimonio assegnato con l’operazione straordinaria (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 173, comma 12 e 13).

E’ stato anche rilevato che, in ambito tributario, l’istituto della responsabilità solidale riprende vigore secondo la regola generale di integralità e pariteticità di cui agli artt. 1292 e 2740 c.c. e che la prevalenza della norma tributaria sul diverso principio desumibile dalla disciplina codicistica della scissione non determina – nella prospettiva degli artt. 3 e 53 Cost. – alcuna violazione di ordine costituzionale; dal momento che la maggior tutela accordata dall’ordinamento al “creditore-fisco”, rispetto a tutti gli altri creditori della società scissa, trova riscontro di ragionevolezza ed adeguatezza nella oggettiva diversità di fattispecie determinata dalla peculiarità dell’obbligazione tributaria. Ciò è quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 90 del 26 aprile 2018, dichiarativa della infondatezza “delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 173 TUIR, comma 13, nella parte in cui prevede, in caso di scissione parziale di una società, la responsabilità solidale e illimitata della società beneficiaria per i debiti tributari riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione ha effetto, e D.Lgs. n. 472 del 1997, l’art. 15, comma 2, nella parte in cui prevede, in caso di scissione parziale, che ciascuna società beneficiaria è obbligata in solido al pagamento delle somme dovute a titolo di sanzione per le violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto”. (Cass. n. 16710/2019)

Ne segue, l’accoglimento del ricorso.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale va, di conseguenza, cassata con pronuncia nel merito – di rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente- non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto; le spese del giudizio di merito possono essere compensate tenuto conto dell’andamento del procedimento; le spese del giudizio di cassazione vengono invece poste a carico della società, secondo la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio della società contribuente; condanna quest’ultima alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito; compensa le spese del giudizio di merito

Così deciso in Roma, udienza pubblica, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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