Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4987 del 02/03/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 4987 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

SENTENZA

sul ricorso 15737-2013 proposto da:
BALOTTA

PAOLA

LLGRS065E71B521V,

BLTPLA69E48D150F,
DELL’AiRA

DLLSVT7OR68G624V,

ALLEGRA

SALVATRICE
VERGINI

DELLE

ROSA
ROSA
MICHELA

DLLMHL76S70D643E, DI NISI MARIA LUCIA
DNSMLC78M71L738U, GRAZIOLI STEFANIA GRZSFN65R68F205T,
2017
4397

GULLOTTO VALERIA GLLVLR77R48H175Y, LUNA MICHELA
LNUMHL74L53I8 7 4X,

MARESCA

IDA

MRSDIA61D56C129H,

MESSINA GIANCARLO MSSGCR61A11F205N, MICOZZI ELEONORA,
NAPOLITANO

PASQUALINA

NPLPQL66P661016L,

VITTORIA

LVTVTR57B45C501N,

PEDALINA

OLIVITO
RITA

Data pubblicazione: 02/03/2018

PDLRTI61T46Z700L, PISAPIA ROSAMARIA PSPRMR74S58C361S,
POPOLO RITA PPLRTI59S63A463A, PULERA’ PALMA
PLRPLM73P50D1220, ROSSI MARIA CRISTINA, RUSSO MORENA
RSSMRN76A69A405S, SCARPINO VALERIA SCRVLR67H61F205C,
VOLPINTESTA TIZIANA MARIA VLPTNM73C66L219D, tutti

320, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA
RICCI, rappresentati e difesi dall’avvocato ALBERTO
GUARISO, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA C.F. 80255230585 in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in
ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2144/2012 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/12/2012 R.G.N.
1284/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/11/2017 dal Consigliere Dott.
ALFONSINA DE FELICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI PIETRALATA

R.G. 15737/2013

FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Milano con la sentenza in epigrafe, dopo aver disposto la
riunione dei giudizi, ha riformato la decisione di prime cure che aveva accolto le
domande d’insegnanti supplenti di scuole di diverso ordine e grado, iscritti nelle

cui all’art. 401 d.lgs. n.29/1994 e succ. modif., rivolte a sentir riconoscere il diritto al
risarcimento del danno per utilizzo abusivo del contratto a termine e il computo
dell’anzianità retributiva maturata complessivamente in virtù delle successive
reiterazioni.
La

ratio decidendi

della sentenza d’appello si basa sostanzialmente

sull’affermazione di una specialità e autonomia del reclutamento del personale
scolastico tale da escluderne in radice la compatibilità con la disciplina dettata in via
generale, per i contratti di lavoro a tempo determinato, dal d.lgsl. n.368/2001,
attuativo dell’Accordo Quadro Europeo del 18/3/1999 allegato alla Direttiva
1999/70/CE.
In particolare, l’inoperatività del principio di conversione dei rapporti di lavoro e
l’inapplicabilità di un limite massimo alla reiterazione dei contratti a termine, ove
permanga la necessità di sostituzione, troverebbero la loro puntuale giustificazione nel
precipuo interesse pubblico alla continuità didattica.
Il sistema delle supplenze, secondo la Corte territoriale, parteciperebbe di un
peculiare percorso formativo selettivo attraverso il quale il personale della scuola è
immesso in ruolo in virtù di un modello di reclutamento alternativo rispetto a quello
ordinario del concorso per titoli ed esami.
Non riscontrandosi alcuna violazione delle norme europee gli insegnanti non
potrebbero reclamare né la conversione a tempo indeterminato dei rapporti né il
risarcimento del danno in misura equitativa.
Operando una ricostruzione del complesso insieme normativo del reclutamento
nel comparto della scuola, ispirata a tale propensione concettuale, la Corte d’Appello
ha escluso la violazione del principio di parità di trattamento retributivo per i supplenti
della scuola, rispetto al più favorevole trattamento del personale scolastico immesso
nei ruoli, giustificando tale assunto con la speciale valenza dei servizi pre-ruolo ai fini
della stabilizzazione, e del sistema del c.d. doppio canale di cui all’art. 399 d.lgs.
n.297/1994 e successive modifiche, che nel fissare i criteri per l’individuazione del

graduatorie permanenti (ora a esaurimento) da utilizzare per l’immissione in ruolo di

supplente in base alla graduatoria aggiornata di volta in volta col punteggio calcolato
sul numero degli incarichi e sulla loro durata, ne agevola la possibilità di occupazione
in vista dell’immissione in ruolo.
Avverso tale sentenza interpongono ricorso per cassazione Paola Balotta e altri
sulla base di cinque censure, cui oppone difese il Ministero dell’Istruzione, Università e
Ricerca.

1. Con la prima censura è dedotta la violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 24, co.1
Cost.
La censura contesta il decreto del Presidente della Corte d’Appello che ha disposto
una composizione “rafforzata” dei collegi, per esigenze di contenimento del pesante
carico giudiziario, individuando i giudici assegnatari secondo regole diverse da quelle
ordinarie e con specifico riferimento a un gruppo di cause definite.
2. La seconda censura deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 4 I.
n.124/1999, dell’art. 1 comma 1 d.l. 25/9/2009, n.134, conv. con I. 24/11/2009,
n.167, dell’art.9, co.18 d.l. 13/5/2011, n.70, conv. in I. 2/7/2011, n.106.
Incompatibilità con la Direttiva 99/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999.
Insufficienza e contraddittorietà della motivazione.
Parte ricorrente contesta che l’esclusione della misura della conversione dei
rapporti d’impiego al personale scolastico, ai sensi dell’art.9, co.18 d.l. 13/5/2011,
n.70, conv. in I. 2/7/2011, n.106, che ha aggiunto il co. 4 bis all’art. 10 del d.lgs.
n.368/2001, possa essere assunta a paradigma di un’esclusione generalizzata
dell’applicazione del d.lgs. n.368 allo stesso personale.
3. La terza censura deduce incompatibilità dell’art. 4 I. n.124/1999, dell’art. 1, d.l.
25/9/2009, n.134, conv. in I. 24/11/2009, n.167, dell’art. 9, co.18, d.l. 13/5/2011,
n.70, conv. in I. 12/7/2011, n.106 con la Direttiva 99/70/CE.
Richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (C – 378/2007 del
23/4/2009 – Angelidaki e a.; C -212/4 del 4/7/2006 – Adeneler; C -3/2010
dell’1/10/2010 – Affatato; C-555/2007 del 19/01/2010 – Kucukdeveci), parte
ricorrente prospetta che una previsione nazionale generale e astratta, che prevede
una successione di contratti a termine per sopperire a esigenze non straordinarie e
imprevedibili, ma al contrario, prevedibili e durature nel tempo, e utilizza finanche tale
sistema quale strumento per l'(eventuale) accesso a un posto stabile, non solo non è
compatibile con la normativa comunitaria, ma ne invera la palese violazione.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

4. La quarta censura lamenta insufficienza della motivazione per omesso esame
dei contratti oggetto d’impugnazione. La sentenza C-586/2010 del 26/1/2012 – Kucuk
richiede, ai fini della prova dell’abuso di contratti flessibili, la verifica dello stesso in
base a tutte le circostanze del caso concreto, compresi il numero e la durata
complessiva dei contratti. Tuttavia, sotto tale profilo, la Corte d’Appello avrebbe
omesso la concreta verifica delle concrete circostanze della successione contrattuale,
né avrebbe motivato quanto alla supposta riconducibilità delle fattispecie sottoposte al

5. La quinta censura contesta la violazione dell’art. 6 del d.lgs. n.368/2001 e della
clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70. Difetto e
contraddittorietà della motivazione, con riferimento alla comparabilità degli assunti
con contratto a termine e con contratto a tempo indeterminato.
Richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (C. – 307/2005 del
13/9/2007 – Del Cerro Alonso; e C. – 302 e 305 del 2011 del 18/01/2012 – Valenza)
censura la pronuncia gravata per non aver considerato illegittimo l’inquadramento dei
ricorrenti nella classe retributiva iniziale senza applicazione della progressione
stipendiale prevista per il personale assunto a tempo indeterminato, con palese
violazione della clausola 4 dell’accordo quadro, per la quale la diversità di trattamento
può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che
contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura e alle
caratteristiche delle mansioni espletate.
Dal punto di vista della completezza della motivazione, parte ricorrente deduce
che ai fini della comparabilità delle due categorie di personale scolastico non è
sufficiente il riferimento contenuto nella sentenza gravata all’incidenza dell’assenza del
breve periodo di prova nel caso dei supplenti, ed è contraddittorio il riferimento al
carattere vincolante delle graduatorie rispetto al permanere dello stato di precarietà.
Di contro, ciò che rileva per la Direttiva ai fini del giudizio sulla comparabilità delle
condizioni di lavoro è il concreto atteggiarsi del rapporto, che nel caso in esame, sotto
il profilo dell’identità del titolo di studio posseduto e del concorso superato, della
durata dei rapporti, dell’uniformità del contenuto delle prestazioni, avrebbe dovuto
portare la Corte territoriale a ritenere violato il principio di parità di trattamento tra
lavoratori a termine e a tempo indeterminato nel settore della scuola.
La prima censura, relativa alla dedotta violazione del principio del Giudice naturale
è inammissibile, poiché manca di autosufficienza.

3

suo giudizio di merito alla normativa del settore.

Parte ricorrente non trascrive, infatti, il decreto del Presidente della Corte
d’Appello riguardante la modificata composizione del Collegio nei ricorsi in esame.
Essa si rivela, comunque, altresì infondata, in base alla consolidata giurisprudenza di
questa Corte, per cui “La garanzia posta dall’art. 25 Cost., secondo cui nessuno può
essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, va riferita alla competenza
dell’organo giudiziario nel suo complesso, impersonalmente considerato, e non incide
sulla concreta composizione dell’organo giudicante” (Cass. n.12969/2004; cfr. anche

Le altre censure, da esaminarsi congiuntamente, meritano accoglimento.
Questa Corte, con varie sentenze (dal n. 22552 al n.22557 del 2016 e numerose
altre conformi) ha affrontato le questioni sollevate dalla parte ricorrente, e, dopo aver
ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla
Corte di Giustizia (26/11/2014, Mascolo e altri in cause riunite C-22/2013; C61/2013; C-62/2013; C-63/2013; C-418/2013), dalla Corte Costituzionale
(n.187/2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 5072/2016) ha affermato i
seguenti principi di diritto:
I) La disciplina del reclutamento del personale a termine nel settore scolastico di
cui al d.lgs. n.297/1994 non ha subito un’abrogazione da parte del d.lgs. n.368/2001,
essendone stata salvaguardata la specialità dall’art. 70, co.8 del d.lgs. n.165/2001;
II)

Per effetto della dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2

della I. n.124/1999 e in conformità con la Direttiva 1999/70/CE, è illegittima, a far
tempo dal 10/7/2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della I.
n.124 anteriormente all’entrata in vigore della I. n.107/2015, col personale sia
docente sia amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di posti vacanti e
disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per
l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non
continuativa, superiore a trentasei mesi.
III)

L’art. 36, co.5 del d.lgs. n.165/2001 non consente di costituire rapporti di

lavoro con le pubbliche amministrazioni a tempo indeterminato quale conseguenza
della violazione da parte degli enti pubblici, di disposizioni imperative riguardanti
l’assunzione o l’impiego di lavoratori.
IV) Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine realizzatesi dal 10/7/2001 e
prima dell’entrata in vigore della I. n.107/2015 con il personale docente e
amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti
disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per

4

Cass. n.4839/1992).

l’intero anno scolastico, la misura della stabilizzazione acquisita da tali categorie
attraverso gli strumenti selettivi-contrattuali operanti, è proporzionata, effettiva e
idonea a sanzionare l’abuso della reiterazione e a cancellare le conseguenze della
violazione del Diritto dell’Unione.
V) Che tale stabilizzazione attraverso l’avvenuta immissione in ruolo non preclude
al personale docente e al personale amministrativo, tecnico e ausiliario la possibilità di
proporre domanda per ottenere il risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a

principi affermati dalle Sez. Un n.5072/2016, il lavoratore, gravato del relativo onere,
non potrà beneficiare dell’agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.
VI) Nelle ipotesi di cui al punto IV), al personale docente e non docente che non
abbia alcuna certezza di stabilizzazione va riconosciuto il diritto al risarcimento del
danno nella misura e secondo i principi affermati dalla sopra richiamata sentenza delle
Sezioni Unite.
VII)

Che quanto alle reiterazioni dei contratti a termine, effettuate in relazione ai

posti per i quali si verificano esigenze temporanee non è in sé configurabile alcun
abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del
lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio e distorto a siffatto strumento
contrattuale, prospettando non già la sola reiterazione, ma le sintomatiche condizioni
concrete della medesima.
I principi affermati da questa Corte vanno confermati anche nella controversia in
esame, per le ragioni tutte indicate in motivazione, che s’intendono qui trascritte ex
art. 118 disp. att. cod. proc. civ.
In effetti, rispetto all’attenta analisi della parte ricorrente, ispirata ai principi
europei, la Corte d’Appello manca di svolgere la verifica del caso concreto, così come
raccomandato dalla giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia, cui la stessa,
diffusamente (ma genericamente) si richiama, omettendo, in particolare, di controllare
il numero e la durata complessiva dei contratti a termine sottoscritti dagli insegnanti,
e di verificare l’abuso delle reiterazioni sulla base delle allegazioni della parte.
Quanto alla mancata comparazione nella sentenza gravata, dedotta nella quinta
censura, delle retribuzioni degli assunti a termine rispetto alla progressione stipendiale
degli assunti con contratto a tempo indeterminato, la sentenza gravata non è
aderente al principio con cui questa Corte (Cass. n.22552/2016) ha stabilito che
l’inquadramento nella classe stipendiale iniziale del personale scolastico con contratto

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quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, ma, in tal caso, in continuità con i

a termine successivamente prorogato viola la clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato
alfa Direttiva 1999/70.

La motivazione si palesa, pertanto, insufficiente e contraddittoria in merito
all’esame in concreto dell’abuso di reiterazione dei contratti a termine in danno dei
ricorrenti da parte dell’amministrazione scolastica e delle eventuali conseguenze
applicabili secondo la giurisprudenza di questa Corte, nonché della disparità di
trattamento rispetto al personale di ruolo, dovuta all’inquadramento stipendiale nella

allegazioni.
In definitiva, essendo inammissibile la prima censura e fondate le altre quattro, il
ricorso è accolto nei limiti di cui in motivazione. La sentenza è cassata. Si rinvia alla
Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del
presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza. Rinvia
alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di
legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma

1 quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della im

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
dell’art. 1 bis dello stesso art.13.

Così deciso all’Udienza Pubblica del 9/11/2017

Il Presidente

Il Consigliere Estensore
(dott. ìif

(dott. Giu eppe Napoletano)

siparp e Felice)

A Funzionario Giudizissio

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classe retributiva iniziale, provata in giudizio per mezzo di specifiche e circostanziate

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