Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4975 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 28/02/2011), n.4975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

O.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA XX SETTEMBRE 98/G, presso lo studio dell’avvocato ZAVAGLIA

GIUSEPPA, rappresentata e difesa da se stessa;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

BANCA D’ITALIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3159/2008 del TRIBUNALE di SALERNO del

17/12/08, depositata il 24/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO SEGRETO;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori: “Il relatore, cons. Antonio Segreto, letti gli atti depositati, osserva:

1. O.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del tribunale di Salerno n. 3159 depositata il 24.12.2008, con cui in un giudizio di opposizione all’esecuzione instaurata nei confronti del debitore Ministero dell’Economia e delle Finanze, con pignoramento presso terzo (Banca d’Italia), veniva accolta l’opposizione del debitore esecutato e dichiarata l’impignorabilità delle somme presso il terzo, perchè oggetto di contabilità speciale in favore di altri soggetti rispetto al depositario, debitore esecutato (il Ministero). Resiste con controricorso il Ministero.

2.1. Con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 125, 163, 615 c.p.c., nonchè dell’art. 184 disp. att. c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 assumendo la nullità dell’atto introduttivo del giudizio di opposizione, in quanto asseritamente privo dei requisiti richiesti dalle predette norme e, comunque, perchè, non consentiva l’identificazione del giudizio al quale avrebbe dovuto riferirsi.

2.2. Il motivo è inammissibile.

Il giudice di merito ha rigettato analoga eccezione mossa dalla parte opposta su due rilievi: il primo consisteva nell’affermata mancata violazione delle norme suddette; il secondo nel conseguimento dello scopo della riassunzione effettuata dal Ministero, essendosi la controparte opposta costituita. Questa seconda ragione costituisce l’applicazione della sanatoria di cui all’art. 156 c.p.c., ult.

comma.

Il motivo di censura non attinge questa seconda ratio decidendi.

Quando la statuizione impugnata sia fondata su più ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali sia giuridicamente e logicamente idonea a sorreggere la pronuncia, l’omessa censura di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto d’interesse, il motivo di ricorso per cassazione relativo alle altre, in quanto la sua eventuale fondatezza non potrebbe mai condurre all’annullamento della sentenza, essendo divenuta definitiva la motivazione autonoma non impugnata (Cass. 18.7.2000, n. 9449; Cass. 18.4.1998, n. 3951).

3. Con il secondo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 324 c.p.c. per palese contraddittorietà con altre numerose pronunzie, precedenti o coeve, passate in giudicato in analoghi giudizi.

4. Il motivo è manifestamente infondato.

I giudizi, per quanto analoghi, avendo ad oggetto opposizioni all’esecuzione intraprese dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base di titoli esecutivi diversi tra loro, sono del tutto autonomi ed indipendenti tra loro, sia per petitum che per causa petendi.

Non si ravvisa, quindi, alcuna violazione dell’art. 324 c.p.c., in tema di formazione di giudicato.

5. Con il terzo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. Ministero Economia e Finanze 5 dicembre 2003, art. 4, attuativo della L. 24 novembre 2003, n. 326, assumendo che la sentenza impugnata, in evidente errore applicativo della norma suddetta, faceva erroneamente discendere dal disposto della stessa un presunto vincolo di destinazione dei fondi presenti sui depositi definiti di cui al D.Lgs. n. 284 del 1999, art. 1, comma 1, lett. a).

6. Il motivo è manifestamente infondato.

Va, infatti, osservato che il Ministero dell’Economia e delle Finanze non è subentrato in tutte le funzioni in precedenza svolte dalla Cassa Depositi e Prestiti, poichè al trasferimento in capo al Ministero della titolarità del servizio depositi di cui al D.Lgs. n. 284 del 1999, art. 1, lett. a) si è accompagnato l’affidamento alla Cassa depositi e prestiti s.p.a. (di nuova istituzione) della funzione di erogazione di prestiti e della gestione dei fondi per conto delle Amministrazioni Pubbliche D.Lgs. n. 284 del 1999 (art. 1, lett. b)). Da ciò deriva la scissione tra le due principali attività, prima svolte dalla sola Cassa depositi e prestiti, con conseguente inapplicabilità al Ministero del D.Lgs. n. 284 del 1999, art. 2.

L’esistenza presso la Tesoreria provinciale dello Stato di una contabilità speciale intestata al Ministero dell’economia e della Finanza, sulla quale è provata la giacenza di quei depositi, non vale a rendere il Ministero soggetto legittimato all’impiego dei fondi per i propri fini istituzionali. Devesi tener conto che la contabilità in questione è una contabilità per girofondi, i quali costituiscono contenitori passivi di somme disponibili non già per l’ente a cui è intestata la contabilità speciale, ma normalmente per altri soggetti, nel caso di specie per i soggetti depositanti o per gli enti cd. cauzionanti.

La specialità della contabilità è funzionalizzata alla sola custodia delle somme oggetto di deposito di proprietà di soggetti diversi rispetto al Ministero.

Tale tesi della separazione gestionale risulta chiaramente del D.M. Economia e Finanze 5 dicembre 2003, artt. 2 e 4, attuativo della L. 24 novembre 2003, n. 326. L’art. 2, comma 1, statuisce: “La titolarità del servizio depositi di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 284, art. 1, comma 1, lett. a), è trasferita al Ministero dell’economia e delle finanze.”. L’art. 4, comma 1, statuisce: “Fermo restando quanto previsto al D.L. n. 269 del 2003, art. 5, commi 8 e 14, sono soggette alla separazione organizzativa e contabile la funzione inerente alla gestione dei rapporti trasferiti al Ministero dell’economia e delle finanze e le funzioni assegnate alla Cassa depositi e prestiti in forza di disposizioni legislative e regolamentari, di provvedimenti e di convenzioni vigenti alla data di trasformazione.”.

Il rapporto, quindi, del Ministero su tali somme tenute in contabilità speciali con depositi in giroconti è riconducibile ad un deposito ex lege regolare (e non irregolare ex art. 1782 c.c.), in relazione al quale il depositario Ministero delle Finanze vanta una mera relazione custodiale con il bene, di cui risulta a tale titolo esclusivamente detentore.

La contraria opinione, esposta dalla ricorrente, si fonda sul presupposto che sussista il deposito irregolare nella fattispecie, con conseguente acquisto della proprietà da parte del depositario Ministero, in guanto questi sarebbe autorizzato a servirsi di tali somme. Tale autorizzazione deriverebbe dalla disposizione del D.Lgs. n. 284 del 199, art. 2, che nel passato assetto prevedeva che la Cassa provvedesse ai prestiti utilizzando gli stessi depositi.

Sennonchè tale assunto presenta due salti logici: a) anzitutto l’autorizzazione a servirsi dei depositi era concessa in favore della Cassa ma non attualmente al Ministero; b) i depositi potevano essere utilizzati non per ogni fine istituzionale della Cassa, ma solo per i prestiti, per cui non si intende su quale base normativa il Ministero, che, invece non effettua prestiti, debba poter utilizzare dette somme per i suoi diversi fini istituzionali.

Ciò comporta che tali somme non possano essere sottoposte ad esecuzione forzata instaurata nei confronti del debitore Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La diversa questione della legittimazione del debitore esecutato (e non piuttosto del terzo proprietario) a far valere tale vizio, risulta coperta dal giudicato, essendo stata positivamente risolta dalla sentenza del tribunale di Salerno, senza che il punto sia stato impugnato”.

Ritenuto:

che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve, perciò, essere rigettato;

che esistono giusti motivi (essenzialmente l’oscillante giurisprudenza dello stesso giudice di merito) per compensare le spese di questo giudizio di cassazione.

visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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