Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4972 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 24/02/2021), n.4972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina M. – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26893/2013 R.G. proposto da:

Lindt & Sprungli s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Sante Ricci, con domicilio

eletto presso il suo studio, sito in Roma, via delle Quattro

Fontane, 161;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 108/13/12, depositata l’8 ottobre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 novembre

2020 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– la Lindt & Sprungli s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata l’8 ottobre 2012, di reiezione del suo appello (nonchè del riunito appello erariale) avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto solo parzialmente il suo ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione relativa all’anno 2003 e recuperato le imposte non versate;

– dall’esame della sentenza di evince che la Commissione provinciale aveva ritenuto illegittimo l’atto impositivo limitatamente ai rilievi aventi ad oggetto l’indebita deduzione del transfer price su royalties, l’indebita detrazione dell’1.v.a. di rivalsa assolta sui beni acquistati per concorsi a premi e le sanzioni per indebita deduzione dell’accantonamento per indennità suppletiva di clientela;

– aveva, invece, confermato la legittimità dei rilievi concernenti la indeducibilità dei costi rappresentati dagli sconti effettuati alla grande distribuzione organizzata e degli oneri straordinari derivanti dalla risoluzione anticipata di un contratto, la detrazione dell’1.v.a. per contributi promozionali e premi di fine anno e la mancata emissione di autofattura;

– il ricorso è affidato a sette motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate;

– la ricorrente memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione al rilievo vertente sulla deduzione degli sconti riconosciti alla grande distribuzione, l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, laddove afferma che essa contribuente avrebbe introdotto nel giudizio di appello un argomento nuovo, consistente nell’attribuire rilevanza, ai fini della prova dei costi effettivamente sostenuti nell’anno in esame, anche ai premi di fine anno corrisposti;

– con il secondo motivo formula, in relazione al medesimo rilievo, analoga censura di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della pronuncia di appello, nella parte in cui ha sostenuto che non assumevano rilevanza le movimentazioni finanziarie effettuate negli anni successivi e che lo slittamento di un anno della tassazione di una componente reddituale creava, di per sè, un danno;

– i motivi sono, per la medesima ragione, inammissibili;

– infatti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nella formulazione risultante a seguito della modifica apportata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv., con modif., nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis al caso in esame – il vizio di motivazione insufficiente, illogica o contraddittoria non è più deducibile quale vizio di legittimità, atteso che il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, e dell’omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr., ex multis, Cass., ord., 25 settembre 2018, n. 22598; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);

– si osserva, in proposito, che la modifica introdotta del richiamato art. 54, trova applicazione, ai sensi del medesimo articolo, comma 3, alle sentenze pubblicate depositate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto medesimo e, dunque, dal 12 settembre 2012;

– pertanto, poichè la sentenza in esame è stata depositata l’8 ottobre 2012 (benchè pronunciata il 25 maggio 2011), il giudizio va effettuato alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– con il terzo motivo la società si duole, in relazione al medesimo rilievo, della violazione dell’art. 109, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, per aver la Commissione regionale escluso la deduzione del costo, benchè i relativi presupposti fattuali e di diritto ai quali si ricollegavano si erano verificati nel periodo di imposta in esame;

– il motivo è inammissibile;

– il giudice di appello, confermando la valutazione espressa dalla Commissione provinciale, ha escluso la deducibilità del (maggior) costo in quanto non documentato, ritenendo che, a tale fine, non potesse attribuirsi rilevanza alle “movimentazioni effettuate negli anni successivi”;

– in tale modo, ha inteso sostenere che fatti verificatisi in successivi periodi di imposta non possono essere presi in considerazione ai fini della dimostrazione della riferibilità del costo al periodo di imposta in esame, avuto riguardo all’operatività del principio di competenza, secondo il quale gli elementi reddituali vanno imputati nel periodo di imposta in cui si verificano i presupposti fattuali e giuridici;

– pertanto, la doglianza muove dall’erroneo presupposto che la Commissione regionale abbia escluso la deduzione del costo in quanto sostenuto in successivi periodi di imposta, mentre, invece, tale esclusione è dipesa unicamente dalla mancata documentazione del costo dedotto;

– con il quarto motivo di ricorso la società lamenta, con riferimento al rilievo vertente sulla detrazione dell’I.v.a. relativa ai contributi promozionali, l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, laddove afferma che la parte non avrebbe prodotto documenti contabili o contrattuali relativi alle operazioni in esame;

– il motivo è inammissibile, atteso che, come rilevato in precedenza, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non consente più la deduzione del vizio di motivazione insufficiente, illogica o contraddittoria quale vizio di legittimità;

– con il quinto motivo censura la sentenza impugnata, in relazione al medesimo rilievo, per violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, per aver negato la detrazione dell’1.v.a. di rivalsa assolta, benchè relativa a prestazioni di servizi aventi ad oggetto attività promozionale;

– il motivo è inammissibile;

– la Commissione regionale, richiamando la decisione di prime cure, ha rilevato che la contribuente non aveva offerto prova documentale del fatto che le operazioni rilevate avessero ad oggetto attività promozionali;

– orbene, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);

– con il sesto motivo la società, in relazione al medesimo rilievo, critica la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, comma 1, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, per aver erroneamente dichiarato l’inammissibilità del motivo di gravame formulato sul punto, pur in assenza di una violazione per la quale l’ordinamento prevede una siffatta pronuncia;

– il motivo è inammissibile, in quanto il gravame è stato “dichiarato inammissibile sul punto e comunque rigettato”;

– in tal modo, con una doppia motivazione, la Commissione regionale ha ritenuto, che l’appello non potesse essere accolto anche per ragioni di merito, che non sono state utilmente aggredite in questa sede;

– con l’ultimo motivo di ricorso la società deduce, con riferimento al rilievo attinente la detrazione dell’I.v.a. relative a premi di fine anno riconosciuti a clienti, l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione della pronuncia di appello, nella parte in cui ha onerato essa contribuente della dimostrazione della eccepita mancata detrazione dell’1.v.a. medesima;

– il motivo è inammissibile, stante l’impossibilità di sindacare in questa sede attraverso il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione insufficiente, illogica o contraddittoria;

– per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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