Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4970 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 28/02/2011), n.4970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.G. residente a (OMISSIS), rappresentato

e difeso, giusta delega a margine del ricorso, dagli Avv.ti Piero

Signorelli e Maurizio Massidda, elettivamente domiciliato nello

studio del secondo in Roma, Via Carlo Poma n. 4;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

nei cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 123/49/2005 della Commissione Tributaria

Regionale di Milano – Sezione n. 09, in data 23/11/2005, depositata

il 07 aprile 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio

dell’11 gennaio 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Sentito il Procuratore Generale Dott. Tommaso Basile.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel ricorso iscritto al n .14813/2007 R.G., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 123/49/2005 pronunziata dalla C.T.R. di Milano, Sezione n. 49, il 23.11.2005 e DEPOSITATA il 07 aprile 2006.

Con tale decisione, la C.T.R. ha accolto l’appello dell’Agenzia Entrate e riconosciuto sussistenti i presupposti impositivi.

2 – Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di rettifica e liquidazione della maggiore INVIM, censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione di legge e vizi della motivazione.

3 – L’intimata Agenzia, giusto controricorso, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

4 – I primi due motivi del ricorso, con i quali si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e violazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 20, tenuto conto della correttezza, sul piano logico-formale, della motivazione della decisione impugnata, sembrano formulati in spregio al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi che diano al Giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali” (Cass. n. 849/2002, n. 2613/2001, n. 9558/1997).

Ciò in quanto, costituisce pacifico principio quello secondo cui “per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza” (Cass. n. 9368/2006, n. 1014/2006, n. 22979/2004).

4 bis – Il terzo mezzo, con cui si censura la decisione impugnata per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, artt. 2, 3, 6, 18, 19 e 20, va esaminato alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui “Al fine della determinazione dell’imponibile I.N.V.I.M. nella differenza fra valore iniziale e valore finale del bene trasferito, l’individuazione del primo valore integra operazione distinta e non necessariamente collegata rispetto a quella del secondo valore. Conseguentemente, a fronte dell’accertamento, da parte dell’Ufficio, di un maggior valore finale rispetto a quello dichiarato dal contribuente, deve escludersi sia il dovere dell’Ufficio di operare un correlativo adeguamento del valore iniziale, sia che tale adeguamento possa essere effettuato, di propria iniziativa, dalle Commissioni Tributarie. E’ solo il contribuente che, con specifica e tempestiva istanza, soggetta alle relative preclusioni nei diversi gradi di giudizio, può rettificare il valore iniziale dichiarato, ma soltanto ove dimostri un proprio giustificabile errore afferente l’iniziale dichiarazione, e purchè non risulti ridotto l’imponibile differenziale risultante” (Cass. n. 11388/1999, n. 4722/2003, n. 7242/1995).

5 – Data la delineata realtà processuale, sulla base dei richiamati principi, si propone, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. di trattare la causa in Camera di Consiglio, rigettando il ricorso per manifesta infondatezza.

Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, in fatto ed in diritto, svolte nella relazione;

Considerato, in particolare, con riferimento al motivo con cui si deduce il vizio della motivazione, che lo stesso non è spendibile per sindacare la valutazione compiuta in ordine alla quaestio iuris (Cass. 4593/2000, n. 1430/1999);

Ritenuto che, per tali motivi, in applicazione dei richiamati principi, il ricorso va rigettato;

Considerato che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro cinquemilacento, oltre spese prenotate a debito;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia Entrate, delle spese del giudizio di Cassazione, in ragione di complessivi Euro cinquemilacento, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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