Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4969 del 02/03/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4969 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: DE MASI ORONZO

ORDINANZA
sul ricorso 2880-2015 proposto da:
NEVADA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.
PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI
MEO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato PATRIZIA TOVAZZI;
– ricorrente contro

COMUNE DI FAGNANO OLONA, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA G.G. BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato
GIACOMO MEREU, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MASSIMILIANO BATTAGLIOLA;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3231/2014 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 17/06/2014;

Data pubblicazione: 02/03/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/02/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO

DE MASI.

RILEVATO

che il Comune di Fagnano Olona

notificava alla NEVADA s.r.l. avviso di accertamento col

quale rideterminava, in relazione all’imposta comunale sugli immobili (ICI ) dovuta per l’anno
2010, il valore di un’area edificabile denunciato, ai fini della predetta imposta, in misura
superiore ai valori minimi predeterminati dall’ente impositore, ai sensi e per gli effetti di cui
all’art. 59, comma 1, lett. g), D.Lgs. n. 446 del 1997, in base all’allora vigente Regolamento
comunale;

Provinciale di Varese, la quale accoglieva il ricorso, con sentenza poi riformata dalla
Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, su appello del Comune;
che il valore dell’area, secondo i giudici di secondo grado,

era stato legittimamente

determinato dal Comune in quanto il citato art. 59 comma 1, lett. g), D.L.gs. n. 446 del 1997,
consente ai comuni di determinare periodicamente i valori venali in comune commercio delle
aree fabbricabili per zone omogenee, ma non impedisce all’ente impositore di superare la
relativa presunzione di valore, in presenza di elementi di giudizio decisivi, quale è appunto il
prezzo pattuito nell’atto di compravendita dell’immobile per cui è causa, stipulato dalla stessa
società contribuente in epoca antecedente l’anno di imposizione;

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3, omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo
la CTR esaminato la questione afferente la inadeguatezza del corrispettivo indicato nell’atto di
compravendita del 2007, ed elevato a valore presuntivo ai fini ICI per l’anno 2010, nonostante
la perizia di parte avesse evidenziato la criticità della situazione di mercato e delle prospettive
di sviluppo immobiliare della zona, nonché le valenze negative derivanti dalla prossimità
dell’area ad attività produttive;
che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e
falsa applicazione dell’art. 59, comma 1, D.Lgs. n. 446 del 1997, non avendo la CTR
considerato che la richiamata disposizione inibisce in modo assoluto l’esercizio del potere di
accertamento dei comuni in tema di valore venale ai fini ICI delle aree fabbricabili qualora i
contribuenti si adeguino ai valori minimi da essi deliberati, per cui, nel caso di specie, ed in tal
senso va letto l’art. 8 del Regolamento Comunale, che individua e regolamenta la fattispecie
contenuta nella richiamata disposizione ;
che la prima censura è inammissibile;
che secondo la giurisprudenza di questa Corte “La decisione del giudice di secondo grado che
non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è
impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto
1

che l’atto impositivo veniva impugnato dalla contribuente davanti alla Commissione Tributaria

decisivo della controversia e neppure per motivazione “per relationem” resa in modo difforme
da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame; ne consegue che,
se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 3 o n. 5, c. p. c., anziché dell’art. 360, n. 4, c.
p. c. in relazione all’art. 112 dello stesso codice, il ricorso è inammissibile.” (Cass. n.
11801/2013);
che, peraltro, la ricorrente non tiene conto del fatto che la decisione della CTR segue, con
motivazione sintetica ma inequivocabile, un percorso logico incompatibile con l’accoglimento
della tesi della contribuente, avendo i giudici di appello ritenuto che il prezzo indicato nella

per la determinazione dell’imposta attesa la sua coincidenza, quale prezzo stabilito a seguito di
una libera contrattazione (che ha quindi tenuto conto dell’ubicazione, edificabilità, destinazione
d’uso e dei prezzi medi rilevati sul mercato per aree con caratteristiche analoghe), con il valore
venale dei terreni edificabili in argomento”, in tal modo contraddicendo gli elementi di segno
diverso dedotti dalla contribuente, in quanto ritenuti non in grado di spiegare la rilevante
distanza tra il valore dichiarato e quello contrattuale, valutazione quest’ultima riservata al
giudice di merito, motivata, alla quale si contrappongono le soggettive valutazioni contenute
nella ctp, peraltro, riprodotta solo in parte nel ricorso per cassazione;
che la seconda censura è infondata e non merita accoglimento;
che la potestà regolamentare riconosciuta agli enti locali in materia di tributi propri consente di
introdurre, nel sistema normativo, elementi specifici mutuati dalla realtà dei territori, al fine di
meglio adattare la disciplina statale a quella locale, ed in tale prospettiva è stato riconosciuto
ai comuni, in materia di ICI, con l’art. 59, D.Lgs. n. 446 del 1997, di avvalesi della potestà
regolamentare in materia di gestione delle entrate tributarie, ad eccezione di ciò che attiene
alla determinazione della fattispecie imponibile, all’identificazione dei soggetti passivi ed alla
fissazione dell’aliquota massima;
che, dunque, il comune può regolamentare in modo autonomo le previsioni applicative dei
propri tributi dovendo esclusivamente operare nel rispetto dei limiti dettati dall’art. 52, comma
1, D.Lgs. n. 446 del 1997, ed in particolare del principio che sancisce il necessario rispetto
delle esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti;
che, in tale prospettiva, la fissazione, ai sensi dell’art. 59, comma 1, D.Lgs. n. 446 del 1997,
dei valori delle aree fabbricabili non può avere altro effetto che quello di una autolimitazione
del potere di accertamento ICI, atteso che il comune si obbliga a ritenere congruo il valore
delle aree fabbricabili laddove esso sia stato dichiarato dal contribuente in misura non inferiore
a quella stabilita nel regolamento comunale;
che ciò non di meno rimane ferma la regola, stabilita dall’art. 52, D.Lgs. n. 446 del 1997,
secondo la quale il valore delle aree fabbricabili è quello venale in comune commercio, ed
infatti il contribuente può dichiarare un valore inferiore a quello stabilito nel regolamento, il
comune può ritenerlo congruo, in quanto concretamente corrispondente al valore di mercato,

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compravendita stipulata dalla stessa società NEVADA “deve essere sicuramente preso a base

come può accertare un valore maggiore, ed in tal caso l’accertamento deve essere motivato
facendo riferimento ai valori di mercato;
che l’art. 8 del Regolamento per l’applicazione dell’Imposta Comunale sugli Immobili (I.C.I.)
del Comune di Fagnano Olona, in vigore dal 2007, dispone: «Per le aree fabbricabili, il
valore è costituito da quello venale in comune commercio al primo gennaio dell’anno di
imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla
destinazione d’uso consentita, agli oneri di eventuali lavori di adattamento del terreno
necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi

debbono essere derogati dall’Ufficio allorquando i valori così determinati risultino inferiori a
quelli indicati in atti pubblici o privati di cui l’ufficio tributi sia in possesso o a conoscenza. Il
provvedimento della Giunta quindi, non assume carattere di limite invalicabile del potere di
accertamento e di rettifica dell’Ufficio.»;
che l’interpretazione della suesposta disposizione proposta dalla difesa della contribuente è nel
senso che il Comune può procedere ad accertamento e rettifica soltanto nel caso in cui il
contribuente non abbia calcolato l’imposta sulla base di un valore almeno pari a quello minimo
delle aree fabbricabili considerate in seno alle delibera adottata dalla Giunta, organo comunale
competente;
che siffatta lettura non appare condivisibile dal momento che è lo stesso Regolamento
comunale a prevedere espressamente che, ai fini della determinazione della base imponibile, il
valore minimo delle aree edificabili integra un elemento presuntivo suscettibile di doverosa
riconsiderazione nel caso in cui il valore venale del bene così determinato risulti contraddetto
da quello – maggiore – indicato “in atti pubblici o privati di cui l’ufficio tributi sia in possesso o a
conoscenza”;
che la previsione regolamentare appare legittima, e non va disapplicata dal giudice tributario,
in quanto coerente con la ratio dell’art. 59, comma 1, lett. g), D.Lgs. n. 446 del 1997, atteso
che se è vero che la indicazione periodica dei valori delle aree edificabili per zone omogenee
con riferimento al valore venale in comune commercio, che delimita il potere di accertamento
del comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello così
predeterminato, integra una fonte presuntiva idonea a costituire un oggettivo indice di
valutazione per l’amministrazione ed il giudice tributario, «secondo criteri improntati al
perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza del contenzioso», è altrettanto
indiscutibile che il perseguimento della finalità deflattiva del contenzioso non è ostacolato dal
riferimento a valori di mercato agevolmente ed univocamente desumibili da “atti pubblici o
privati” di cui il Comune di Fagnano Olona abbia il possesso o la concreta conoscenza,
trattandosi di elementi sufficientemente specifici ed in grado di contraddire quelli di segno
diverso ricavati in via presuntiva dai rilevati valori delle aree circostanti aventi analoghe
caratteristiche;

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analoghe caratteristiche. La Giunta determina il valore minimo delle aree edificabili. Tali valori

che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in
dispositivo;

P.Q.M.

LA CORTE, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in Euro 4.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per
cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002,

per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato — Legge di stabilità 2013), dà
atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, 1’8 febbraio 2018.

n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni

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