Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4964 del 27/02/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4964 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DIDONE ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 15394-2011 proposto da:
MPS GESTIONE CREDITI BANCA SPA 01079950521 (Gruppo
Bancario Monte dei Paschi di Siena) non in proprio
ma in nome e per conto di BANCA MONTE DEI PASCHI DI
SIENA SPA – banca incorporante (fusione per
incorporazione) BANCA AGRICOLA MANTOVANA SPA in
persona del Responsabile dell’Ufficio Periferico di
Mantova della suddetta MPS Gestione Crediti banca

2013
918

SpA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FONTANELLA BORGHESE 72, presso lo studio
dell’avvocato ANDREA VOLTAGGIO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato AVESANI GIOVANNI,
giusta procura speciale in calce al ricorso;

Data pubblicazione: 27/02/2013

- ricorrente contro

FALLIMENTO ZAGO ANDREA ZGANDR68D04B107U socio
illimitatamente responsabile della fallita Zago
Pietro & C. Snc in persona del Curatore,

presso lo studio dell’avvocato FALCONI AMORELLI
ALESSANDRO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MUSIO GIORGIO, giusta procura speciale
a margine del controricorso;
– controri corrente –

avverso il decreto n. 24/2011 del TRIBUNALE di
VERONA del 22.2.2011, depositato 1’11/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera
di consiglio del 30/01/2013 dal Consigliere
Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
udito per la ricorrente l’Avvocato Antonio
Voltaggio (per delega avv. Paolo Voltaggio) che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. FEDERICO SORRENTINO che si riporta alla
relazione scritta.

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIGLIENA 2,

15394/2011

Ritenuto in fatto e in diritto

1.- Con decreto depositato in data 11.4.2011 il Tribunale di
Verona ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del

responsabile della s.n.c. Zago Pietro & C., proposta da MPS
Gestione
Crediti Banca s.p.a. (quale mandataria di Banca Monte dei
Paschi di Siena s.p.a., banca incorporante della Banca
Agricola Mantovana), la quale nella parte che ancora
interessa – lamentava l’esclusione del privilegio ipotecario
del credito di euro 188.279,39 ammesso in via chirografaria
su eccezione di un creditore il quale aveva evidenziato che
l’ipoteca era stata iscritta nei sei mesi dall’ammissione
della società fallita al concordato preventivo.
Il credito era portato da decreti ingiuntivi emessi nei
confronti di Zago Andrea, fideiussore della s.n.c. Zago
Pietro & C. (ammessa al concordato preventivo il 29.5.2008 e
successivamente dichiarata fallita il 12.10.2008) e della
Supermercati del Pino 2 s.r.1., e sui beni del socio – poi
dichiarato fallito con la società era stata iscritta (il
7.2.2008)

ipoteca giudiziale nel

all’ammissione

della

società

semestre antecedente

predetta

al

concordato

preventivo.

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Fallimento di Zago Andrea quale socio illimitatamente

15394/2011

Contro il decreto del tribunale la banca opponente ha
proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la curatela intimata.
2.- E’ stata depositata la relazione ai sensi dell’art. 380

Il relatore ha concluso per il rigetto del ricorso.
La relazione, con il decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio, è stata comunicata al P.M. e notificata
alle parti.
Nel termine di cui all’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. parte
ricorrente ha depositato memoria.
2.1.- Con il primo motivo parte ricorrente denuncia
violazione o falsa applicazione degli artt. 147 e 67, in
riferimento agli artt. 5 e 160 l. fall., per avere il
Tribunale di Verona, in applicazione del principio della
consecuzione delle procedure, fatto retroagire gli effetti
del fallimento al momento dell’ammissione della società
fallita alla procedura di concordato preventivo, con
conseguente revoca dell’ipoteca iscritta oltre i sei mesi
antecedenti il fallimento, ma nei sei mesi antecedenti
l’ammissione alla predetta procedura.
Deduce

che

l’entrata

in

vigore

della

riforma

ha

completamente mutato i presupposti della procedura di
concordato: lo stato di crisi in luogo dell’insolvenza.

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bis c.p.c.

L5394/2011

Talché non sarebbe più ammessa la retrodatazione degli
effetti del fallimento.
La consecuzione delle procedure sarebbe altresì esclusa in
forza della norma di cui all’art. 67, n. 3, lett. e) 1.

pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione del
concordato preventivo o di un accordo ex art. 182 bis 1.
fa 11.
Se fosse applicabile la consecuzione tale norma sarebbe
inutile perché si tratterebbe di atti posti in essere “già in
stato di insolvenza” (se questa retroagisse) e sarebbe
applicabile l’art. 44 l. fall.
2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt. 147 e 67, e
successive modificazioni, in relazione agli artt. art. 5 e
art. 160 1. fall, per avere il Tribunale di Verona revocato
l’ipoteca iscritta dal ricorrente sui beni di Zago Andrea,
senza aver accertato lo stato di insolvenza del debitore,
dichiarato fallito solo ed esclusivamente quale socio
illimitatamente responsabile della s.n.c.
Solo dalla dichiarazione di fallimento del socio potevano
decorrere i termini di cui all’art. 67 l. fall.
2.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt. 96 e 67 l. fall.,
anche in relazione all’art. 99 c.p.c. e all’art. 111 Cost.

fall., la quale dispone che non sono revocabili gli atti,

15394/2011

“per avere il giudice delegato revocato in via breve
l’ipoteca iscritta dalla ricorrente sui beni della società
fallita senza averne i poteri e in palese violazione del
principio del contraddittorio”.

fallimentare bensì da un “terzo creditore”, che l’azione
revocatoria è costitutiva e la parte che aveva il potere di
promuoverla non l’ha promossa.
3.- Tutti i motivi di ricorso appaiono manifestamente
infondati ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. in quanto il
giudice del merito ha correttamente applicato principi
enunciati da questa Corte e di recente ribaditi in
fattispecie analoga da Cass., Sez. 1, Sentenza n. 2335 del
17/02/2012, secondo la quale «anche dopo la riforma della
legge fallimentare, nel caso in cui, dopo l’ammissione di una
società di persone al concordato preventivo, segua la
dichiarazione di fallimento della medesima società e dei soci
illimitatamente responsabili, ai sensi dell’art. 147 legge
fall., il termine di cui all’art. 67 legge fall. per
l’esercizio dell’azione revocatoria dell’atto personale posto
in essere dal socio decorre dal decreto di ammissione della
società alla prima procedura concorsuale, e non dalla data
della sentenza di fallimento del socio, atteso che il
carattere meramente consequenziale e dipendente del
fallimento del socio rispetto a quello della società comporta

(i

Deduce che l’eccezione non è stata sollevata dal curatore

15394/2011

che, ai fini della dichiarazione di fallimento, abbia
rilevanza unicamente lo stato d’insolvenza della società,
indipendentemente dalla sussistenza o meno dello stato
d’insolvenza personale del socio, dovendosi escludere un

data di apertura della prima procedura i soggetti
potenzialmente sottoposti al fallimento in esito alla
stessa».
In particolare, alla luce della decisione ora richiamata
(Sentenza n. 2335/2012), appare evidente che:
3.1.- Il primo motivo è infondato perché questa Corte ha già
avuto modo di precisare che «nel caso in cui all’ammissione
da parte del tribunale della domanda di concordato
preventivo, proposta ai sensi dell’art. 160 legge fall. “ratione temporis” vigente, secondo il testo successivo alla
legge n. 80 del 2005 e al d.lgs. n. 5 del 2006 ed anteriore
al d.lgs. n. 169 del 2007 -, segua la dichiarazione di
fallimento ex art. 162, secondo comma, legge fall., per
effetto della mancata approvazione dei creditori ex artt.177178 legge fall., trova applicazione il principio della
consecutività delle due procedure concorsuali, costituendo la
sentenza di fallimento l’atto terminale del procedimento, non
assumendo rilievo l’abbandono – in sede normativa

dell’automatismo di tale dichiarazione, per la quale ora sono
necessari l’iniziativa di un creditore o del P.M., il

7

“vulnus” all’affidamento dei terzi, cui sono noti sin dalla

15394/2011

positivo accertamento dell’insolvenza e il comune elemento
oggettivo. Pertanto quando si verifichi “a posteriori” (nella
specie, con sentenza passata in giudicato) che lo stato di
crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al

l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va
retrodatata alla data della presentazione della predetta
domanda>> (Sez. 1, Sentenza n. 18437 del 06/08/2010).
In particolare, ha precisato la pronuncia richiamata che «le
due procedure debbono essere equiparate, avendo a base la
medesima situazione sostanziale, non potendosi dare decisivo
rilievo agli aspetti procedurali della iniziativa di un
creditore o del pubblico ministero ed al fatto che lo stato
di insolvenza deve essere effettivamente accertato, quando la
dichiarazione di fallimento si palesa come l’unico sbocco
necessario della crisi dell’impresa. L’art. 111, comma 2, 1.
fall. (introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006) dispone che sono
considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da
una specifica disposizione di legge e quelli sorti in
occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui
alla presente legge.
La norma, come si evince dal dato testuale, considera
prededucibili anche debiti sorti in occasione o in funzione
della procedura di concordato preventivo e si riferisce

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concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza,

15394/2011

chiaramente alla ipotesi in cui alla procedura di concordato
preventivo sia seguito il fallimento dell’imprenditore.
Con tale disposizione,

come giustamente affermato da

condivisibile dottrina, si è preso atto legislativamente

essendo tali procedure volte ad affrontare la medesima crisi
– ritenuta in un primo momento suscettibile di regolazione
attraverso un accordo con i creditori e successivamente
risultata tale da condurre alla liquidazione fallimentare di
valutare in maniera unitaria determinati aspetti della
disciplina fallimentare.
Ne deriva che, qualora, a seguito di una verifica a
posteriori venga accertato, con la dichiarazione di
fallimento dell’imprenditore, che lo stato di crisi in base
al quale ha chiesto la ammissione al concordato preventivo
era in realtà uno stato di insolvenza, la efficacia della
sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta a seguito
della declaratoria di inammissibilità della domanda di
concordato preventivo, deve essere retrodatata alla data di
presentazione di tale domanda, atteso che la ritenuta
definitività anche della insolvenza che è alla base della
procedura minore, come comprovata, ex post, dalla
sopravvenienza del fallimento, e, quindi, l’identità del
presupposto, porta ad escludere la possibilità di ammettere,
in tal caso, l’autonomia delle due procedure>>.

9

della continuità delle procedure consecutive, il che impone,

15394/2011

Alcun rilievo, infine, può essere attribuito alla norma
richiamata dalla ricorrente a proposito degli atti e
pagamenti non revocabili ai sensi dell’art. 67, comma 3,
lett. e) l. fall. perché essa – all’evidenza – si riferisce

concordato (o accordo di ristrutturazione), è diretta ad
agevolare le soluzioni concordate dell’insolvenza e
presuppone la previsione dell’atto nella proposta (nel
piano), come tale, implicitamente autorizzato con
l’ammissione laddove gli atti non autorizzati neppure ex art.
167 l. fall. sono inefficaci (Sez. l, n. 13759/2007) e
possono comportare la revoca dell’ammissione alla procedura
(art. 173, comma 3, l. fall.). Non appare congruente,
dunque, il richiamo all’art. 44 l. fall.
3.2.- Il secondo motivo è infondato alla luce del principio
giurisprudenziale per il quale nel caso in cui dopo
l’ammissione di una società di persone all’amministrazione
controllata (ora abrogata) o al concordato preventivo segua
la dichiarazione di fallimento della medesima società e dei
soci illimitatamente responsabili ai sensi dell’art. 147
legge Fall., anche per l’esercizio dell’azione revocatoria
dell’atto personale del socio illimitatamente responsabile il
termine di cui all’art. 67 legge. fall., decorre dal decreto
di ammissione della società alla prima procedura concorsuale
e non dalla data della sentenza di fallimento del socio,

lo

ad atti e pagamenti posti in essere in “esecuzione” di un

15394/2011

atteso che il carattere meramente consequenziale e dipendente
del fallimento del socio rispetto a quello della società
comporta che ai fini della dichiarazione di fallimento abbia
rilevanza unicamente lo stato d’insolvenza della società,

d’insolvenza personale del socio (Sez. 1, Sentenza n. 7157
del 01/08/1994; definito ius receptum da Sez. un., n. 8257
del 2002. Cfr. Cass. nn. 2983, 3614/79; 5025/91; 4240,
7157/94, 189/95; 4347/96).
Tale principio è indubbiamente applicabile anche alla luce
della disciplina risultante dalla riforma della legge
fallimentare. Né appare calzante il richiamo – contenuto nel
ricorso – alla recente pronuncia di questa Sezione (Sez. l,
Sentenza n. 7273/2010) emessa in fattispecie affatto diversa
da quella concreta, ché in quella vicenda trattavasi di
creditore personale del socio e, inoltre, il socio stesso era
stato erroneamente ammesso – unitamente alla società – alla
procedura di concordato preventivo.
Per converso, nella concreta fattispecie la banca ricorrente
ha chiesto l’ammissione al passivo del fallimento del socio
di un credito derivante dalla fideiussione prestata dal socio
stesso in favore della società.
Può essere ribadito, dunque, che «vi è nella fattispecie
della consecuzione di procedure quel referente normativo insussistente, invece, per la sentenza in estensione – che

11

indipendentemente dalla sussistenza o meno dello stato

15394/2011

consente,

in

via

eccezionale,

la

retrodatazione

dell’efficacia della sentenza di fallimento. Dovendosi, per
di più, escludere nella prima ipotesi – a differenza che
nella seconda – che sia arrecato alcun vulnus all’affidamento

cioè, dalla data stessa di apertura della prima procedura – i
soggetti potenzialmente soggetti al fallimento, in esito a
quella» (cfr. in motivazione, Sez. un., n. 8257 del 2002).
3.3.- Anche il terzo motivo è infondato perché da tempo
questa Corte ha ritenuto che al creditore che abbia proposto
impugnazione allo stato passivo è consentito esercitare tutte
le azioni volte ad escludere o postergare i crediti ammessi,
ivi compresa l’azione revocatoria, dovendosi egli considerare
portatore non solo del proprio interesse, ma anche di quello
degli altri creditori (Sez. l, n. 8827/1998; Sez. l, n.
1392/1979).
Se, dunque, il creditore, proponendo impugnazione, può
eccepire la revocabilità del titolo di prelazione del credito
ammesso a maggior ragione può contestarne l’ammissione
dinanzi al giudice delegato il quale non può non tenere conto
dell’eccezione stessa e deve decidere su di essa così come
disposto dall’art. 95, comma 3, l. fall., secondo cui il
giudice delegato decide sulle domande tenuto conto delle
eccezioni del curatore, di quelle rilevabili d’ufficio e di
quelle sollevate dagli altri interessati.

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dei terzi. Ai quali sono invero noti sin dall’inizio – e,

15394/2011

4.- Pertanto il ricorso deve essere rigettato.
La novità delle questioni trattate – rispetto all’epoca di
proposizione del ricorso – giustifica= la compensazione
delle spese processuali.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 gennaio
2013

P.Q.M.

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