Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4961 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/02/2017, (ud. 17/10/2016, dep.27/02/2017),  n. 4961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi iscritti al numero 1451 e 4758 del ruolo generale

dell’anno 2008 rispettivamente proposti da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

World Arrow Tours & Charters Inc., in persona del procuratore

spciale e rappresentante fiscale in (OMISSIS);

– intimata –

e da

World Arrow Tours & Charters Inc., in persona del procuratore

speciale e rappresentante fiscale in (OMISSIS) D.I.G.,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del

ricorso, dall’avv. Giampaolo Ruggiero, presso lo studio del quale in

Roma, alla via Tuscolana, n. 1348 elettivamente si domicilia;

– ricorrente in via incidentale –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sezione 34, depositata in data 2 ottobre 2007,

n. 360/34/07;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

17 ottobre 2016 dal Consigliere Dott. Angelina Maria Perrino;

uditi per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Alessia Urbani Neri e per

la contribuente l’avv. Giampaolo Ruggiero;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per

l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale,

assorbito quello incidentale.

Fatto

Il rappresentante fiscale in Italia della società World Arrow Tour & Charter chiese ed ottenne, previa prestazione delle prescritte fideiussioni, distinti rimborsi dell’iva che la società aveva versato, giacchè, aveva sostenuto, l’attività svolta in Italia si esauriva nell’autonoleggio e non consisteva in attività di tour operator, alla quale si applica il regime speciale stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter. Di contro, in esito ad un accertamento successivo, l’ufficio riprese a tassazione le somme oggetto dei rimborsi, sostenendo che l’attività svolta non fosse soltanto quella di autonoleggio, bensì quella di tour operator e che, per conseguenza, non sussistessero i presupposti dei rimborsi, condizionati alla detraibilità dell’imposta per i soggetti nazionali. Detraibilità, che il comma 3 del richiamato art. 74-ter esclude.

La società ha impugnato gli avvisi conseguenti e ne ha ottenuto l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale.

Quella regionale ha respinto l’appello dell’ufficio, reputando non esauriente il compendio probatorio offerto dall’Agenzia a sostegno dell’inquadramento dell’attività svolta come di tour operator, giacchè, per un verso, il sito web sul quale l’ufficio aveva puntato non ha valenza assoluta e, per altro verso, la procura relativa ai poteri conferiti al rappresentante della società in Italia non dimostra che tali poteri siano stati effettivamente esercitati.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso dapprima l’Agenzia, che lo ha affidato a sei motivi e poi la contribuente, che lo ha articolato in uno, cui la rispettiva controparte non ha replicato.

Fissata la pubblica udienza, questa sezione con ordinanza interlocutoria ha sottoposto al primo presidente l’opportunità di devolvere alla cognizione delle sezioni unite la causa, avendo rilevato contrasti relativi all’applicabilità al ricorso per cassazione avverso sentenze delle commissioni tributarie regionali della disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c., oppure di quella dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 2, nonchè concernenti il regime della notificazione eseguita presso il procuratore domiciliatario della controparte in primo grado, nel caso in cui questa sia rimasta contumace in appello, o allorchè abbia revocato il mandato a detto difensore e lo abbia sostituito con un nuovo difensore presso il quale abbia anche eletto domicilio.

Le sezioni unite, con sentenza n. 14916/16, hanno statuito che nella fattispecie la notificazione del ricorso principale è affetta da nullità per violazione dell’art. 330 c.p.c., ma che tale nullità è stata sanata dall’avvenuta costituzione della controparte; quindi, hanno rimesso gli atti a questa sezione, di modo che è stata quindi nuovamente fissata la pubblica udienza, in vista della quale entrambe le parti hanno depositato ulteriori memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

1.- I due ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c., in quanto sono relativi alla medesima sentenza.

2.- Con i primi due motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, l’Agenzia lamenta, in entrambi i casi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 38-ter, 19 e 74, nonchè dell’art. 26 della sesta direttiva iva, recepito dal D.Lgs. n. 313 del 1997, art. 9, là dove il giudice d’appello non ha applicato il regime speciale stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter – primo motivo,.

– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, dell’art. 38-ter del medesimo decreto, nonchè degli artt. 2033 e 2697 c.c., là dove la Commissione tributaria regionale ha affermato che grava sull’Agenzia l’onere di provare i presupposti del diritto al rimborso – secondo motivo.

L’ufficio sottolinea che il rimborso dell’iva assolta in Italia da soggetti residenti o domiciliati in Stati non appartenenti all’Unione europea è possibile purchè, per quanto rileva nell’odierno giudizio, esso si riferisca ad iva che risulti detraibile a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19. Il che comporta a suo dire l’inammissibilità dei rimborsi richiesti ed ottenuti dalla contribuente, avendo essi ad oggetto l’iva assolta, nella qualità di tour operator, da un’agenzia di viaggi statunitense in relazione a servizi turistici prestati in Italia, la quale, a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, comma 3, “non è ammessa in detrazione”.

2.1.- La disciplina del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, è stata incisa da una norma interpretativa sopravvenuta, contenuta nel D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 55, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, secondo cui “alla luce di quanto disposto dall’articolo 310 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 74-ter, comma 3, si interpreta nel senso che l’imposta assolta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, di cui al comma 2 dello stesso articolo, effettuate da terzi nei confronti delle agenzie di viaggio stabilite fuori dall’Unione europea a diretto vantaggio dei viaggiatori non è rimborsabile. Fermo restando quanto previsto in materia di risorse proprie del bilancio dell’Unione europea, sono comunque fatti salvi i rimborsi che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati eventualmente effettuati; altresì non si dà luogo alla restituzione delle somme che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, risultino già rimborsate e successivamente recuperate dagli uffici dell’amministrazione finanziaria”.

Con le memorie depositate entrambe le parti fanno leva, in senso speculare, sul diritto sopravvenuto; in particolare, nella prospettazione della società esso, in ragione della disciplina transitoria che prevede, spoglierebbe d’interesse ad agire la censura proposta dall’Agenzia, come compendiata nel primo e nel secondo motivo del ricorso principale.

Ciò in quanto il legislatore ha comunque fatto salvi “…i rimborsi che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati eventualmente effettuati”.

2.2.- Effettivamente la disciplina transitoria allestita dal legislatore assume come discrimine tra la possibilità, per le agenzie di viaggio, di trattenere, o no, le somme già loro restituite a titolo di iva assolta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi eseguite da terzi a diretto vantaggio dei viaggiatori la circostanza che l’amministrazione finanziaria abbia proceduto, o no, a recuperarle alla data di entrata in vigore del decreto.

In virtù di tale norma, dunque, anche qualora risulti applicabile nel caso in esame il regime speciale stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, i rimborsi in questione, già eseguiti e non recuperati alla data di entrata in vigore del D.L. n. 69 del 2013, dovrebbero restar fermi.

2.3.- Una tale disciplina, tuttavia, entra senz’altro in frizione con i principi dell’ordinamento comunitario, oltre che in probabile attrito con i parametri costituzionali.

Quanto al primo aspetto, conviene sottolineare che la Corte di giustizia ha ripetutamente chiarito (tra l’altro, con le sentenze in causa C-546/14, Degano Trasporti s.a.s., punto 21; in causa C-500/10, Belvedere Costruzioni; in causa C-144/14, punto 22; in causa C-132/06, Commissione c. Italia, punto 39; in causa C-539/09, Commissione c. Germania, punto 74) che, nell’ambito del sistema comune dell’iva, la libertà degli Stati membri di utilizzare i mezzi a loro disposizione per garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi è limitata dall’obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione e da quello di non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti, e questo sia all’interno di uno degli Stati membri che nell’insieme di tutti loro.

2.4.- Qualora risulti applicabile al caso in esame la disciplina del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, i rimborsi eseguiti sarebbero in contrasto con l’art. 310 della direttiva 2006/112/CE, che ripropone sul punto la regola già stabilita dall’art. 26, n. 4 della sesta direttiva ed in base al quale “gli importi dell’IVA imputati all’agenzia di viaggio da altri soggetti passivi per le operazioni di cui all’art. 307 effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore non sono nè detraibili nè rimborsabili in alcuno Stato membro”.

Ancorare la “salvezza” dei rimborsi alla circostanza meramente casuale che, entro la data di entrata in vigore del D.L. n. 69 del 2013, l’amministrazione finanziaria abbia, o no, recuperato le somme indebitamente rimborsate comporterebbe la rinuncia ingiustificata alla riscossione dell’iva, che concorre ad alimentare le risorse proprie dell’Unione, oggetto dei rimborsi indebiti non recuperati e determinerebbe perdipiù una discriminazione tra i contribuenti calibrata sul dato fortuito dell’avvenuto recupero.

2.5.- In questa cornice, irrilevante si manifesta l’inciso della norma in esame, secondo cui va tenuto fermo “…quanto previsto in materia di risorse proprie del bilancio dell’Unione europea…”.

Anzitutto, l’inciso non concorre a definire il contenuto precettivo della disposizione, che si riferisce, senza altre distinzioni, ai “rimborsi eventualmente effettuati”, utilizzando, anzi, là dove ne stabilisce la salvezza, un avverbio (“comunque”), che, nella sua accezione concessivo-generalizzante, non consente d’intravedere limiti alla salvezza.

Inoltre, quand’anche l’inciso intenda evocare una salvezza soltanto parziale dei rimborsi, la norma sarebbe comunque in frizione con i principi comunitari.

Ancora con riferimento alla normativa italiana e giustappunto con riguardo a rimborsi parziali, difatti, la Corte di giustizia (con sentenza 15 luglio 2015, causa C-82/14, Agenzia entrate c. Soc. Nuova Invincibile) ha stabilito che gli art. 2 e 22 sesta direttiva 77/388/Cee del Consiglio, del 17 maggio 1977 devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale, come la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato (finanziaria 2003), la quale prevede, in seguito al terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, a beneficio delle persone colpite da quest’ultimo, una riduzione del 90% dell’iva normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, riconoscendo in particolare il diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte a titolo di iva, in quanto la suddetta disposizione non soddisfa i requisiti del principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’iva dovuta nel territorio italiano.

Con l’occasione, la Corte ha nuovamente ribadito che la disposizione esaminata, la quale consente ad alcuni soggetti “di conservare…la maggior parte dell’importo dell’IVA percepita sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi, mentre altri soggetti passivi sul territorio italiano devono versare per intero l’importo dell’IVA normalmente dovuta all’amministrazione finanziaria, sulla base di tali operazioni”, viola il principio di parità di trattamento; inoltre, “esattamente come nella causa che ha dato origine alla sentenza Commissione/Italia (C-132/06, EU:C:2008:412), le autorità italiane, per effetto delle modalità stabilite dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 10, si precludono definitivamente la possibilità di accertare le situazioni imponibili e, pertanto, non assicurano un’integrale riscossione dell’IVA dovuta nel territorio italiano”.

E la questione è stata considerata di tale chiarezza, che la Corte ha statuito con ordinanza, anzichè con sentenza.

2.6.- Nel caso in esame, in conseguenza, in cui risalta la chiarezza della norma comunitaria, cui quella nazionale ha inteso dare attuazione, non v’è ragione, come adombrato dall’Avvocatura generale, di sollevare nuovamente questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia, giacchè la norma andrebbe senz’altro disapplicata in riferimento alla fattispecie in esame, qualora si reputasse ad essa applicabile il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter.

2.7.- Quest’opzione si presenta, inoltre, come l’unica costituzionalmente conforme.

Si consideri che, in relazione ad un’ipotesi speculare, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo la L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 39, nella parte in cui dispone che “non si fa luogo a rimborso di imposte già pagate”, la Consulta ha considerato che la limitazione degli effetti economico-finanziari di circa la norma retroattiva, nel senso di escludere la ripetibilità delle imposte già (indebitamente) pagate, si pone in contrasto con l’art. 3 Cost., anche perchè finisce per riservare un trattamento deteriore a chi abbia erroneamente corrisposto un’imposta non dovuta rispetto a chi, pur trovandosi nella medesima situazione, non abbia invece effettuato alcun pagamento (Corte Cost. 320/05; analogo principio si legge, tra le altre, anche in Corte Cost. 416/00).

2.8.- Ne consegue la permanenza dell’interesse ad agire dell’Agenzia anche dopo il sopravvenire del D.L. n. 69 del 2013, art. 55, come convertito.

3.- Ciò posto, la complessiva censura proposta e compendiata nei due motivi in esame va accolta.

E’ granitico orientamento di questa Corte che il contribuente il quale pretenda un rimborso riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda (tra varie, Cass. 21197/14 e 15026/14); il principio è stato ribadito anche in relazione al rimborso del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 38-ter (ord. 12633/12).

3.1.- Tale principio va confermato anche nella fattispecie in esame, in cui non si discute di diniego opposto ad un’istanza di rimborso, bensì di recupero di somme indebitamente rimborsate.

La situazione controversa è pur sempre il diritto al rimborso, che l’Agenzia, con gli avvisi di accertamento volti al recupero delle somme che ne sono state oggetto, nega; di modo che è pur sempre il preteso titolare del diritto al rimborso, ossia il preteso creditore, a dover provare il fondamento della propria pretesa, che, nella fattispecie, è quella di trattenere le somme rimborsategli, giustappunto in ragione della legittimità degli avvenuti rimborsi.

3.2.- In particolare, il fatto costitutivo da provare consiste nello svolgimento della sola attività di autonoleggio, e non già di quella di tour operator in favore di terzi.

Questa Corte ha difatti già avuto occasione di chiarire (Cass. 4776/16) che il regime speciale stabilito per le agenzie di viaggio dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, non trova applicazione qualora l’agenzia agisca esclusivamente in qualità di intermediario, e non in nome proprio, tra il viaggiatore ed il terzo fornitore di servizi, oppure fornisca singoli servizi turistici, svincolati dall’organizzazione del viaggio, in ragione dell’obiettivo perseguito da tale disposizione, che è quello di evitare le difficoltà derivanti agli operatori economici dall’osservanza dei regime generale. Disciplina, questa, ha rimarcato la Corte, conforme alla giurisprudenza comunitaria (per la quale si veda, da ultimo, Corte giust. in causa C-300/12, Finanzamt Dusseldorf-Mitte c. Ibero Tours GmbH).

3.3.- La sentenza impugnata non risponde al criterio di riparto degli oneri della prova dinanzi indicato, in quanto, pur rimarcando l’ambiguità del compendio probatorio raggiunto, ha risolto la controversia applicando una regola di giudizio che ha invertito il canone di distribuzione degli oneri probatori.

5.-L’accoglimento della censura comporta l’assorbimento dei restanti motivi, concernenti la rilevanza degli elementi presuntivi addotti dall’ufficio (terzo motivo), le carenze della motivazione sull’apprezzamento degli elementi probatori forniti (quarto e quinto motivo), nonchè la rilevanza di altra decisione di primo grado concernente altre annualità (sesto motivo), nonchè delle eccezioni d’inammissibilità in relazione ad essi proposte dalla controricorrente.

6.- Ne risulta assorbito anche il ricorso incidentale, che verte sulla regolazione delle spese.

7.-La sentenza impugnata va in conseguenza cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

PQM

la Corte:

dispone la riunione dei ricorsi; accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti motivi, nonchè il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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