Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4961 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. II, 25/02/2020, (ud. 13/06/2019, dep. 25/02/2020), n.4961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9468-2017 proposto da:

C.L., in proprio e n. q. di amm. Del. E l.p. della

PICENMAMBIENTE S.P.A. elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARLO

FELICE, 63, presso lo studio dell’avvocato BARBARA SERMARINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO VOLPI;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI ASCOLI PICENO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1258/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 28/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato VOLPI Paolo, difensore del ricorrente che si riporta

agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza n. 529 del 2 luglio 2008, accoglieva il ricorso proposto da C.L. e dalla Picenambiente S.p.A. avverso le ordinanze-ingiunzione emesse dalla Provincia di Ascoli Piceno con le quali era stato ingiunto loro il pagamento della somma complessiva di Euro 2.580,00, a titolo di sanzioni amministrative per la violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15 sanzionata dall’art. 52, comma 4 cit. D.Lgs., integrata dalla irregolare compilazione dei formulari di trasporto di rifiuti solidi urbani.

Avverso l’anzidetta sentenza proponeva appello la Provincia di Ascoli Piceno, chiedendo alla Corte adita di respingere l’opposizione formulata avverso le ordinanze – ingiunzioni opposte.

Si costituiva in giudizio C.L., in proprio e quale legale rappresentante della Picenambiente S.p.A., contestando la fondatezza del gravame e chiedendone il rigetto, con conferma dell’appellata sentenza.

La Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 1258 del 2016, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigettava l’opposizione proposta da C.L. e dalla Picenambiente spa. Compensava tra le parti le spese del giudizio. Secondo la Corte di Ancona, l’esenzione dall’obbligo di tenuta dei formulari è riferita al trasporto dei rifiuti in un Comune diverso da quello al quale si riferisce la gestione del servizio pubblico, purchè ricorra una continuità del trasporto. Epperò, il caso in esame non rientra in questa ipotesi perchè, come ha dichiarato L.R. “(….) confermo che i mezzi che trasportano i rifiuti presso il centro di via (OMISSIS) sono diversi e più piccoli di quelli utilizzati per il successivo trasporto di (OMISSIS), evincendosi dalla stessa che i rifiuti venivano dapprima trasferiti al centro di via (OMISSIS) e, poi, con mezzi diversi presso l’impianto, sito in località (OMISSIS) (…)”.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C.L. in proprio e nella qualità di rappresentante della Picenambiente spa., con ricorso affidato a due motivi, ampiamente articolati e illustrati con memoria. La Provincia di Ascoli Piceno, in questa sede, non ha svolto alcuna attività.

In data 3 maggio 2017, l’avv. Volpi ha depositato atto di rettifica di errore materiale relativo al ricorso per cassazione, per aver erroneamente indicato come impugnata la sentenza n. 1218 del 2016 e non, invece, n. 1258 del 2016. Tale atto di rettifica è stato notificato alla Provincia di Ascoli Piceno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via preliminare, va dichiarata ammissibile la correzione operata con atto di rettifica di errore materiale dall’avv. Volpi perchè il ricorso in ogni sua parte, riporta i dati della sentenza depositata recante il numero corretto (n. 1258 del 2016). Come afferma la dottrina civilistica, che si condivide: non sarebbe figlia di un “giusto” processo la declaratoria d’inammissibilità che pretendesse di sanzionare, attraverso il sacrificio dell’interesse ad agire in giudizio, un mero errore materiale, agevolmente individuabile e superabile, attraverso il riferimento ad altri elementi acquisiti al giudizio, in quanto tali facilmente accessibili alla conoscenza del giudice.

2.= Con il primo motivo di ricorso, C.L., in proprio e quale rappresentante della società Picenambiente spa, lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 4 e successive modifiche (art. 360 c.p.c., n. 3). I ricorrenti sostengono che la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che nel caso di trasporto di rifiuti urbani in un Comune diverso da quello al quale si riferisce la gestione del servizio pubblico, l’esenzione dall’obbligo di tenuta dei formulari si riferisce solo ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico, se ricorre una continuità di trasporto, perchè il significato letterale del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 4 non può essere in alcun modo equivocato, laddove afferma che “le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani, effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, nè ai trasporti di rifiuti che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno, effettuati dal produttore dei rifiuti stessi (…)”. Nel caso in esame, secondo la Corte distrettuale non era applicabile l’esonero di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 4 perchè la società Picenambiente non effettuava il conferimento dei rifiuti nell’impianto di smaltimento, sito nel Comune di (OMISSIS), direttamente, con lo stesso mezzo con il quale aveva effettuato la raccolta, ma, prelevava i rifiuti urbani in diversi Comuni, li trasportava nel proprio centro di trasferenza, sito nel Comune di (OMISSIS) e da qui li trasbordava con altri mezzi più capienti al luogo di destinazione (in (OMISSIS)).

2.1. = Il motivo non ha ragion d’essere perchè il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 4, (applicabile ratione temporis, posto che la normativa di cui a tale decreto è stata successivamente modificata, integrata e specificata con il D.Lgs. n. 15 del 2006), è stato interpretato correttamente dalla Corte distrettuale. Fermo restando che interpretare un testo vuol dire decidere che cosa si ritiene che il testo possa effettivamente significare ovvero ricostruire il contenuto della norma oggetto di interpretazione. E, a tal fine, è necessario (in particolare, nel caso di interpretazione di una norma giuridica) tener conto del dato letterale (delle espressioni in cui si articola il dato normativo) e insieme degli interessi e valori che la norma intende tutelare: interpretazione letterale ed interpretazione logica. L’interpretazione letterale appare fortemente legata al dato testuale: ad essa si riferiscono le Disposizioni preliminari al codice civile quando dispongono che la legge va interpretata in base al significato proprio delle parole secondo la loro connessione. Tuttavia, l’interpretazione letterale rappresenta solo un primo momento dell’attività interpretativa, che va verificato in base alla c.d. intenzione del legislatore (come recitano le Disposizioni preliminari), cioè, in base alle ragioni che giustificano l’esistenza della norma. Al riguardo si parla di interpretazione logica, che può essere condotta secondo vari criteri, tra cui, in particolare, quello teleologico e quello sistematico. Secondo il primo, ad una norma si deve attribuire non tanto il significato che traspare dalle parole del legislatore, quanto quello che corrisponde al fine proprio della disciplina di cui la norma fa parte (in considerazione, anche, delle esigenze emerse nella realtà economico – sociale regolata). L’interpretazione sistematica parte invece dal presupposto che la norma giuridica, appartenendo ad un sistema unitario, vada colta nelle sue connessioni con le altre norme; soprattutto, essa dovrà armonizzarsi con i principi generali che assicurano l’intima coerenza dell’ordinamento complessivamente considerato. Se, attraverso l’impiego degli argomenti considerati, si approda ad un significato identico a quello che, a prima vista, sembrava appartenere alla norma, l’interpretazione viene detta dichiarativa; diversamente, si parlerà di interpretazione restrittiva od estensiva.

2.2.= Ora, nel caso in esame, il significato letterale del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 4 è, per così dire, immediato, e sicuro proprio perchè stabilisce con chiarezza che “(….) Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico nè ai trasporti di rifiuti che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore dei rifiuti stessi (…). Tuttavia, la norma in esame non chiarisce, immediatamente, l’ambito di applicazione e, cioè, se quell’esonero è relazionato alla sola qualità soggettiva o, invece, al tipo di attività che viene svolta. E, tale ulteriore precisazione va ricercata effettuando un’interpretazione complessiva dell’intero decreto normativo, dal quale risulta che il testo normativo disciplina l’attività di raccolta dei rifiuti solidi urbani, svolta nel territorio del comune o dei comuni per i quali il servizio medesimo è gestito, e si completa, senza soluzione di continuità, con la consegna dei rifiuti raccolti ad un centro di recupero o smaltimento. In modo significativo, per altro, l’art. 23 del decreto in esame circoscrive l’ambito territoriale di operatività del soggetto gestore al comune per il quale il servizio è gestito. Pertanto, appare chiaro che il trasporto di rifiuti urbani che non deve essere accompagnato dal formulario di identificazione ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 4, è quello effettuato dal gestore del servizio pubblico nel territorio del comune o dei comuni per i quali il servizio medesimo è gestito e completato mediante la consegna dei rifiuti ad un centro di recupero o di smaltimento, indicato nell’atto di affidamento del servizio. Tanto è vero che la norma si riferisce alla raccolta dei rifiuti solidi urbani e non invece al trattamento e/o alla manipolazione dei rifiuti lasciando chiaramente intendere che la raccolta per se stessa sta ad indicare il prelievo del rifiuto urbano e il suo trasporto immediato ad una discarica. Fuori di questa dimensione non si avrebbe raccolta ma al contrario un trattamento dei rifiuti.

2.3.= Normalmente, secondo l’impianto del decreto in esame lo smaltimento e/o la consegna ad un centro di recupero o di smaltimento dei rifiuti raccolti dovrebbe trovarsi all’interno del territorio dei Comuni a cui vantaggio il servizio viene svolto. Tuttavia, lo stesso decreto non esclude che quel centro possa trovarsi anche fuori del territorio ove viene effettuata la raccolta. anche in questa ipotesi l’atto di affidamento dovrà contenere l’indicazione di tale sede di smaltimento (ed a tal fine si ritiene che il concessionario del servizio di raccolta di rifiuti urbani e/o di frazioni differenziate di rifiuti urbani debba dotare ogni veicolo adibito al trasporto di una copia dell’atto di affidamento della gestione dal quale risulti, appunto, l’impianto cui sono destinati i rifiuti). Ciò posto è ragionevole ritener che l’esonero ricopre l’intera attività di raccolta dei rifiuti fino alla consegna degli stessi al centro di smaltimento o di recupero così come viene indicato nell’atto di affidamento.

Con la specificazione (come pure ha chiarito la circolare del Ministero dell’Ambiente e dell’Industria del 4 agosto 1998) che ove l’impianto cui sono destinati i rifiuti raccolti si dovesse trovare collocato in un Comune diverso rispetto al Comune o ai Comuni ove viene effettuata la raccolta dei rifiuti, l’esonero dall’obbligo del formulario di identificazione dovrà ritenersi esteso a tutta l’intera percorrenza. E’, dunque, solamente la “prima raccolta” dei Rifiuti Urbani ad essere esentata dalla compilazione del Formulario di identificazione dei rifiuti e non la loro successiva gestione.

2.3.= In definitiva, l’interpretazione della normativa richiamata porta ad affermare che in via di principio il trasporto di rifiuti urbani che non deve essere accompagnato dal formulario di identificazione ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 15, comma 4, è quello effettuato dal gestore del servizio pubblico nel territorio del comune o dei comuni per i quali il servizio medesimo è gestito. L’esonero dall’obbligo del formulario di identificazione è, tuttavia, applicabile anche nel caso in cui il trasporto dei rifiuti urbani venga effettuato al di fuori del territorio del comune o dei comuni per i quali è effettuato il predetto servizio qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni: 1) i rifiuti siano conferiti ad impianti di recupero o di smaltimento indicati nell’atto di affidamento del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani; 2) il conferimento di tali rifiuti ai predetti impianti sia effettuato direttamente dallo stesso mezzo che ha effettuato la raccolta, cioè a dire la consegna sia una immediata conseguenza della raccolta senza soluzione di continuità. Laddove i soggetti di cui trattasi utilizzino (tra la fase di raccolta e quella di trasporto) un centro di stoccaggio, oppure, anche in seguito a travaso di rifiuti da automezzo ad automezzo, trasportino (con il diverso mezzo utilizzato per il servizio pubblico) i rifiuti in impianti finali ubicati fuori Comune, riemerge l’obbligo del formulario. Tale interpretazione è confermata, adesso, dal successivo D.Lgs. n. 152 del 2006, che ha definitivamente formalizzato l’interpretazione che qui si è indicata.

2.4. = La Corte distrettuale ha rispettato l’interpretazione appena formulata sicchè la sentenza non merita la censura che le è stata rivolta e va, invece, confermata.

3.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto della circostanza che il centro di trasferimento si pone all’interno del ciclo di raccolta dei rifiuti solidi urbani e, conseguentemente, avrebbe omesso di qualificare l’attività del Centro di Trasferenza come “raccolta” o come “stoccaggio”, perchè, solo nel secondo caso, l’esenzione dall’obbligo di cui si dice potrebbe ritenersi esclusa.

3.1.= Il motivo, ove non si volesse ritenere assorbito dal primo motivo, è infondato, perchè non coglie la ratio decidendi. Infatti posto che, come già si è detto, ad essere esentata dalla compilazione del Formulario di identificazione dei rifiuti è, solamente la “prima raccolta” dei Rifiuti Urbani e non la loro successiva gestione, diventa irrilevante accertare quale sia l’attività compiuta nel centro di trasferenza, sia essa di stoccaggio o di travaso di rifiuti da automezzo ad automezzo perchè, comunque, non può considerarsi una nuova raccolta, essendo preceduta da un deposito di rifiuti originati da una precedente raccolta.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non sussistono i presupposti per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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