Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4960 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. II, 25/02/2020, (ud. 26/03/2019, dep. 25/02/2020), n.4960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7180-2015 proposto da:

C.S., C.M.G., S.M.L.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GREGORIO VII 350, presso lo

studio dell’avvocato ALFREDO CIRILLO, rappresentati e difesi

dall’avvocato RICCARDO GIUFFRIDA;

– ricorrenti –

R.G., SA.AN., rappresentati e difesi dall’avvocato

NATALINA ARENA;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 355/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 11/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/03/2019 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con citazione notificata il 16 marzo 2005 S.C., C.A.M., C.M.G. e C.S. hanno convenuto innanzi al tribunale di Catania R.G. e Sa.An., chiedendo: – accertarsi che i convenuti, comproprietari di un suolo confinante con quello in comproprietà degli attori in Misterbianco, nel realizzare una costruzione avevano incorporato parte del loro terreno a dopo aver abbattuto un preesistente fabbricato rurale e un muro a secco di confine; – dichiararsi l’accessione della proprietà del fabbricato in loro favore ex art. 934 c.c.; – in subordine condannarsi i convenuti alla rimozione e ai danni ex art. 936 c.c.; in ulteriore subordine condannarsi i convenuti al pagamento del doppio del valore della superficie occupata, sempre oltre i danni.

2. Sulla resistenza dei convenuti, che hanno affermato di avere costruito sul confine, e previa riconvenzionale di attribuzione della proprietà dell’edificio e del suolo occupato in buona fede, in una situazione di confini incerti, espletate due consulenze tecniche d’ufficio e ottenuta integrazione peritale, con sentenza non definitiva depositata il 2/10/2006 la sezione stralcio del tribunale di Catania ha rigettato la domanda attrice – qualificata come azione di rivendicazione – e, ammessa prova per testi, ha rinviato alla sentenza definitiva la statuizione sulla riconvenzionale, qualificata come azione di regolamento di confini.

Con sentenza definitiva depositata il 21/3/2008 il tribunale di Catania dichiara non doversi provvedere sulla domanda riconvenzionale, compensando le spese.

3. Avverso le dette sentenze, non definitiva e definitiva, hanno proposto appello gli originari attori (lamentando erronea qualificazione della domanda come rivendicazione, trattandosi di fondi attigui senza contestazioni sui titoli, omissioni di pronuncia e mancata considerazione della documentazione comunque dimostrativa della proprietà, in particolare non essendo in atti solo la doppia nota di trascrizione per successione del 26/11/1921 ma anche l’atto di vendita del 19/10/1949), con appello incidentale subordinato degli originari convenuti (tendente tra l’altro a ribadire l’istanza di accessione invertita). Con sentenza depositata l’11/3/2014 la corte d’appello di Catania, acclarate la tempestività dell’appello e l’integrità del contraddittorio pur non essendo più parte S.C. (per essere ella deceduta e le altre parti suoi eredi), ha rigettato l’appello principale, ritenendo “ribadirsi” la decisione della sezione stralcio del tribunale circa “l’insufficienza del materiale probatorio acquisito a dimostrare il diritto di proprietà degli attori con riguardo agli immobili in questione”, “costituendo le mappe catastali un sistema secondario e sussidiario”, essendo “la base primaria… (la) valutazione dei titoli di acquisto della proprietà fino a risalire a un acquisto a titolo originario” (p. 9 della sentenza d’appello). E’ stato quindi dichiarato assorbito l’appello incidentale subordinato in ordine all’accessione invertita, dichiarandosi inammissibile lo stesso nella parte tendente a ottenere diversa motivazione della decisione e nella parte relativa alla compensazione delle spese in primo grado.

4. Avverso la sentenza della corte d’appello hanno proposto ricorso per cassazione C.M.G., C.S. e S.M.L., quest’ultima quale erede di C.A.M.) articolato su tre motivi. Hanno resistito i signori R.- Sa. con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato finalizzato a far emergere, per il caso di accoglimento del ricorso principale, le eccezioni e le riconvenzionali proposte fin dal primo grado (p. 61 – ma in effetti p. 6 – del controricorso). Il 19/3/2019 – e quindi fuori dal termine previsto in relazione all’adunanza camerale del 26/3/2019 – nell’interesse dei signori R.- Sa. è stata depositata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un primo motivo di ricorso si denuncia, nell’ambito di un coacervo di doglianze elencate in rubrica (p. 13 del ricorso), tra l’altro, “omesso esame di un documento rilevante”, costituito dall’atto pubblico del 19/10/1949 prodotto nel giudizio di primo grado all’udienza del 7/5/2002, con cui i danti causa dei ricorrenti acquistavano un fondo includente certamente la particella (OMISSIS) (parzialmente occupata dalle opere degli originari convenuti) e, secondo i ricorrenti, anche parte della (OMISSIS) (parimenti occupata), non indicata nell’atto.

2. Con il secondo motivo si denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria pronuncia… su un fatto controverso e decisivo”, indicato nell’atto pubblico predetto, attestante l’acquisto quantomeno della particella (OMISSIS).

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 1363 c.c. e “omessa, insufficiente e contraddittoria pronuncia… su un fatto controverso e decisivo”, indicato nelle conclusioni del secondo c.t.u. officiato in ordine alla proprietà della particella (OMISSIS), neglette senza alcuna motivazione. Facendo riferimento alle questioni sollevate con i motivi precedenti, si denuncia che comunque i giudici avrebbero dovuto ritenere accertata la proprietà quantomeno della particella (OMISSIS) ed emettere le condanne consequenziali.

4. I motivi sono strettamente connessi e vanno dunque esaminati congiuntamente. Essi sono fondati.

4.1. Essi – formulati in maniera assai imperfetta – tendono a sottoporre a questa corte la mancata considerazione di fatti storici, costituiti dalle risultanze di un atto pubblico ritualmente prodotto (primo e secondo motivo) e dalle risultanze di una c.t.u. (terzo motivo); i fatti sono esplicitamente indicati come decisivi, in quanto il loro sussistere priverebbe di validità la conclusione adottata dai giudici del merito, secondo cui non vi sarebbe un atto traslativo da cui far decorrere un acquisto a titolo originario (essendosi ritenuto documentato soltanto un atto dichiarativo, relativo a successione) e secondo cui, comunque, tale situazione concernerebbe tutte le particelle coinvolte (dovendosi invece, ove esaminati i fatti storici), ritenere quantomeno la dimostrazione della proprietà di una di esse.

4.2. Di fronte a tale sostanziale contenuto dei motivi, al di là della loro veste formale, compete a questa corte qualificarli attribuendo ad essi la loro natura propria. In particolare, avendo fatto la parte inequivoco riferimento anche alla censura per vizio di motivazione, seppure sotto la formula dell’omessa o insufficiente motivazione, tenuto conto che tale diverso vizio nel presente procedimento può essere declinato ratione temporis – essendo stata la sentenza d’appello depositata l’11/3/2014 – esclusivamente secondo il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 successivo alla modifica di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, che ha limitato il controllo di legittimità sulla motivazione al minimo costituzionale dell'”omesso esame” di fatti storici, la censura va riqualificata entro tale nuovo parametro. Sussistono i relativi presupposti sostanziali e formali, dolendosi la parte del fatto che l’esame dei fatti oggetto di doglianza da parte del giudice di merito sia affetto da una totale pretermissione (cfr. Cass. sez. U., 07/04/2014 n. 8053; Cass. n. 08/10/2014 n. 21257 e 06/07/2015n. 13928). Restano assorbiti, in tale riqualificazione, i profili per i quali la parte ricorrente ha dedotto violazione di legge.

4.3. Risultando dunque integrati gli elementi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per la proposizione di censura di omesso esame, posto che – essendo stata la sentenza impugnata depositata dopo l’11.9.2012 – entro tale più restrittivo parametro devono essere ricondotte le censure di vizio di motivazione articolate dai ricorrenti, deve poi darsi continuità all’indirizzo giurisprudenziale (v. Cass. n. 12884 del 22/06/2016; n. 28217 del 27/11/2017; n. 1748 del 24/1/2018) secondo cui il sindacato di omesso esame di un fatto controverso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 si estende ai profili relativi al governo del diritto alla prova circa i fatti storici, per cui esso ricorre (come ha chiarito Cass. n. 12884 del 22/06/2016 cit.) quando – proprio come nel caso di specie – da un lato venga addossato a una parte un onere probatorio e d’altro lato venga preclusa alla parte stessa la possibilità di assolvervi sulla base di un omesso esame di elementi. Invero, va data continuità all’orientamento di questa corte (v. Cass. n. 9952 del 20/04/2017) secondo il quale il provvedimento giurisdizionale che, da un lato, non esamini le prove indicate dalla parte e, dall’altro, rigetti la domanda ritenendola indimostrata viola il minimo costituzionale richiesto per la motivazione.

4.4. Quanto innanzi si estende al mancato esame delle risultanze di una c.t.u.: esso integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Tale vizio ricorre anche nel caso in cui nel corso del giudizio di merito siano state espletate più consulenze tecniche, in tempi diversi e con difformi soluzioni prospettate, ed il giudice si sia uniformato alla seconda consulenza senza valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza, limitandosi ad un’acritica adesione ad essa, ovvero si sia discostato da entrambe le soluzioni senza dare adeguata giustificazione del suo convincimento mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti (cfr. Cass. n. 13770 del 31/05/2018, n. 13399 del 29/05/2018 e n. 13922 del 07/07/2016).

4.5. Nell’applicare tali principi, va detto che, dall’esame degli atti come trascritti in ricorso, emerge che effettivamente l’esame o dell’atto pubblico del 19/10/1949, prodotto nel giudizio di primo grado all’udienza del 7/5/2002, o delle conclusioni delle consulenze tecniche d’ufficio (in particolare della seconda) avrebbe potuto condurre la lite – per come qualificata dai giudici di merito – a diverso esito, ciò cui consegue l’accoglimento del ricorso.

5. La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio al giudice(che si designa come in dispositivo, il quale procederà a rinnovato esame delle questioni indicate.

5.1. In relazione alla riproposizione da parte dei controricorrenti di eccezioni e domande riconvenzionali (e ciò anche mediante ricorso incidentale condizionato, su cui non deve pronunciarsi alla luce di quanto segue circa i poteri del giudice del rinvio), conviene richiamare la natura del giudizio di rinvio, regolato dall’art. 394 c.p.c. (da leggersi unitamente agli artt. 360 e soprattutto artt. 382 e 383 c.p.c.), “aperto” quanto all’attività del giudice e “chiuso” quanto all’attività delle parti, salvo l’esame delle anzidette questioni non esaminate.

5.2. Al fine, in particolare, di chiarire che, oltre alle questioni poste da parte dei signori R.- Sa., il giudice del rinvio potrà anche rivalutare le domande dei signori C.- S., va richiamato che i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero – come nel caso di specie – per vizi di motivazione (oggi, “omesso esame”): solo nella prima ipotesi il giudice deve non soltanto uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, ma anche all’accertamento e alla valutazione dei fatti acquisiti al processo sulla base delle qualificazioni già operate delle fattispecie; nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ivi compresa la qualificazione delle fattispecie, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi (così ad es. recentemente Cass. n. 22885 del 10/11/2015; n. 17790 del 07/08/2014; n. 5432 del 15/04/2002). Poichè tali limiti discendono dalla previsione dell’art. 394 c.p.c., secondo il quale è preclusa la formulazione di nuove conclusioni e, quindi, la proposizione di nuove domande o eccezioni e la richiesta di nuove prove, è stato chiarito che i limiti stessi all’ammissione delle prove concernono l’attività delle parti e non si estendono ai poteri del giudice, ed in particolare a quelli esercitabili d’ufficio, sicchè tale giudice può disporre una consulenza tecnica o rinnovare quella già espletata nei pregressi gradi del giudizio di merito (così ad es. Cass. n. 341 del 09/01/2009).

5.3. Il giudice di rinvio governerà anche le spese del giudizio di legittimità (tenendo conto, a tali fini liquidativi, che la memoria depositata nell’interesse dei controricorrenti nel giudizio di cassazione è, per quanto detto, inammissibile siccome tardiva in relazione all’art. 380 bis c.p.c., n. 1).

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale, dichiara non doversi provvedere sul ricorso incidentale condizionato e rinvia alla corte d’appello di Catania, in diversa sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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