Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4960 del 03/03/2014
Civile Ord. Sez. 6 Num. 4960 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: CARRATO ALDO
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 5046/2012 proposto da:
STORNELLI UMBERTO (C.F.: STR MRT 44D28 C135M), rappresentato e difeso, in virtù
di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Severo Bruno e domiciliato “ex lege”
presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
– ricorrente —
contro
URBANI GABRIELLA (C.F.: RBN GRL 32B62 H501Q), rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Francesca Bufalini e domiciliata “ex
lege” presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 765 del 2012 del Tribunale di Viterbo, depositata il 19
ottobre 2012 (notificata il 20 dicembre 2012).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2014
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
letta la memoria depositata — ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. —
nell’interesse del ricorrente;
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Data pubblicazione: 03/03/2014
sentito l’Avv. Severo Bruno, nell’interesse del ricorrente;
rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 4 novembre 2013, la
seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con atto di citazione,
notificato 1'11 febbraio 2011, il sig. Stornelli Umberto interponeva appello, dinanzi al
Tribunale di Viterbo, avverso la sentenza del Giudice di pace della stessa città n. 1120 del Urbani Gabriella diretta ad ottenere la condanna di esso appellante alla rimozione di un
pergola di kiwi, insistente su un passaggio condominiale, nonché alla coibentazione di un
camino, provvisto di canna fumaria adiacente all'unità immobiliare dell'attrice di primo
grado.
Nella costituzione della parte appellata, il suddetto giudice di appello, con sentenza n. 765
del 2012, respingeva il gravame e condannava lo Stornelli alla rifusione delle spese del
grado, rilevando l'ininfluenza della circostanza che la pergola dedotta in giudizio fosse già
di proprietà esclusiva dell'appellata e la genericità oltre che la novità della censura
inerente la pretesa mancanza di colpa, mentre, con riferimento alle immissioni di calore,
dall'espletata c.t.u. era emerso che le relative emissioni provenienti dal fondo
dell'appellante costituivano almeno una concausa delle screpolature prodottesi sul muro
dell'immobile della Urbani.
Avverso la suddetta sentenza di secondo grado (notificata il 20 dicembre 2012), ha
proposto tempestivo ricorso per cassazione (notificato il 14 febbraio 2013 e depositato il
28 febbraio 2013) Io Stornelli Umberto, riferendolo a due motivi, in ordine al quale
l'intimata si è costituita in questa sede di legittimità con controricorso.
Ritiene il relatore, che avuto riguardo all'art. 380 bis c.p.c. in relazione all'art. 375 n. 5,
c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire al rigetto del ricorso per manifesta
infondatezza di entrambi i motivi proposti (esaminabili congiuntamente, siccome 2 2011, con la quale era stata accolta, nei suoi confronti, la domanda proposta dalla sig.ra strettamente connessi) e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del
procedimento camerate.
Con la prima censura avanzata il ricorrente ha dedotto — ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. —
il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa il fatto decisivo per il
giudizio rappresentato dalla necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti della comproprietaria dei beni oggetto del giudizio.
Con la seconda censura il ricorrente ha denunciato il vizio di nullità della sentenza o del
procedimento per assunta violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 354 c.p.c., in
virtù della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della suddetta Pasquini
Nadia, da qualificarsi come litisconsorte necessaria.
Entrambe le doglianze — esaminabili unitariamente perché riferite alla stessa questione
sotto il duplice diverso profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge —
appaiono, all'evidenza, prive di pregio giuridico, avuto riguardo sia all'emergente sviluppo
dello svolgimento del giudizio che alla natura dell'azione in concreto esercitata nella
controversia in discorso.
In primo luogo, occorre evidenziare che, nella specie, alla stregua delle difese attuate
dall'odierno ricorrente in primo grado e dallo stesso tenore dei motivi di appello
specificamente proposti (per come desumibili dalla stessa sentenza qui impugnata: v. pag.
2 della stessa), non risulta che la questione della comunione legale tra i coniugi sui beni
controversi fosse stata mai specificamente dedotta, ragion per cui deve ritenersi che sulla
stessa si sia formato il giudicato interno implicito.
A tal proposito bisogna, infatti, ribadire (cfr. Cass. n. 2610 del 1999; Cass. n. 10649 del
2004 e, a ultimo, Cass. n. 9902 del 2010) che, se è esatto ritenere — in via generale - che
la domanda di natura demolitoria su un immobile ricadente nei regime di comunione legale
dei coniugi, deve esser proposta nei confronti di entrambi, quali litisconsorti necessari
3 sig.ra Nadia Pasquini, consorte dello stesso in regime di comunione legale e, quindi, quale (ancorché non risultino dalla nota trascritta nei registri immobiliari né detto regime, né
l'esistenza del coniuge), non trattandosi di questione concernente la circolazione dei beni e
l'anteriorità dei titoli, bensì di azione reale, che prescinde perciò dall'individuazione
dell'autore materiale dei lamentati abusi edilizi, è altrettanto esatto rilevare che l'eventuale
violazione del contraddittorio può essere dedotta anche per la prima volta in sede di preclusa dal giudicato (per come, invece, avvenuto propriamente nel caso in esame),
ovvero che la stessa abbia costituito oggetto del "thema decidendum" dei precedenti gradi
di giudizio.
Peraltro, quand'anche possa già ritenersi assorbente la "ratio decidendi" appena riportata,
deve, ulteriormente, rilevarsi che l'azione esperita originariamente dalla Urbani non aveva
una natura propriamente reale ed, in ogni caso, non implicava la proposizione di una
domanda comportante la demolizione di un immobile (come tale, in ipotesi, richiedente
l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i comproprietari), bensì l'eliminazione
di un pergolato di kiwi (non avente le caratteristiche proprie di una costruzione munita dei
requisiti della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo) a copertura di un
passaggio (senza, peraltro, la prospettazione di una violazione riconducibile agli artt. 872 o
873 c.c.), oltre alla condanna alla realizzazione di un'apposita coibentazione ad un camino
per evitare la propagazione di ulteriori emissioni produttrici di danni alla parete confinante
dell'immobile dell'attrice (e, quindi, ricollegabile ad una domanda riconducibile ad una
forma di responsabilità extracontrattuale).
In definitiva, quindi, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere
nelle forme di cui all'ad. 380-bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta infondatezza di entrambi i
motivi di ricorso, in relazione all'ipotesi enucleata dall'ad. 375 n. 5 c.p.c. e valorizzando il
disposto dell'ad. 360 bis n. 1 dello stesso codice di rito civile». 4 legittimità, se risultante dagli atti, ma a condizione che la relativa questione non sia Considerato che, ad avviso del Collegio, non sussistono le condizioni di
evidenza decisoria che, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. (con riferimento specifico alla
richiamata ipotesi enucleata nel n. 5), consentono la definizione del ricorso in camera di
consiglio;
ritenuto che, pertanto, occorre rimettere la trattazione del ricorso alla P.Q.M. La Corte rinvia la trattazione del ricorso alla pubblica udienza presso la II Sezione civile. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 7 febbraio 2014. pubblica udienza presso la II Sezione civile;