Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 496 del 10/01/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 496 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

Data pubblicazione: 10/01/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CHIARELLI Elsa, GUERRA Fiorella, STAMEGNA Gabriella, elettivamente
domiciliate in Roma, via Andrea Doria n. 48, presso lo studio
dell’Avvocato Ferdinando Emilio Abbate, dal quale sono
rappresentate e difese per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello

1

LI

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
controricorrente

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 788/11,
depositato in data 15 settembre 2011.

del 22 novembre 2012 dal Consigliere relatore Dott.ssa Maria
Rosaria San Giorgio;
udito, per le ricorrenti, l’Avvocato Ranieri Roda con delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Costantino Fucci, il quale ha chiesto il rigetto del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Con ricorso depositato presso la Corte d’appello di
Perugia, Elsa Chiarelli e le altre istanti indicate in epigrafe
hanno proposto, ai sensi della

legge n. 89 del 2001, domanda di

equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa della
non ragionevole durata del giudizio di equa riparazione introdotto
dinnanzi alla Corte d’appello di Roma con ricorso depositato nel
mese di settembre 2005, concluso con decreto di parziale
accoglimento depositato nel mese di gennaio 2007 e definito, a
seguito di ricorso per cassazione notificato nel mese di febbraio
2008, con sentenza depositata nel mese di febbraio 2010.
L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda
inammissibile, ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla
legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti relativi alla

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Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

denunciata violazione della durata ragionevole dei giudizi di equa
riparazione, non discendendo tale proponibilità dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo nella
definizione dei procedimenti

ex lege n. 89 del 2001 compensabile

dal giudice del procedimento.

altre istanti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso sulla
base di un unico motivo, cui ha resistito, con controricorso,
l’intimata Amministrazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione
semplificata nella redazione della sentenza.
2. – Con l’unico mezzo le ricorrenti denunciano violazione e
falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e degli
artt. 6, 13 e 41 della CEDU, nonché dell’art. 111 Cost.,
richiamando numerosi decreti emessi dalla stessa Corte d’appello
di Perugia, con i quali l’eccezione di inammissibilità del rimedio

ex lege n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti introdotti ai
sensi di tale legge è stata rigettata, rilevandosi che la citata
legge non consente in alcun modo di distinguere i procedimenti di
equa riparazione da quelli ai quali la medesima legge si applica e
di sottrarli quindi al regime di ragionevole durata, che discende
direttamente dalla Convenzione europea e dalla Costituzione
italiana.
3. – Il ricorso è fondato.

3

2. – Per la cassazione di questo decreto Chiarelli Elsa e le

Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in ordine
alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89
del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base della legge stessa,
per i quali deve ritenersi predicabile l’operatività del termine
ragionevole di durata e del conseguente regime indennitario in

Come affermato di recente (Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge presso
le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione,
dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di cognizione,
soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in
tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale
tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel
giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sé una
condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe
eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti

ex lege n. 89

del 2001. Né appare condivisibile l’assunto che il giudizio
dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea,
nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte interessata non
ottenga una efficace tutela all’indicato diritto fondamentale,
atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela
adeguata ed efficace, sempre che, ovviamente, si svolga esso
stesso nell’ambito di una ragionevole durata.

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caso di sua violazione.

Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, nelle numerose sentenze emesse
nel 2012 (vedi, segnatamente, la n. 5924, cit.), questa Corte ha
ritenuto che ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un
giudizio “Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cassazione,

ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
4. – Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la
decisione della Corte territoriale che ha ritenuto inammissibile
il procedimento di equa riparazione per la irragionevole durata di
un procedimento di

equa

riparazione relativamente a giudizio

presupposto di altra natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, risulta che il ricorso è stato
depositato presso la Corte d’appello di Roma nel mese di settembre
2005; che l’unico grado di giudizio di merito si è concluso con
decreto depositato nel mese di gennaio 2007; che il giudizio di
cassazione è stato introdotto con ricorso notificato nel mese di
febbraio 2008 ed è terminato con sentenza depositata nel mese di
febbraio 2010. La durata complessiva del procedimento di equa
riparazione è stata dunque di circa quattro anni e cinque mesi.
Detratto il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché il
termine di undici mesi intercorso tra il deposito del decreto e la
proposizione della impugnazione, ulteriore rispetto al termine

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la durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta

breve previsto per il ricorso per cassazione, la durata non
ragionevole risulta essere stata di circa un anno e sei mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio, a
ciascuna delle ricorrenti spetta un
sulla base di euro 750 per

anno,

indennizzo

che va liquidato

e quindi in complessivi euro

Alle ricorrenti compete altresì il rimborso delle spese
dell’intero giudizio, liquidate complessivamente nella misura
indicata in dispositivo.
Le spese devono essere distratte in favore dei difensori delle
ricorrenti, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI
La Corte
decidendo

nel

mcarvI

accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
merito,

condanna

il Ministero della giustizia al

pagamento, in favore di ciascuna delle ricorrenti, della somma di
euro 1125, oltre interessi legali dalla data della domanda al
saldo;

condanna

il Ministero alla rifusione delle spese

dell’intero giudizio che liquida, per il giudizio di merito, in
euro 806, di cui euro 50 per esborsi, 311 per diritti e 445 per
onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge, e,
per il giudizio di legittimità in euro 606,25, di cui euro 506,25
per compensi ed euro 100 per esborsi, oltre agli accessori di
legge.

Dispone la distrazione delle spese del giudizio di merito

in favore dei difensori delle ricorrenti,

Avvocati Giovanbattista

Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisi antistatari, e

6

1125, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo.

quelle del giudizio di legittimità in favore del solo Avvocato
Abbate, dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
auprcama

cb.

11 22 riowambre

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