Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4958 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 24/02/2021), n.4958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14185-2016 proposto da:

NINTY SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ADAMO DE RINALDIS;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI (OMISSIS) UFFICIO

CONTROLLI – AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5345/2015 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 09/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Ninty s.p.a. impugnava l’avviso di liquidazione con cui l’agenzia dell’entrate, ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, aveva elevato il valore di un fabbricato ad uso industriale e relative pertinenze sito in (OMISSIS) acquistata con atto del (OMISSIS) da Euro 1.930.000 ad Euro 2.340.000. La commissione tributaria provinciale di Milano rigettava il ricorso. La commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva parzialmente l’appello della contribuente riconoscendo la deduzione dal valore accertato della somma di Euro 75.000 per gli interventi riparatori, effettuati da parte dell’acquirente, di vizi riscontrati sull’immobile.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52. Sostiene che la CTR erroneamente ha ritenuto che occorresse tener conto, ai fini della determinazione del valore del bene, dell’esistenza di un impianto fotovoltaico. Ciò in quanto l’impianto fotovoltaico era stato realizzato dalla società locataria dell’immobile ed era, dunque, di sua proprietà.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, e agli artt. 2697,2727 e 2729 c.c.. Sostiene che il criterio comparativo con compravendite di beni similari è stato applicato erroneamente dall’Ufficio poichè riguarda una compravendita anteriore di oltre due anni rispetto a quella di cui si tratta e si sarebbe dovuto tener conto del deprezzamento degli immobili intervenuto medio tempore a causa della crisi del settore immobiliare. Inoltre l’Ufficio aveva fatto applicazione dei valori OMI che hanno, in se, valenza puramente presuntiva.

3. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la CTR ha rigettato il motivo di appello afferente il difetto di delega in capo al firmatario dell’atto impositivo sul rilievo, del tutto inconferente, che il dirigente che aveva sottoscritto l’atto era andato in pensione e per questo non figurava nell’elenco redatto dall’agenzia e che l’eccezione non era stata proposta nel giudizio di primo grado.

4. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero la CTR ha accertato, con valutazione di merito incensurabile in questo giudizio se non sotto il profilo del vizio di motivazione, che l’esecuzione dell’impianto fotovoltaico è stata eseguita, seppure con pagamento a carico della società locataria, in data anteriore all’atto di compravendita di cui si tratta. Dunque, per il principio dell’accessione sancito dall’art. 934 c.c., l’impianto eseguito sull’immobile appartiene al proprietario di questi, salvo che risulti diversamente dal titolo. Nel caso che occupa la ricorrente non ha dedotto che dall’atto di acquisto risultasse la proprietà dell’impianto fotovoltaico in capo a terzi.

5. Il secondo motivo è inammissibile in quanto la ricorrente, a mezzo del motivo proposito, propone la rivalutazione del giudizio di merito effettuato dalla CTR la quale ha rilevato che il valore era stato determinato dall’agenzia delle entrate non solo sulla base dei valori OMI ma anche sulla base della comparazione con un immobile similare e che le superfici erano state correttamente conteggiate. Ne consegue che la censura involgente la non rapportabilità del valore del bene di riferimento a quello per cui è causa si risolve in una rivalutazione del fatto già esaminato.

6. Il terzo motivo è inammissibile in quanto la ricorrente ha omesso di censurare una delle autonome ragioni della decisione di rigetto della censura basata sul difetto di delega di firma in capo al firmatario dell’atto impositivo. Invero la CTR ha accertato che il dirigente che aveva sottoscritto l’atto era andato in pensione e per questo non figurava nell’elenco redatto dall’agenzia e che l’eccezione non era stata proposta nel giudizio di primo grado. La ricorrente ha censurato solo la prima delle ragioni enunciate ed ha omesso di censurare quella relativa alla mancata proposizione della questione nel giudizio di primo grado.

E’ sufficiente richiamare la costante giurisprudenza di questo giudice di legittimità, secondo la quale, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la circostanza che l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse, e non attinga l’altra, determina una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione (ove naturalmente non sussistano altre ragioni di rito ostative all’esame nel merito dell’impugnazione) deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla “ratio decidendi” non criticata dall’impugnazione, è passata in cosa giudicata e desumere, pertanto, che l’impugnazione non è ammissibile per l’esistenza del giudicato, piuttosto che per carenza di interesse. (cfr. tra numerose altre Cass. n. 2108 del 2012; SU n. 7931 del 2013; Cass. n. 4293/2016; Cass. n. 18641/2017).

7. Il ricorso va, pertanto, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’agenzia delle entrate le spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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