Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4957 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 24/02/2021), n.4957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6122-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ARAFIN SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VENTI SETTEMBRE,

1, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO LECCESE, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONELLO LUPO,

MARTINA GENOVA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6499/2015 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 09/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Arafin s.r.l. impugnava l’avviso di liquidazione con cui l’agenzia delle entrate, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, aveva elevato il valore di una unità immobiliare sita in (OMISSIS) acquistata con atto del (OMISSIS) da Euro 6.000.000 ad Euro 9.582.350. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso. La commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello della contribuente sul rilievo che l’accertamento era basato sui valori OMI, che avevano valenza puramente indiziaria, e sulla perizia dell’UTE dalla quale non era dato evincere gli elementi in base ai quali era stato attribuito il valore. Rilevava poi la CTR che la parte aveva prodotto altra perizia da cui si evinceva che il prezzo indicato nell’atto di compravendita era minore rispetto a quello indicato nel preliminare poichè l’acquirente aveva dovuto sanare carenze costruttive di cui avrebbe dovuto farsi carico il venditore.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a tre motivi. Resiste con controricorso, illustrato con memoria, la contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa e contraddittoria motivazione.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la CTR considerato che la perizia dell’UTE aveva tenuto conto di altre valutazioni effettuate con riguardo ad altri immobili similari, per il che la stima era stata effettuata in ossequio al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52.

3. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 115 c.p.c., poichè erroneamente la CTR ha affermato che l’Ufficio non aveva contestato la perizia di parte contribuente ed ha così fondato la decisione sul principio di non contestazione.

4. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato.

Questa Corte ha già precisato in ordine alla “mancanza della motivazione”, con riferimento al requisito della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, che tale “mancanza” si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112 del 2009). Ed invero, a seguito della riforma del 2012, è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma è rimasto il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata.

Nel caso che occupa la motivazione della sentenza oggetto di critica sussiste, avendo la CTR rilevato che la perizia dell’UTE non dava conto degli elementi sulla base dei quali era stato determinato il valore e che, per contro, dalla perizia di parte contribuente si evincevano le ragioni per le quali il prezzo indicato nell’atto di compravendita era inferiore a quello pattuito con il preliminare.

5. Il secondo motivo è infondato poichè il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, prevede che per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari l’ufficio del registro, ai fini dell’eventuale rettifica, controlla il valore venale avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto.

Nel caso che occupa la ricorrente deduce che la perizia dell’UTE dava conto di valutazioni effettuate dal medesimo Ufficio di beni similari e ciò avrebbe dovuto essere preso in considerazione. Sennonchè le valutazioni operate dall’Ufficio stesso non equivalgono ad atti di trasferimento o divisioni nelle quali i valori sono indicati dalle parti. Dunque nella perizia stessa non erano evidenziati elementi, quali i valori emergenti da atti di trasferimento di beni similari, che avrebbero costituito dati normativamente considerati significativi, bensì semplici valutazioni di parte prive, in se stesse, di valore probatorio.

6. Il terzo motivo è infondato in quanto la CTR non ha basato la decisione sul fatto, non rispondente al vero, che l’agenzia delle entrate non aveva contestato la perizia di parte contribuente. Invero, benchè il rilievo della mancata contestazione della perizia di parte contribuente sia stato erroneamente riportato in sentenza, il giudizio sulla congruità del valore esposto nell’atto non è basato solamente su tale assunto ma anche, e soprattutto, sulla valutazione di merito della scarsa valenza probatoria della perizia dell’UTE e sul valore meramente indiziario delle valutazioni OMI.

7. Il ricorso va, pertanto, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla contribuente le spese processuali che liquida in Euro 10.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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