Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4952 del 24/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 24/02/2021), n.4952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28098-2015 proposto da:

MOLISE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso

la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentata e difesa

dall’avvocato COSMO DI IORIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 230/2015 della COMM.TRIB.REG. MOLISE,

depositata il 03/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. VALERIA PIRARI;

Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Molise, n. 230/2/15, depositata in data il 03/08/2015

e notificata il 22/09/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 ottobre 2020 dal Relatore Dott.ssa Valeria Pirari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. In seguito all’impugnazione del provvedimento del 19/02/2004 e dell’avviso di accertamento del 24/02/2004, con cui l’Agenzia delle Entrate di Termoli rispettivamente rigettò la richiesta di esenzione decennale dell’Irpeg presentata dalla società Molise s.r.l. e rettificò il reddito dichiarato per l’anno 1998 ai fini dell’esenzione decennale Irpeg, con cui accertò un maggior imponibile e conseguentemente una maggiore imposta e sanzioni, la Commissione provinciale, adita dalla contribuente, accolse le cause, senza procedere alla loro riunione, con sentenze n. 129/01/2004, depositata il 27/02/2007, e n. 128/01/2004, depositata il 26/03/2007, dichiarando spettanti l’esenzione decennale Irpeg e condannando l’Ufficio alle spese del giudizio.

Proposto appello dall’Agenzia delle Entrate di Termoli, nell’ambito del quale la società non si costituì, la Commissione tributaria regionale del Molise ribaltò le precedenti statuizioni, accogliendo i gravami e compensando le spese del giudizio, con sentenze nn. 50 e 51/04/06, depositate rispettivamente il 27/02/2007 e 26/03/2007.

Avverso tali sentenze, la Molise s.r.l. propose due distinti ricorsi per cassazione, iscritti ai nn. R.G.N. 11152/08 e 11153/08, in relazione al diniego del diritto di esenzione decennale dall’Irpeg prevista dal D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 105 (testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno) e della L. 1 marzo 1986, n. 64, art. 14 e alla legittimità dell’avviso di accertamento per tale imposta con riguardo all’anno 1998, che, previa loro riunione, esitarono nella sentenza n. 15637 del 28/03/2013, depositata il 21/06/2013, con cui fu accolta la domanda per violazione di legge e disposto il rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Molise perchè si attenesse al principio di diritto in essa espresso.

La Commissione tributaria regionale del Molise, davanti alla quale la causa fu riassunta, composta da due giudici che si erano già espressi nei precedenti gradi del giudizio (il Presidente L.A. aveva pronunciato la sentenza impugnata in Cassazione ed S.E. quella emessa dalla Commissione tributaria provinciale), rigettò il ricorso, in violazione del principio di diritto al quale si sarebbe dovuta uniformare, con la sentenza descritta in epigrafe.

2. Contro questa sentenza, la contribuente propone ricorso, affidandolo a due motivi, illustrati anche con memoria. L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la C.T.R. violato il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 15637 del 28/03/2013 e l’accertamento e la valutazione dei fatti già acquisiti al processo, ovvero la qualificazione giuridica del rapporto, non avendo il giudice di legittimità cassato la sentenza di secondo grado per vizio di motivazione, ma per la violazione del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 105 sicchè la pronuncia era andata oltre i confini assegnati dal legislatore ai suoi poteri di decisione.

2. Col secondo motivo, si lamenta la nullità della sentenza per vizio relativo alla costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c., per essere stata la sentenza impugnata emessa da due giudici che avevano partecipato alla pronuncia delle sentenze cassate.

3. Va innanzitutto rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto notificato direttamente dal difensore a mezzo p.e.c., avanzata dall’Agenzia delle Entrate col controricorso.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare in plurime occasioni che, in tema di giudizio di cassazione, e alla stregua di quanto sancito dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3-bis è valida la notificazione del ricorso avvenuta, tramite posta elettronica certificata, successivamente all’emanazione delle norme regolamentari attuative del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44 contenenti le specifiche tecniche per le notificazioni da farsi per via telematica dagli avvocati e, cioè, del provvedimento del 16 aprile 2014 della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014 ed entrato in vigore il 15 maggio 2014, (Cass., sez. 6-5, 18/12/2017, n. 30372; Cass., sez. 65, 07/10/2016, n. 20307). Tale orientamento trova fondamento sia sul principio secondo cui “l’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in “estensione.doc”, anzichè “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale” (Sez. U, 18/04/2016, n. 7665, Rv. 639285-01; sul punto cfr. anche SU, 31/05/2016, n. 11383, Rv. 639971), sia sul fatto che l’eccezione è stata formulata sulla sola base della normativa riguardante le notifiche telematiche nel processo tributario, benchè sia ormai pacificamente riconosciuto che le relative norme non trovino applicazione per il processo davanti a questa Corte, se non in via integrativa, non sussistendo un rito di legittimità “differenziato” per le liti tributarie (in tal senso, Sez. U, 07/04/2014, n. 8053, Rv. 629830; Sez. U, 20/07/2016, n. 14916, Rv. 640602-01).

Anche di recente, le Sezioni unite di questa Corte, pur esaminando il diverso profilo della validità del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico, notificato a mezzo posta elettronica certificata, senza attestazione di conformità del difensore ai sensi della L. n. 53 del 1994, citato art. 9, commi 1-bis e 1-ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, e depositato in copia analogica nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, hanno confermato la validità della notifica del ricorso per cassazione (nativo analogico o nativo digitale) con modalità telematiche, evidenziando come il superamento della sanzione dell’improcedibilità del ricorso notificato a mezzo p.e.c. come originale telematico e depositato in copia analogica (unitamente alle copie dei messaggi di p.e.c., della relata di notificazione e della procura) priva di attestazione di conformità L. n. 53 del 1994, ex art. 9 nell’ipotesi di deposito della copia notificata del ricorso da parte del controricorrente ritualmente autenticata proprio ai sensi della L. n. 53 del 1994, citato art. 9 nasca dall’esigenza di consentire la più ampia espansione, nel perimetro di tenuta del sistema processuale, del diritto fondamentale di azione (e, quindi, anche di impugnazione) e difesa in giudizio (art. 24 Cost.), che guarda come obiettivo al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, alla cui realizzazione coopera, in quanto principio “mezzo”, il giusto processo dalla durata ragionevole (art. 111 Cost.), in una dimensione complessiva di garanzie che rappresentano patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della Carta di Nizza, art. 19 del Trattato sull’Unione Europea, art. 6 CEDU) (in tal senso, Cass., S.U., 11 luglio 2011, n. 15144; vedi anche Cass., Sez. 6, 22/12/2017, n. 30918).

Nella specie, la stessa costituzione dell’Agenzia delle Entrate e il tenore delle difese dalla stessa proposte inducono a ritenere provata l’avvenuta conoscenza dell’atto notificato e del suo contenuto e, dunque, l’esito positivo del procedimento notificatorio avviato dalla ricorrente.

4. Venendo al merito, il secondo motivo di ricorso, da esaminare per primo per motivi di priorità logica, è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il principio dell’alterità del giudice di rinvio, sancito dall’art. 383 c.p.c., ha la finalità di garantire la migliore tutela dell’imparzialità e della funzionalità del giudizio (Cass., sez. U, 15/10/1999, 731) ed è rispettato sia quando, dopo la cassazione, la causa venga rinviata ad altro ufficio giudiziario, sia quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione, ovvero ad altro giudice monocratico dello stesso ufficio, purchè non sussista identità personale tra il giudice del rinvio e quello che pronunziò la sentenza cassata (in tal senso, Cass., sez. 3, 31/05/2012, n. 8723).

Una volta designato, da parte della Corte di Cassazione, il giudice di rinvio e divenuta con ciò inderogabile e incontestabile la relativa competenza funzionale per materia (Cass., sez. 3, 21/02/2001 n. 2510), infatti, per il rispetto del principio di alterità è sufficiente che l’organo giudicante sia diverso da quello che ha emesso la sentenza cassata, pur se il luogo dell’ufficio giudiziario è il medesimo (Cass., sez. 3, 21/02/2001 n. 2510), giacchè, in caso di giudizio di rinvio svoltosi davanti allo stesso magistrato persona fisica o davanti a un giudice collegiale del quale anche uno solo dei componenti aveva partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, si verifica la nullità ex art. 158 c.p.c. attinente alla costituzione del giudice, per violazione della statuizione sull’alterità, senza che occorra fare ricorso alla ricusazione (art. 52 c.p.c.), come invece sostenuto dal controricorrente, essendosi la sentenza cassatoria già pronunciata sull’alterità (Cass. sez. U, 27/02/2008, n. 5087; in senso conforme, Cass., sez. 1, 02/02/2012, 1527; Cass., sez. 6 – 3, 12/11/2014, n. 24042; Cass., sez. 6-5, 05/05/2017n. 11120; Cass., sez. L., 17/11/2017, n. 27323).

4.1 Nella specie, il ricorrente ha dimostrato, come era suo onere (in tal senso, Cass., sez. 3, 31/05/2012, n. 8723), che la pronuncia di rinvio è stata decisa da un organo collegiale, nel quale uno dei componenti era la stessa persona fisica che faceva parte del collegio che pronunciò la sentenza cassata con rinvio, ciò che comporta la fondatezza della censura.

5. In ragione dell’accoglimento del secondo motivo, il primo deve ritenersi assorbito.

6. Per questi motivi, accolto il ricorso la sentenza va cassata, con rinvio alla C.T.R. del Molise, in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il primo; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR del Molise, in diversa composizione in relazione al motivo accolto anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

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