Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4949 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2011, (ud. 11/11/2010, dep. 28/02/2011), n.4949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.V., elettivamente domiciliato in Roma, Via delle

Quattro Fontane 20, presso lo studio dell’avvocato AGALBATO Marco che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del presente

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 50/38/07 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, emessa il 21 marzo 2007, depositata il 30 marzo

2007;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11 novembre 2010 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

rilevato che in data 5 ottobre 2010 è stata depositata relazione che

qui si riporta:

Il relatore Cons. Dott. Giacinto Bisogni, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

1. La controversia ha per oggetto l’impugnazione da parte del contribuente, G.V., dell’avviso di accertamento con il quale era stato rettificato il valore di un terreno ricompreso nell’asse ereditario della madre del contribuente M. A.. Il contribuente contestava l’assenza di motivazione e il mero riferimento a una perizia UTE mai portata a sua conoscenza e contestava altresì il valore attribuito all’immobile senza tenere conto del venir meno della sua edificabilità a seguito di delibera della giunta municipale del Comune di Roma e della imposizione dei vincoli derivanti dalla istituzione dei Parchi di Veio e della Valle del Tevere;

2. La C.T.P. di Roma accoglieva il ricorso del contribuente;

3. La C.T.R. ha accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria che ha fatto riferimento a valori di comparazione di immobili ricadenti nella stessa area;

4. Ricorre per cassazione il contribuente con tre motivi di impugnazione: a) violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 637 del 1972, art. 20, comma 1, e art. 26, comma 1 (se l’incongruità del valore di beni immobili compresi nell’attivo ereditario possa ritenersi non conforme al D.P.R. n. 637 del 1972, art. 20, comma 1 e quindi contestabile al contribuente ai sensi del successivo art. 26, comma 1 avendo riguardo al valore degli immobili riferito ad una data successiva di oltre quattro anni alla data di apertura della successione); b) violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.P.R. n. 637 del 1972, art. 26, comma 3, e all’art. 24 Cost. (se la motivazione per relationem contenuta nell’avviso di accertamento sia conforme al D.P.R. n. 637 del 1972, art. 26, comma 3, garantendo il diritto di difesa del ricorrente in relazione agli elementi adottati per la determinazione del valore degli immobili); c) violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

Ritiene che:

1. il ricorso sia inammissibile in quanto i quesiti di diritto pongono alla Corte una questione che implica una preventiva valutazione di fatto preclusa in questa fase del giudizio. Il terzo motivo è sprovvisto della sintesi richiesta dall’art. 366 bis c.p.c., ed è manifestamente sprovvisto di autosufficienza in ordine alla dedotta insufficienza della motivazione;

2. sussistono i presupposti per la trattazione della controversia in Camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso;

ritenuto che tale relazione appare pienamente condivisibile e che vanno aggiunte le seguenti considerazioni:

1. la perizia dell’U.T.E., presa dalla C.T.R. come stima di riferimento e che il ricorrente ritiene riferibile ad epoca di quattro anni successiva all’apertura della successione, deve ritenersi un documento legittimamente utilizzabile da parte della C.T.R. perchè si riporta a valutazioni riferibili all’epoca della sua redazione e precedenti e non anteriori di oltre tre anni l’epoca dell’apertura della successione come impone il D.P.R. n. 637 del 1972, art. 20, comma 1, invocato dal ricorrente con il primo motivo;

2. Afferma la motivazione della C.T.R. che la stima UTE ha considerato tutti i profili più significativi e in particolare “sono stati tenuti presenti la favorevole ubicazione nel semiperiferico quartiere residenziale di Tor di Quinto, zona Flaminia vecchia, la buona consistenza di circa mq 2.111, la configurazione planimetrica regolare e la giacitura piana, l’importante destinazione urbanistica edilizia che, come precisato, nell’atto di stima , rientra nella zona E1 di espansione edilizia nei piani particolareggiati, densità territoriale 140 abitanti per ha. Indice di fabbricabilità comprensoriale 1,12mc/mq.” Risulta inoltre dall’atto di stima – aggiunge la C.T.R. – l’effettuazione della stessa sulla base di comparazione con valori di mercato di immobili similari e con precedenti valutazioni dell’estensore della nota U.T.E.. Rileva infine la C.T.R. che tali contenuti della nota U.T.E. non sono contestati dal contribuente che, del resto, anche in questa fase del giudizio si limita del tutto genericamente e ipoteticamente a lamentare la mancata valutazione di vincoli gravanti sull’immobile;

3. Le considerazioni che precedono rafforzano il giudizio di infondatezza del secondo motivo di ricorso per il contribuente una volta ricevuto l’avviso di accertamento basato su difforme valutazione dell’U.T.E. ben avrebbe potuto richiedere l’esibizione della nota con le valutazioni sopra riportate e ben avrebbe potuto contestare tali valutazioni nel corso del giudizio di appello;

Il ricorso, per tutti questi motivi, deve essere respinto senza alcuna statuizione quanto alle spese processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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