Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4946 del 27/02/2013


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 4946 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DE CHIARA CARLO

ORDINANZA
sul ricorso 6125-2009 proposto da:
AGLAR SPA (c.f. 03548400179) in persona del Presidente del
Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA,
ttki
LDEL
BABUINO 51t presso lo studio dell’avvocato MARIO
VIA I
RIDOLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FABIO MALCOVATI, giusta procura a margine della seconda pagina
del ricorso per regolamento di competenza;

– ricorrente contro
ALETTI FIDUCIARIA SPA – SOCIETA’ FIDUCIARIA (in forma
breve ALET11 FIDUCIARIA S.P.A. 01085910170) in persona
dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA BARNABA ORIANI 85, presso lo studio dell’avvocato
VALERIO DI GRAVI°, che la rappresenta e difende, giusta procura

Data pubblicazione: 27/02/2013

speciale (per sostituzione dei precedenti difensori) autenticata per atto
del notaio Simone Frediani in Brescia il 20 settembre 2012, n. rep.
72.773;

– resistente –

CONTI RICCARDO (c.f. CNTRCR47S06B157H);

– intimato avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MILANO depositata il 31
gennaio 2009 nel procedimento R.G. 62914/07;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28
settembre 2012 dal Consigliere relatore Dott. CARLO DE CHIARA;
lette le conclusioni scritte rassegnate del P.M. ai sensi dell’art. 380 ter
c.p.c.;
PREMESSO
Il dott. Riccardo Conti e la Nazionale Fiduciaria s.p.a., soci della
Immobiliare Estate Sei s.p.a. (poi divenuta A.G.La.R. s.p.a.), avevano
impugnato davanti al Tribunale di Brescia le delibere dell’assemblea
societaria in data 24 ottobre 2006 e 9 febbraio 2007, con cui erano stati
decisi due consistenti aumenti di capitale, il secondo dei quali da loro
non sottoscritto in opzione. Avevano dedotto plurimi vizi e in
particolare la mancanza del quorum deliberativo essendo stato esercitato
il voto dal Banco di Brescia quale titolare di un diritto di pegno sulle
azioni in realtà estinto.
Nella more la società, in data 5 giugno 2007, con la diversa
maggioranza risultante dalle variazioni delle partecipazioni conseguite
all’esecuzione delle due delibere predette, aveva approvato la
sostituzione di queste ultime, ai sensi e per i fini di cui all’art. 2377,
comma ottavo, c.c. (secondo cui non può farsi luogo ad annullamento
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nonchè contro

se la delibera impugnata è sostituita con altra presa in conformità della
legge e dello statuto, in tal caso dovendo il giudice limitarsi a
provvedere sulle spese processuali e sull’eventuale risarcimento del
danno).
Anche tale ultima delibera era stata quindi impugnata dal dott.

Milano, dove nel frattempo era stata trasferita la sede sociale —
contestando, fra l’altro, la corretta formazione della maggioranza in
quanto corrispondente al nuovo assetto delle partecipazioni derivante
dalla precedenti delibere già impugnate.
Il Tribunale di Milano, in accoglimento dell’istanza di parte
attrice, ha disposto la sospensione del processo ritenendo pregiudiziali
i giudizi relativi alle impugnazioni delle due delibere anteriori pendenti
davanti al Tribunale di Brescia, sul rilievo che quest’ultimo è chiamato
a pronunciarsi sullo “stesso vizio originario (mancanza del quorum
necessario per deliberare l’aumento del capitale” e, “ove lo ritenesse
sussistente ma sanato da successiva delibera, è anche chiamato a
pronunciarsi incidentalmente in ordine agli effetti validamente sananti
della delibera sostitutiva”, e che occorre “evitare il rischio di conflitti di
giudicato in ordine al denunciato vizio di mancanza di quorum
costitutivo e deliberativo” oggetto anche del giudizio pendente davanti
allo stesso Tribunale di Milano.
La A.G.La.R s.p.a. ha quindi proposto ricorso per regolamento
di competenza illustrato anche con memoria. L’intimata Nazionale
Fiduciaria s.p.a. (ora Aletti Fiduciaria s.p.a.) si è difesa con due
memorie. Il P.M. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO
1. — La A.G.La.R. s.p.a. svolge tre motivi di ricorso, ciascuno dei
quali si conclude con un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.
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Conti e dalla Nazionale Fiduciaria — dinanzi però al Tribunale di

(nella specie applicabile

ratione temporis essendo impugnato un

provvedimento emesso in data anteriore all’abrogazione della norma
ad opera della 1. 18 giugno 2009, n. 69) in cui è chiaramente posta la
questione del carattere pregiudiziale dei giudizi pendenti davanti al
Tribunale di Brescia rispetto al giudizio sospeso dal Tribunale di

l’ammissibilità del ricorso — messa in discussione dalla società intimata
con riferimento al primo dei motivi di esso — considerato che, per
giurisprudenza consolidata di questa Corte, il regolamento di
competenza avverso i provvedimenti di sospensione ai sensi dell’art.
295 c.p.c. devolve alla Corte di cassazione l’accertamento, appunto, dei
presupposti della sospensione, anche oltre i limiti dei motivi
d’impugnazione (Cass. 8374/1998, 687/2005, 1653/2005, 399/2006,
7410/2007, 27932/2011).
2. — Questa Corte è tenuta dunque a verificare se i giudizi
pendenti davanti al Tribunale di Brescia sulle due delibere del 24
ottobre 2006 e del 9 febbraio 2007, sostituite dalla delibera del 5
giugno 2007, siano pregiudiziali, in senso tecnico giuridico, rispetto al
giudizio riguardante la terza delibera appena detta, pendente davanti al
Tribunale di Milano.
Tale pregiudizialità non sussiste.
Le ragioni per cui il Tribunale di Milano ha ritenuto il contrario
non sono, per la verità, ben chiare; risulta tuttavia, dalla motivazione
dell’ordinanza impugnata e dal dibattito fra le parti, che la questione
viene posta sotto due profili: quello dei riflessi “a catena” sulla
legittimazione dei soci al voto assembleare e sulla formazione della
maggioranza, derivanti dagli interventi sul capitale sociale operati dalle
prime due delibere sub iudice a Brescia, e quello del carattere sostituivo

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Milano con l’ordinanza impugnata. Tanto basta per affermare

e sanante, ai sensi dell’art. 2377, comma ottavo, c.c., della terza delibera
sub iudice a Milano.

2.1. — Sotto il primo profilo, premesso che i vizi riguardanti la
legittimazione dei soci al voto e la conseguente formazione della
maggioranza danno luogo ad annullabilità delle delibere assembleari

l’annullabilità di una delibera di aumento del capitale sociale non incide
— ancorché si tratti di delibera comportante una modifica della
composizione della maggioranza non essendo stata seguita
dall’integrale esercizio del diritto di opzione da parte dei vecchi soci
(come nella specie si è verificato per la delibera del 9 febbraio 2007) —
sulla validità delle successive delibere adottate con la nuova
maggioranza, a meno che la prima delibera non sia stata sospesa ai
sensi dell’art. 2378 c.c. (il che pacificamente non è avvenuto nel caso
che ci occupa).
E’ vero che l’annullamento di un negozio ha in linea di principio
effetto retroattivo; tuttavia la retroattività è pur sempre disciplinata
dalla legge ed opera nei soli limiti da essa previsti.
Viene qui in esame il tema della legittimità degli atti posti in
essere in esecuzione di delibera assembleare annullabile, cui attiene,
appunto, l’istituto della sospensione ai sensi dell’art. 2378 c.c. Come la
“sospensione dell’esecuzione della deliberazione” (art. 2378 c.c.,
comma terzo), disposta dal giudice, rende illegittimi gli atti di
esecuzione che vengano ciò nonostante posti in essere, così la
mancanza di un provvedimento di sospensione comporta la legittimità
degli atti esecutivi, ancorché relativi a una delibera annullabile. E tale
legittimità resiste al sopravvenire dell’annullamento: in caso contrario
l’istituto della sospensione non avrebbe alcun senso, visto che gli

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(come del resto ha ritenuto anche il Tribunale), va osservato che

effetti giuridici sarebbero i medesimi sia che l’impugnante abbia
ottenuto la sospensione della delibera, sia che non l’abbia ottenuta.
Pertanto, se una delibera di aumento del capitale sociale,
ancorché annullabile, non è stata sospesa, e dunque è stata legittimante
eseguita, il nuovo assetto delle partecipazioni risultante dalla

perciò, le successive deliberazioni assunte con la nuova maggioranza.
Di effetto “a catena” sulla legittimità delle delibere in sequenza non
può dunque parlarsi.
Ciò, del resto, è del tutto coerente con le esigenze di certezza e
stabilità sottese alla disciplina delle società commerciali
(massimamente, peraltro, quanto ad aspetti, come l’aumento del
capitale, rilevanti nei confronti dei terzi creditori), la gestione delle
quali rischierebbe di essere paralizzata dal propagarsi degli effetti della
illegittimità delle delibere assembleari oltre un certo segno, salva
ovviamente la tutela risarcitoria dei diritti dei soci di minoranza.
2.2. — Sotto il profilo, poi, del carattere sostituivo e sanante, ai
sensi dell’art. 2377, comma ottavo, c.c., della delibera oggetto del
giudizio sospeso dal Tribunale di Milano, basterà osservare che il
giudizio sulla validità dell’atto sanato non è certo un antecedente logico
di quello relativo alla validità dell’atto sanante, ma è semmai
quest’ultimo un antecedente logico del primo.
3. — Il ricorso va dunque accolto e va conseguentemente
disposta la prosecuzione del giudizio sospeso.
Le spese processuali della presente fase seguono la
soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P. Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e
dispone la prosecuzione del giudizio sospeso; condanna la società
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sottoscrizione dell’aumento è a sua volta legittimo, e legittime sono,

resistente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 8.000,00
per compensi di avvocato oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 settembre

2012

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